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Se oggi Pierfrancesco Favino fa ancora parlare di sé per il film Nostalgia che se ne va verso gli Oscar a rappresentare l’Italia, noi, grandi fan di questo stupendo, poliedrico e unico interprete, vogliamo riportarvi al 2018. Palcoscenico di Sanremo, per la precisione.

A ricordarmi queste stupenda performance, il nostro direttore, che mi ha fatto tornare indietro con la memoria con il desiderio di ricordare qualcosa di più. E di raccontarvelo.

È il 9 febbraio 2018 quando, buio in sala, sottofondo blu, Favino compare sul palco. Bello, elegante, affascinante, coinvolgente ed empatico, come sempre.

Inizia il suo monologo, la pelle d’oca arriva piano piano, l’emozione sale. pathos puro [Guarda e ascolta qui].

Un brano coinvolgente tratto da La notte poco prima della foresta, del drammaturgo francese Bernard-Maria Koltès ci porta quasi in un’altra dimensione.

Siamo di fronte a un poema incredibile: un atto unico scritto nel 1977 che aveva debuttato al Festival di Avignone con Yves Ferry, da un successo giunto quattro anni dopo, a Parigi e sbarcato in Italia sbarca solo nel 2001.

Il protagonista è un giovane che cerca in tutti i modi di trattenere uno sconosciuto incontrato per caso su un marciapiede, una sera in cui si sente solo. Il giovane non è del luogo, sembra uno straniero (direi che dal monologo di Favino si capisce bene che lo è). Allo sconosciuto racconta il suo mondo: una triste periferia dove piove, un posto dove ci si sente sempre e solo estranei, dove non si lavora più. Un mondo notturno che attraversa per fuggire, senza girarsi indietro. Un forte denuncia della divisione in zone di lavoro settimanale, in zone per le moto, per rimorchiare, per le donne o per gli uomini e avvilirsi per le zone della tristezza, della chiacchiera, del venerdì sera. Spazi senza dignità. Un’intelaiatura notturna dove ci si perde, da cui si vuole fuggire. Ma quel giovane incompreso parla anche dell’amore e di come di questo non si possa parlare se non a uno sconosciuto come quello che ha appena incontrato. Chi di noi non si è confessato a uno sconosciuto?

Pensiamo che parli di sé, invece parla di tutti noi. E a tutti noi. Un testo politico, attuale, una storia che riguarda tutti, in cui essere stranieri è essere soli, in cui si cerca di spiegare cosa spinge ad emigrare. Non ci sono risposte. Siamo lì inchiodati allo schermo: Tuttodunfiato.

Estraniazione, disagio, disperazione, isolamento, affanno, emarginazione, nomadismo fisico e psichico, ricerca di complicità, parole che creano immagini, emozioni molto vicine a quelle che la musica suscita. Un testo molto amato da Favino, che lo ha portato in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma nel gennaio 2018.

L’attore, in un’intervista, ha ricordato che questo capolavoro “racconta una storia che riguarda tutti, il bisogno estremo degli altri, dello stare insieme e, al tempo stesso, l’insofferenza dello stare insieme”. Ha poi sottolineato l’importanza del monologo, “un mettersi veramente a nudo nei confronti del pubblico: ci sono io e gli spettatori in sala”.

Forse per questo mentre lo recitava, con forza ed empatia, durante la finale di Sanremo, aveva le lacrime agli occhi. E noi con lui.

Eccolo a voi, dunque! Guardatelo e riguardatelo. Buona visione.

https://www.youtube.com/watch?v=Hcm4BixLjeQ

Foto in evidenza, da Corriere web

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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