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La Bella Addormentata dovrà aspettare ancora.
Ferrara e il suo polo chimico: una lunga storia … di occasioni perdute

Ferrara è stata definita dal CDS,  nel corso della presentazione dell’Annuario Economico Ferrarese 2023,  “la Bella Addormentata” …  tanto addormentata al punto da non essere stata in grado di svegliarsi neppure con i baci del principe Azzurro, manifestati nel corso degli anni attraverso le tante occasioni che si sono avvicendate e purtroppo perdute.

La favola dei fratelli Grimm ci racconta che dopo cento anni avvenne l’incantesimo e tutti vissero felici e contenti.

Purtroppo a Ferrara l’incantesimo non si è ancora verificato e sembra lontano dal verificarsi nonostante, dal dopoguerra ad oggi, si siano alternati diversi “principi azzurri” nelle forme delle tante occasioni, che la “comunità ferrarese” e in particolare coloro che hanno il potere e le disponibilità decisionali, non sono stati capaci di cogliere.

Una storia da raccontare

La storia che voglio raccontare (chiamarla favola forse è riduttivo, … ma fino un certo punto) parte nel dopoguerra in un territorio sottosviluppato ove era presente un latifondo diffuso, con decine di migliaia di braccianti con basso reddito, poche aziende industriali legate prevalentemente all’autarchia degli anni ’30 e ’40, l’assenza di scuole professionali adeguate e grossi problemi di qualità della vita, soprattutto nella parte orientale, …la Bassa.

La lungimirante scelta imprenditoriale della Montecatini, di entrare con tempestività nel settore Petrolchimico a guerra appena finita, creando a Ferrara il primo polo petrolchimico dell’Europa continentale, si era dimostrata vincente in quanto creava il presupposto per la realizzazione di un bacino industriale foriero di possibili ricadute sul piano occupazionale, scientifico, formativo, culturale in un’area vasta.

“L’iniziativa della Montecatini includeva anche la realizzazione di un piccolo laboratorio di controllo ed appoggio alle attività produttive dello Stabilimento, inizialmente di mero supporto ai primi impianti del Petrolchimico basati tutti su tecnologie d’acquisizione  –  leggiamo sul libro “Ferrara e il suo Petrolchimico, volume primo”, edito da CDS nel 2006 – che ebbe successivamente sempre più un ruolo di carattere creativo, verso cioè l’individuazione e lo sviluppo di veri nuovi prodotti e processi, in linea con la missione innovativa della Montecatini e della sua pregressa notevole cultura chimico-tecnologica”.

La scelta fondamentale e vincente fu quella del professore Giulio Natta, Premio Nobel per la chimica nel 1963, che pensò di sviluppare, proprio a Ferrara, le tecnologie di processo dei nuovi originali materiali da lui concepiti presso il Politecnico di Milano, principalmente il polipropilene (PP) e gli elastomeri olefinici etilene-propilene (EPR).

Ferrara capitale della ricerca

E da lì che ebbe origine il rilevante successo della ricerca ferrarese, unico nell’intero panorama italiano, che trascende i limiti del puro, sia pur eccellente, risultato scientifico ed industriale, che è poi alla base del successo stesso; una ricerca che si pone come obiettivo prioritario la individuazione e comprensione di tutte le complesse fenomenologie coinvolte molto spesso in ogni passaggio chimico, fisico, tecnologico, ingegneristico del progetto studiato e di ogni sua parte, ossia “vedere e capire le cose dal di dentro”, come insegnava il professore Giulio Natta.

La responsabilità nelle problematiche di scale-up, nella gestione degli impianti pilota, il coinvolgimento nella gestione degli impianti industriali, nella qualità dei prodotti e nella fase della loro commercializzazione spingeva la ricerca ferrarese alla sempre più completa comprensione di tutti quei fenomeni che la ricerca pura ed asettica di laboratorio, di tipo accademico e universitario, quale era quella sviluppata negli altri istituti, non vedeva, o non voleva vedere, lasciando ad altri, a valle, i compiti considerati “più vili” ma, guarda caso, anche più difficili ed allo stesso tempo avvincenti.

