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di Roberta Trucco

All’indomani delle elezioni nazionali tento una mia personale lettura.
Cercare di mettere in parole quello che succede per me è un’azione di sopravvivenza, mi permette di guardare al futuro con speranza.

Da qualche giorno assistiamo a dibattiti politici televisivi tutti concentrati sulle virgole e le parole, in particolare quelle di Renzi, seguite ai risultati elettorali. Come donna quello che mi colpisce è il livello delle analisi degli ospiti, quasi tutti maschili: analisi che sembrano telecronache di un partita calcistica non ancora terminata e in cui il risultato è in bilico, con urli da tifoseria alternati alla ‘poetica’ retorica della palla che rotola più da un lato che da un altro perché si è usato un aggettivo piuttosto che un altro. A #cartabianca poi finalmente Lucia Annunziata si è arrischiata a dire che viviamo in un periodo storico post-ideologico incapaci di dare un volto chiaro agli scenari futuri: questa mi pare l’unica riflessione interessante. Riflessione che però viene da lontano e ha una genesi: il gruppo di donne intellettuali che lanciarono l’appello di ‘Se non ora quando?’ La partecipazione straordinaria a quella piazza mostrò quanto fosse al capolinea un sistema patriarcale di pensiero, di organizzazione sociale, politica, culturale, religiosa, nonché dei meccanismi democratici, incapaci di includere le donne, le loro parole e soprattutto il loro enorme apporto culturale. Ma quella evidenza fu accantonata subito dopo. Donne che rappresentano più del 50% della popolazione mondiale, in una democrazia rappresentativa sono ancora una minoranza raramente ascoltata.
Nulla, anche l’altra sera in breve si è tornati a parlare di Renzi, di pancia di popolo.

Eppure è un fatto: il futuro delle democrazie occidentali, cosa si intende per democrazia, quali i meccanismi che la garantiscono, come devono essere suddivise le rappresentanze, sono i nodi complessi da sbrogliare in tutto il mondo e curiosamente quanto sta accadendo in Italia ne è la fotografia evidente.
Demos-crazia, potere al popolo. Il popolo oggi assiste frustrato all’impossibilità di vedere palesato nella organizzazione istituzionale il suo volere. Frustrazione che noi donne conosciamo molto bene! E non è solo la legge elettorale la causa della possibile paralisi o l’arroganza dei leader (anche se certamente una buona parte di responsabilità risiede li), ma il fatto che le appartenenze religiose, sociali, economiche, politiche, partitiche, di genere, hanno perso i loro confini consueti . È come se le identità dei singoli e delle comunità fossero diventate opache e ci trovassimo in una babele dove non ci capiamo più neanche tra simili. Ascoltiamo lo stesso discorso e ne abbiamo interpretazioni quasi inconciliabili. Si ha la percezione di passare da una dittatura a un’altra, senza alcuna mediazione creativa. Il dialogo rispettoso, ma capace di agire il conflitto, una reminiscenza lontana. Credo che una grande responsabilità di tutto ciò sia da addurre agli intellettuali, quelli riconosciuti e a cui i media fanno da cassa di risonanza. Il loro mestiere: dedicare tempo, pensiero, cultura, dibattiti perché si sviluppi il terreno fertile per la nascita di nuove forme di aggregazione e la costruzione di nuovi immaginari. Considerato dalle società sane e illuminate da sempre una risorsa irrinunciabile, è da tempo un lavoro asservito al potere e alle logiche del mercato. La straordinaria mole di pensiero femminista e femminile (quello anche delle donne prima del momento storico a cui si dà il nome di femminismo) da molto tempo invece racconta con studi autorevoli la trasformazione che ci troviamo a vivere, ma rimane ai margini, patrimonio solo di chi lo studia da tempo. L’arroganza maschile si palesa nell’indifferenza da sempre mostrata a questo sapere. Sapere che altera dalle fondamenta i rapporti di potere mostrando le inaccettabili diseguaglianze delle nostre società ‘evolute’.

Ma le donne si stanno organizzando e l’onda femminista non si arresta. Per me oggi l’unica bussola da seguire in questo mare in tempesta.

Chi siamo
Il gruppo Molecole è un momento di ricerca e di lavoro sul bene, per creare e conoscere, scoprendo e dialogando altre molecole positive e provare a porsi come elementi catalizzatori del cambiamento. Nasce agli inizi del 2016 a Casanova Staffora, dall’esigenza di supportare le persone nell’esplicazione delle proprie potenzialità e successivamente costruire processi di associazione e interazione, poiché ogni molecola, aggregandosi, potrebbe generare un corpo finito ed operante, una parte viva e attiva della società, diventando elemento di speranza e di pressione.
Il gruppo si riunisce ogni due mesi presso la sede di Ce.L.I.T. a Santa Margherita di Staffora (provincia di Pavia). Fra i temi affrontati: studio e dibattito sulla Burocrazia, studio e invio di un questionario allargato sulla felicità, sul suo significato e visione. E’ aperto a contributi e collegamenti con altre esperienze analoghe.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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