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Una particella del discorso che indica l’appartenenza mi assilla in questo momento. Va aggiunto anche la serissima inchiesta sulla ‘d’ minuscola o maiuscola: de Pisis o D’annunzio? La minuscola indicante la nobiltà del casato, la maiuscola invece negandola. Allora de Pisis, de Chirico, De Nittis, D’Annunzio (all’anagrafe d’Annunzio). E vai col tango e con i filologi!

Ma l’alluvione del de/De non si ferma qui e metaforicamente produce altri dubbi e interrogativi che si esprime in una fulminante e inquietante domanda. Ma noi (forma di pluralis maiestatis) a quale popolo apparteniamo? Le sardine?, il Pd?, a qualche altra formazione non sovranista? La domanda diventa ancor più imbarazzante quando si scatena il (falso) problema dell’illuminazione del Castello, ma soprattutto quello che viene chiamato con un’orrida immagine l’incendio del Castello. Apriti cielo! Cittadini virtuosi m’insultano rinfacciandomi che voglio affossare l’economia e negare a 30 mila innocenti l’innocuo piacere di danzare sotto l’incendio. Tanto cosa vuoi che produca? Qualche lesioncella, qualche caduta di merli (già avvenuta), qualche problema con i quadri in mostra frettolosamente emigrati in luoghi non incendiati. Sono proprio – mi sputano addosso con rancore ( e questo è il meno) – un radical chic! Mi portano l’esempio della Tour Eiffel. Mannaggia che paragone.

Perciò, sempre meno mi sento appartenente ai de/De. La misteriosa scomparsa su Fb del programma del popolo delle sardine ci dice, ma lo sapevamo, in che modo si può manipolare il social quando la decisione è presa. Ma scusate, popolo sardinesco, se rivolgo una obiezione al bel racconto di Francesco Monini su questo giornale (vai all’articolo). Giusto e saggio protestare, ma non avete pensato che tra tutti i colori del Castello forse il meno adatto è quel bel verde con cui è illuminato?

Così la particella d’appartenenza prende vigore e rilievo sul ruolo culturale che Ferara/Ferrara sta assumendo in questo momento. Ferrarese il ministro della cultura, ferraresi nomi importantissimi a capo delle istituzioni culturali, in un embrassons- nous di rara visibilità entro le mura della città pentastellata.

Modestamente esprimerò ancora una volta le mie preferenze. Ottima la mostra di imminente apertura su De Nittis anche se il mio cuore ( organo assai delicato) batte per altri pittori. E mentre il tempo scorre e non s’arresta un’ora, mi ficco a corpo morto nelle mostre guercinesche e sto pensando che il lavoro canoviano che stiamo portando avanti con fatica ma con soddisfazione a Bassano del Grappa è valso sacrifici e ‘magoni’, ma l’edizione delle lettere canoviane, la cui stampa sarà prodotta dal prossimo volume a Ferrara, continua a ritmo trionfale. E ancora una volta Canova vuol dire Leopoldo Cicognara, quel ferrarese Cicognara che riporta nella città estense i problemi e le sfide del centenario della morte- veneziana e non romana- dello scultore.

Così il d/De assume il suo vero senso. E’ l’appartenenza al lavoro umile e sublime di proseguimento e riconferma dell’unica eredità che ci è stata lasciata. Quella della difesa dei luoghi e delle istituzioni dove la Bellezza deve essere protetta e diffusa.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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