Purtroppo la presenza di uno stabilimento con un impianto di cracking della virgin nafta, il cuore pulsante di un petrolchimico e decine di impianti che producevano materie prime, prodotti di base per il settore, plastiche, elastomeri, ecc., condotti da diverse migliaia di addetti provenienti da ogni parte del Paese e non solo, non fu sufficiente a creare un indotto adeguato, peraltro realizzato in altre province della Regione e nelle regioni anche distanti dalla nostra, … non a Ferrara.

la prima occasione perduta

L’elevato contenuto scientifico e tecnologico del Centro Ricerche Giulio Natta, che sfornava centinaia di brevetti e soluzioni tecnologiche di avanguardia con riconoscimenti a livello internazionale, fu messo a disposizione per affrontare nuove tematiche di ricerca di interesse sociale in un’ottica di sponsorizzazione regionale”, come recita un promemoria emesso il 18 febbraio 1983 (quaranta anni fa !!!) a seguito di un incontro della Direzione del Centro con la Regione Emilia Romagna. Nonostante la formalizzazione di un apposito ufficio (Centro Incontri Tecnici) in città, accessibile a tutti, con la presenza di tecnici specializzati e accreditati “disponibili a fornire consulenza e assistenza tecnica alle aziende interessate”, non si registrarono risultati degni di nota … la straordinaria proposta innovativa andò praticamente deserta.

E siamo alla seconda occasione perduta

Ora passiamo ad anni più recenti, siamo nel maggio del 2001 in occasione dell’Accordo di Programma per la riqualificazione del polo chimico di Ferrara, realizzato per favorire uno sviluppo ecocompatibile, attraverso la costruzione  e il mantenimento nel Polo di condizioni di coesistenza tra tutela dell’ambiente e sviluppo nel settore chimico e la promozione dell’inserimento di nuove attività, siglato  tra la Regione Emilia-Romagna, il Ministero dell’Industria, l’Osservatorio chimico nazionale, Unindustria Ferrara, Federchimica, le Organizzazioni sindacali confederali e di categoria, Comune, Provincia e le aziende insediate.

L’Accordo fu accompagnato dal successo di una importante bonifica delle aree inquinate del Petrolchimico, praticamente unica a livello nazionale, con la messa a disposizione nello stabilimento di decine di ettari idonei per l’installazione di impianti industriali, … e anche qui dopo una ventina di anni non si è visto alcun risultato, nonostante che la collocazione del territorio bonificato sia in una area interamente attrezzata anche dal punto di vista dei servizi tecnologici e già pronta per la costruzione di impianti.

La terza occasione perduta è alle porte.

Arriviamo ai giorni nostri, con la recente straordinaria innovazione legata al progetto MoReTech del Centro Ricerche Giulio Natta, salutato con notevole favore a livello internazionale come altre iniziative del genere che, come è noto, sarà industrializzato da Lyondellbasell in Germania anche perchè con la chiusura del cracker di Porto Marghera si è sostanzialmente messo “un bastone fra le ruote” allo sviluppo della tecnologia del riciclo molecolare delle materie plastiche a Ferrara. Anche in questo caso si butta al vento una occasione di sviluppo del Petrolchimico che avrebbe avuto ricadute favorevoli per tutto il territorio.

La speranza è l’ultima  a morire … ma l’andamento della storia sa tanto di quarta occasione perduta.

Ho riportato in breve quattro opportunità di sviluppo strategico del Petrolchimico (una ricerca più approfondita potrà senz’altro evidenziarne altre) e del territorio in cui esso vive da ottanta anni, che si sono succedute con scadenza ventennale senza essere diventate occasione di crescita e che  tra l’altro sono scivolate via senza particolari emozioni da parte di chi conta a Ferrara dal punto di vista finanziario, economico, formativo,  produttivo, politico, ecc.

La “Bella Addormentata” dovrà aspettare ancora.

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Sergio Foschi

Ho avuto la fortuna di fare un mestiere, il Ricercatore presso il Petrolchimico, che mi è sempre piaciuto e che cerco di applicare anche ora che sono in pensione, che mi ha permesso di venire in contatto con tanti colleghi competenti in diverse discipline e apprezzarne il loro valore.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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