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Non è la canzone di Al Bano e Romina Power e nemmeno la “cara e celeste nostalgia” di Riccardo Cocciante. Anche se di amore sempre si parla. E pure se il titolo ricorda il celebre film di Andrej Tarkovskij del 1983, siamo in tutt’altro mondo e tutt’altra storia.

Certo è che la nostalgia di un tempo che fu, che, nei tempi, era diventata rimembranza per Giacomo Leopardi, spleen per Charles Baudelaire e nostalgia del futuro per Robert Musil, è spesso al centro dell’arte cinematografica, fin dal pluripremiato Nuovo Cinema Paradiso.

Il presente manca, è assente, deformato dai ricordi di un passato magari non sempre roseo ma fatto di forti legami e tanta gioventù. Nostalgia, di Mario Martone, ha tutti questi ingredienti ed è favoloso, per quanto spiazzante.

Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2016 di Ermanno Rea e con protagonista uno strepitoso Pierfrancesco Favino, il film è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2022, ha vinto 4 Nastri d’argento, il 26 settembre scorso, è stato selezionato per rappresentare l’Italia ai Premi Oscar 2023 nella sezione del miglior film internazionale ed è stato designato Film Europeo dell’anno al 27° Capri, Hollywood the International Film Festival, lo scorso 13 novembre.

Tutto ambientato nel Rione Sanità, un mondo sconcertante ma anche affascinante, come lo era stato recentemente ne Il bambino nascosto di Roberto Andò. È qui che il protagonista, Felice (Pierfrancesco Favino), torna, per riabbracciare la madre anziana, Teresa (Aurora Quattrocchi), dopo quarant’anni di assenza e lontananza, partito per sfuggire a un destino che poteva essere molto diverso.

Con l’allora inseparabile compagno di bravate, il quasi fratello Oreste Spasiano (un meraviglioso Tommaso Ragno, che recentemente abbiamo visto in Rapiniamo il Duce, Siccità, Il Cattivo poeta, per citarne alcuni) aveva commesso qualche piccolo crimine. Fino alla tragedia che lo aveva fatto fuggire all’estero, prima Libano e Sudafrica e poi Il Cairo dove vive, da ricco imprenditore felicemente sposato.

Tommaso Ragno, Foto di Fabrizio Iozzo

Chi parte e chi resta, chi cambia il proprio cammino per tentare di emergere da fango e pozzanghere che paiono non asciugarsi mai. Ma Felice non ha dimenticato il vecchio amico, colui che oggi tutto il quartiere teme, il terribile boss ‘O Malommo, che ricorda un po’ il colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Lo vuole incontrare. Il faccia a faccia tra i due, in napoletano stretto, sarà magistrale. Lo spettatore resta però combattuto, un po’ smarrito: il momento è estremamente ricco di pathos e porta con sè sentimenti contrastanti.

Tutto è nostalgia: per la terra che si è dovuta lasciare, per quel sentirsi sempre un po’ straniero, per una lingua italiana biascicata che si mescola a una forte cadenza straniera, per la gioventù perduta, per quel che è stato e quel che poteva essere, per una Napoli intensa protagonista, per una madre che se ne è volata via, per una bellezza che se ne è andata, per un’amicizia che si è come sciolta al sole. Legami che furono.

Fare pace con il proprio passato non sarà facile, in un presente fatto di complesse ragnatele dove poco è cambiato ma dove qualcuno, come don Luigi Rega (Francesco Di Leva), cerca ostinatamente di modificare le carte in tavola e i giochi, di trasformare la disperazione in speranza. Una città che resiste a molte trasformazioni, quasi immobile, se non fosse per chi si divincola e danza al ritmo di musiche dal sapore orientale.

E se perdersi vuol dire trovarsi, in una città dove la casa e la strada sono spesso una cosa sola, quando si decide di rimanere si è deciso. Costi quel che costi.

Nostalgia, di Mario Martone, con Pierfrancesco Favino, Tommaso Ragno, Francesco Di Leva, Aurora Quattrocchi, Nello Mascia, Sofia Essaidi, Emanuele Palumbo, Salvatore Striano, Virginia Apicella, Italia, Francia, 2022, 117 mn.

La conoscenza è nella Nostalgia. Chi non si è perso, non ne possiede. Pier Paolo Pasolini

 

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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