Pubblicato il 12 Novembre 2016

E’ morto Leonard Cohen: l’artista che ha ispirato gli artisti

E’ morto Leonard Cohen: l’artista che ha ispirato gli artisti

Pubblicato il 12 Novembre 2016

Tempo di lettura: 3 minuti

 

“È con profonda tristezza che diamo notizia della morte del poeta, compositore e artista leggendario Leonard Cohen. Abbiamo perduto uno dei visionari più profilici e rispettati del mondo della musica”. Con questo post sulla sua pagina Facebook è stato informato il mondo intero della scomparsa di un’altra delle icone della rivoluzione giovanile americana degli anni ’60: cantautore, romanziere e poeta, Cohen era nato a Montreal nel 1934 da una famiglia ebraica. Suo padre, Nathan, la cui famiglia era emigrata in Canada dalla Polonia, era proprietario di un negozio di abbigliamento di successo. Morì prematuramente, quando Leonard aveva solo nove anni, ma la sua eredità fu sufficiente al figlio per dedicarsi agli studi letterari fino al completamento.

Cohen dimostrò subito grandi doti nella scrittura tanto che la sua prima raccolta di poesie “Let us Compare Mythologies” uscì quando lui era ancora studente universitario, da lì al 1966 pubblicherà altre due opere poetiche e due romanzi, ma in quel periodo Cohen decise di dedicare il proprio futuro alla musica. Autore eclettico e trasversale, nella sua carriera durata mezzo secolo ha cantato di amore, fede, solitudine e disperazione, ma anche di guerra, di politica e di religione. Ispiratore di generazioni di fans e di musicisti, Cohen è stato uno degli artisti più coverizzati della storia della musica moderna: famosissima è l’interpretazione di “Hallelujah” di Jeff Buckley. Singolare è il fatto che la presentazione dell’ultimo album di Leonard Cohen, “You Want it Darker”, sia avvenuta proprio nel giorno dell’annuncio dell’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, artista con il quale è spesso stato paragonato per la profondità dei testi.

Contrariamente alla maggior parte delle pop star della sua epoca, ha sempre avuto una vita privata tranquilla e priva di eccessi, mentre per la sua carriera, iniziata nel 1967, ha sempre alternato periodi di quiete a momenti di straordinaria prolificità, esplorando sonorità dal country-folk, al soft rock, al pop. Il suo album di maggior successo è stato il primo, “Songs of Leonard Cohen”, unico a raggiungere le 500.000 copie vendute e ad aggiudicarsi il disco d’oro, contenente la canzone “Suzanne”, forse la più celebre da lui cantata. Negli anni successivi sono state le sue canzoni, più che la sua persona a far successo: artisti come gli U2, Elton John, Trisha Yearwood, Aretha Franklin, il già citato Jeff Buckley e tanti altri si sono cimentati in reinterpretazioni dei suoi brani dando loro successo. Perfino in Italia è stato tradotto e cantato da musicisti del calibro di Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Claudio Daiano e Carlo Alberto Contini.

L’ultimo disco, uscito quest’anno e prodotto dal figlio Adam, vede sonorità nuove e sperimentali, con chitarre, archi ed organo a formare un tappeto sonoro ipnotico e avvolgente costante per tutto l’album. La voce calda e profonda di Cohen racconta ancora una volta, un’ultima volta, storie di vita, amore, viaggi e morte in quello che si dimostra sin dalla title track un album testamento. Un addio sotto gli occhi di tutti e che nessuno è riuscito a leggere fino alla triste notizia di ieri mattina.

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Fulvio Gandini

Periscopio

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica dell’oggetto giornale [1], un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare il basso e l’altocontaminare di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono” dentro e fuori di noi”, denunciare il vecchio che resiste e raccontare i germogli di nuovo,  prendere parte per l’eguaglianza e contro la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo..

Con il quotidiano di ieri, così si dice, ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Tutto Periscopio è free, ogni nostro contenuto può essere scaricato liberamente. E non troverete, come è uso in quasi tutti i quotidiani,  solo le prime tre righe dell’articolo in chiaro e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori) a tutti quelli che coltivano la curiosità, e non ai circoli degli specialisti, agli addetti ai lavori, agli intellettuali del vuoto e della chiacchera.

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Nato quasi otto anni fa con il nome ferraraitalia [2], Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Conta oggi 300.000 lettori in ogni parte d’Italia e vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma anche e soprattutto da chi lo legge e lo condivide con altri che ancora non lo conoscono. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Francesco Monini

[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.

[2] Non ci dimentichiamo di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno il giornale si confeziona. Così Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 


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