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L’investitura più esilarante è arrivata dallo stratega del due per cento: Matteo Renzi, che nel suo pseudo inglese con la bocca piena di pici ha rivendicato di non avere avuto un piano, ma di avere regalato agli italiani un sogno (sempre modesto l’uomo): Mario Draghi a capo della squadra  – quale, sarà sinistramente eccitante scoprirlo – che deciderà come impiegare la cascata di denaro (209 miliardi) che è riservata all’Italia sotto il nome di Recovery Fund.

Il Drago è un serpente (etimo latino, a sua volta proveniente dal greco): è presente nell’immaginario collettivo di tutte le culture, in quelle occidentali come essere malefico portatore di morte e distruzione, in quella orientale come creatura portatrice di fortuna e bontà (cit. Wikipedia). Noi siamo in Occidente, quindi il dragone dovrebbe portarci sfiga e malocchio, ma quella roba lì è già arrivata sotto forma virale, per cui lo abbiamo orientalizzato per l’occasione. Si tratta dunque di una creatura ambigua e ambivalente, e in quanto tale rivestita di un fascino speciale, come tutte le creature la cui collocazione di genere non è ben chiara. L’ambiguità è definita dal punto di vista dell’osservatore: se l’osservatore fosse un dipendente del Monte dei Paschi di Siena nel 2008, anno in cui Draghi, da Governatore di Bankitalia, firmò l’autorizzazione all’acquisto di Antonveneta per un prezzo poi definito spropositato da diversi analisti, il Drago sarebbe percepito come un portatore di sventura, perchè quell’acquisizione, unita alla gravissima tempesta finanziaria scatenatasi dal 2009, sancì l’inizio del declino della banca più antica d’Italia. Se l’osservatore fosse uno Stato indebitato fino al collo (tipo il nostro) che, nel 2012, doveva strapagare interessi a chiunque per invogliarlo ad assumersi il rischio di prestargli denaro, Mario Draghi, fresco governatore della Banca Centrale Europea, sarebbe considerato un salvatore della patria. Infatti il Drago disse chiaramente agli speculatori che scommettevano sul fallimento di Italia e Spagna che la sua banca, dotata di risorse pressochè illimitate, avrebbe fatto di tutto (whatever it takes) per evitarne la bancarotta. Come? Comprando illimitate quantità del loro debito. Capite che, se il capo delle riserve monetarie e auree del continente vi dice che potete scordarvi di scommettere contro l’Italia e la Spagna perchè tanto lui ci metterà tutti i soldi che servono, la speculazione finisce, il debito di questi paesi torna ad essere percepito come sicuro (perchè ci sarà comunque il Capo dei Soldi che lo sosterrà) e gli interessi che lo Stato dovrà pagare ai suoi creditori scenderanno, e torneranno ad essere simili agli interessi che paga la Germania, formidabile corazzata statale capace di ridiventare la locomotiva d’Europa dopo aver perso una guerra mondiale sotto la rovinosa e genocida dittatura hitleriana. In quel 2012 Draghi disse ai draghetti, ai piranhas, ai gamblers e agli squali una cosa semplice, un messaggio secco: finchè ci sono io l’euro rimane, e nessuno Stato fallirà. Su questo sì, che potete scommettere. Tutte le volte che un potente appartenente alla tradizione democratica occidentale, addirittura italiana, trasmette un messaggio così netto e inequivocabile, uno resta a bocca aperta per lo stupore: ma allora anche uno dei nostri può parlare così chiaro?

Lo Stato italiano si ritrova ora, per motivi diversi (in parte) da quelli di nove anni fa, nella medesima pericolosa situazione di pre-dissesto finanziario. Infatti attualmente il debito pubblico ammonta ad una cifra pari all’incirca al 160% del Prodotto Interno Lordo. Come dire che in famiglia porti a casa 100.000 euro l’anno, ma che ne devi restituire 160.000 – fortunatamente, non tutti in un anno. Non è tanto la quantità secca del debito che ti inguaia: infatti, se l’anno prossimo portassi a casa 110.000 euro (il tuo prodotto interno lordo familiare), e il tuo debito fosse stabile, avresti più risorse per ripagarlo. Peccato che, nell’anno del coronavirus, le tue entrate non aumentano ma diminuiscono, mentre il tuo debito rimane uguale, quindi il rapporto negativo cresce.

Mario Draghi però, con la sua sola chiamata all’incarico di Presidente del Consiglio, ha già prodotto un effetto positivo: il tasso d’interesse del tuo debito è sceso. Il mondo dei prestatori di denaro (fondi, stati sovrani, privati) si è rassicurato: è come se un (notoriamente) ricco e affidabile gentiluomo avesse messo una mano sulla spalla dei tuoi creditori, dicendo loro: tranquilli, ci sono io a garantire per questa famiglia. Là dove non arrivano loro, ci sono io. Non solo. I tuoi creditori, fino a ieri sospettosi e diffidenti sulla tua capacità di investire e spendere con criterio la cascata di denaro che ti arriverà in casa per far fronte al crollo delle tue entrate da crisi Covid, adesso sanno che a gestire quei soldi nel tuo interesse (e nel loro) c’è il ricco e affidabile gentiluomo di nome Mario Draghi.

Possibile che un banchiere, per giunta drago, sia così filantropo? Secondo molti non è necessario che sia filantropo, ma che sia efficiente. Il suo grado di efficienza deve essere superiore alla media dei tecnocrati efficienti, perchè purtroppo, come è noto a tutti, la tua famiglia non brilla per la capacità di tenere sotto controllo le spese voluttuarie, e spende male (nel senso che potrebbe risparmiare di più) anche quei soldi che le servono per aggiustare i lavandini, ritinteggiare i muri, cambiare la macchina, comprare le medicine, fare la spesa del mese. In parole povere: la tua famiglia ha bisogno di un amministratore di sostegno, e lo ha trovato. Il migliore sulla piazza, si dice.

Se siamo minimamente consapevoli di quanta è l’acqua nella quale nuotiamo, esistono zero possibilità che Mario Draghi non ottenga la fiducia dal Parlamento per formare un Governo. Zero. Se invece siamo ancora convinti di poter sguazzare (si fa per dire) in un universo parallelo; se siamo ancora convinti di poter continuare a giocare alla piccola politica romana (e purtroppo, appena ti insedii nella Capitale da privilegiato vieni rapito dalla languidezza malandrina del ponentino), allora esiste la possibilità che Mario Draghi non riesca a trovare una maggioranza che lo sostenga. Personalmente sarei piuttosto spaventato all’idea che uno con il suo curriculum fosse chiamato a mettere ordine nei nostri conti senza poter contare su denaro fresco. Un tecnocrate, per quanto abile, per quanto capace di non sacrificare al dominio della téchne tutta l’umanità che da ragazzo lo pervadeva, non fa mai scelte neutre. Al limite fa scelte che servono a tutelare il sistema, ma se ci guardi dentro scopri i morti e i feriti. La mia speranza è riposta nella circostanza che la sua occasione da statista arriva assieme ad una valanga di denaro, e Dio solo sa quanto abbiamo bisogno che questo denaro venga impiegato bene.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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