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Mese: Gennaio 2016

Giorno della Memoria: alla Boiardo una mostra itinerante per capire la storia

da: Istituto Comprensivo Statale “Alda Costa”

Dal 24 gennaio al 15 febbraio 2016, nei locali della scuola secondaria di I grado M. M. Boiardo, Via B. T. da Garofalo 1, si potrà visitare la Mostra Itinerante “A nostra volta testimoni” che propone riproduzioni di fotografie dell’Archivio scolastico dell’IC Alda Costa, con immagini inedite di studenti ebrei della scuola Israelita di Via Vignatagliata 79, affiancate ad altre riguardanti la visita ufficiale alla scuola Umberto I del Ministro del Ministero dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, svoltasi nello stesso anno scolastico in cui il R.d.l. 5 settembre 1938, n. 1390 provvedeva all’espulsione dalla scuola pubblica di tutti i docenti e gli allievi “di razza ebraica”. Nell’ambito delle celebrazioni del giorno della Memoria 2016 verranno inoltre proiettati filmati con
testimonianze di due dei ragazzi riprodotti nelle fotografie: Franco Schönheit e Cesare Moisè Finzi. L’iniziativa rientra nel progetto regionale “conCittadini”.

Il balletto della Royal Opera House all’Apollo

da: ufficio stampa Apollo Cineparkpiccioli loc

Al Cinema di vicolo del Carbone, dopo la pausa natalizia, torna Apollo Arte e Cultura.
Primo appuntamento del 2016 sarà martedì 26 gennaio alle ore 20.15, con la proiezione dalla Royal Opera House del balletto “Rapsodia – I due Piccioni”, con le coreografie di Frederick Ashton, Fondatore coreografo del Royal Ballet. In questo doppio programma l’azienda celebra Ashton e la sua eredità in due opere contrastanti.
Rhapsody, creato nel 1980, è una delle ultime opere di Ashton. Creato per Mikhail Baryshnikov, è una celebrazione del virtuoso maschio – anche se Ashton conferisce anche il ruolo femminile principale con la coreografia di chiarezza e velocità mozzafiato.
Non visto alla Royal Opera House dal 1985, I due piccioni (1962) è un lavoro quintessenza Ashton. Nella sua storia di un giovane ribelle cieco al valore di ciò che è proprio di fronte a lui, Ashton esplora la natura dell’amore in una delle sue opere più affascinanti, eleganti e in movimento.

Tre pellicole sul grande schermo per ricordare la Shoah

“Il labirinto del silenzio”, “Il figlio di Saul” e “The Eichmann Show-Il processo del secolo”. Tre pellicole cinematografiche, un solo evento: la Shoah, la sua memoria, la sua narrazione.

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The Eichmann Show

Adolf Eichmann seduto nella sua gabbia di vetro; il discorso del procuratore israeliano Gideon Hausner, che si dice portavoce di “sei milioni di accusatori”; le testimonianze delle vittime, udite allora per la prima volta. Tutti abbiamo visto almeno una volta qualche immagine del processo che nel 1961 ha portato alla sbarra ‘la banalità del male’. Ora “The Eichmann Show”, prodotto dalla Bbc, rivolge lo sguardo del pubblico dietro le telecamere che per la prima volta hanno portato per quasi due mesi dentro le case in 37 paesi nel mondo la progettazione e l’esecuzione dello sterminio di massa. Artefice di questa operazione, allora tutt’altro che scontata, è il produttore televisivo Milton Fruchtman, che riesce non senza fatica a convincere le autorità israeliane e i giudici della necessità di riprendere le varie fasi del dibattimento. Insieme a lui il regista ebreo Leo Hurwitz, che negli Usa non riesce a lavorare perché iscritto nella lista nera della commissione McCarthy. “The Eichmann Show” mette in luce i due aspetti principali di quell’evento: è la prima occasione per gli israeliani e per il mondo intero di assistere alle sconvolgenti testimonianze dei sopravvissuti ai campi e alla resistenza in Europa; dall’altra parte c’è l’osservazione del ‘mostro’ Eichmann per opera delle videocamere nascoste in cabine di legno e preposte a videoriprendere il processo. Hurwitz tenta di (rac)cogliere le eventuali reazioni di Eichmann di fronte alle testimonianze proprio per togliergli la comoda etichetta di ‘mostro’ che consente alla collettività di rimuovere da sé qualsiasi ipotesi di malvagità.

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Il labirinto del silenzio

Anche “Il labirinto del silenzio” è ambientato negli anni Sessanta, ma si passa dalla parte dei carnefici, o meglio i figli dei carnefici fanno i conti con le colpe o quantomeno i colpevoli silenzi dei propri padri. Il primo film di Giulio Ricciarelli – padre italiano, madre tedesca – candidato dalla Germania all’Oscar, narra la vicenda del processo istruito da un pubblico ministero e tre procuratori di Francoforte che nel 1963 disseppellirà Auschwitz dalla coscienza collettiva della società tedesca attraverso 22 imputati e 400 testimoni. Nel 1958 Johann Radmann è un giovane e idealista procuratore che viene avvicinato da Thomas Gnielka, giornalista anarchico e combattivo. Conosce Simon, artista ebreo sopravvissuto ad Auschwitz e a due figlie gemelle sottoposte ai test del dottor Mengele: Simon ha riconosciuto in un insegnante di una scuola elementare uno degli aguzzini del campo di concentramento. Johann decide di occuparsi del caso e chiede consiglio e aiuto a Fritz Bauer, procuratore generale, ebreo costretto a fuggire in Danimarca durante le persecuzioni. Le loro indagini si scontrano con una rete di silenzi e connivenze: un labirinto inestricabile in cui tutti sembrano coinvolti. Il film suscita così interrogativi sui controversi temi della responsabilità collettiva, della scelta e del dovere di guardarsi indietro.

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Il figlio di Saul

“Il figlio di Saul” dell’ungherese László Nemes, invece, si immerge nell’abisso più profondo della macchina dello sterminio: i sonderkommando, i prigionieri costretti a collaborare al processo di sterminio nell’estremo girone delle camere a gas e dei crematori, che noi italiani abbiamo conosciuto con il volume “Sonderkommando Auscwitz” di Shlomo Venezia. È la disperata storia dell’ebreo ungherese Saul Auslander, deportato ad Auschwitz-Birkenau, reclutato come sonderkommando. Il suo gruppo si prepara alla rivolta prima che una nuova lista di sonderkommando venga stilata condannandoli a morte. Perduto ai suoi pensieri e ai compagni che lo circondano, Saul riconosce, o crede di riconoscere, nel cadavere di un ragazzino suo figlio: la sua missione ora è quella di dare una degna sepoltura al suo ragazzo, alla ricerca della pace e di un rabbino che reciti per lui il kaddish (preghiera per i defunti, ndr). Fra gli orrori e i rumori del campo, attraverso lunghi piani sequenza, per tutto il film il pubblico vede solo ciò che vede Saul. Tutto è giocato sul volto del protagonista, l’attore Geza Rohrig, ebreo ortodosso, poeta e insegnante ungherese, che ha perso parte della propria famiglia nella Shoah. Quando trent’anni fa è stato per la prima volta ad Auschwitz, ha deciso di fermarsi per un mese nella vicina Oswiecim, da dove ogni giorno tornava al campo per sedere e meditare in silenzio. Poi si è trasferito in Israele e si è iscritto a una yeshiva (istituzione educativa ebraica che si centra sullo studio dei testi religiosi tradizionali, ndr).
“Il figlio di Saul” ha vinto il Grand Prix speciale della giuria a Cannes e il Golden Globe, nonché una nomination all’Oscar, ma soprattutto ha conquistato Claude Lanzmann, l’autore del monumentale documentario “Shoah”: “è l’anti “Schindler’s list” – ha dichiarato il regista francese – Non mostra la morte, ma la vita di quanti sono stati obbligati a condurre i loro cari alla morte”.

“Il figlio di Saul” è in programmazione questa sera (in italiano) e domani (in versione originale con sottotitoli in italiano) alle 21.00 al Cinema Boldini in via Previati.
“The Eichmann Show-Il processo del secolo” è in programmazione fino a domani alle 20.30 all’Uci Cinemas di via Darsena.
Purtroppo non ho trovato sale cinematografiche in provincia di Ferrara che attualmente ospitino proiezioni de “Il labirinto del silenzio” .

Onde anomale nel mare dei big data

Tutti sono convinti di vivere nella società dell’informazione, pochi riescono a coglierne le caratteristiche profonde, pochissimi sono in grado di capire fino a che punto potrà spingersi il processo di informatizzazione e quali conseguenze potrà comportare per la società e la cultura del futuro. Fatto è che, parlando di informazione, quasi tutti pensano ai contenuti che vengono trasmessi dai vecchi e dai nuovi media, pochi riflettono sugli scopi che gli attori sociali perseguono nel produrli e nel diffonderli, e ancor meno pensano ai significati che essi veicolano e generano nell’interazione con i fruitori. Certo è che viviamo immersi in un mare di informazioni e che la soglia da superare per catturare l’attenzione delle persone diventa sempre più alta proprio perché ognuno elabora meccanismi di selezione e di difesa indispensabili per dare senso al proprio ambiente di vita. Vivere in questo ambiente ci mette di fronte per esperienza diretta al rumore e all’ambiguità caratteristica della società dell’informazione; ci rende consapevoli nostro malgrado dei limiti che abbiamo come sistemi biologici di elaborazione di informazione nell’affrontare questa complessità caratteristica dei nuovi ambienti di vita.
In tale situazione possiamo pensare il mondo come un’enorme biblioteca, un archivio che si autoalimenta per le azioni stesse dei suoi utilizzatori, un deposito culturale che contiene in forma digitale infinite informazioni che nessuno potrà mai attingere e dominare completamente. Contrariamente all’inquietante biblioteca fisica di Borges la digitalizzazione consente a tutti e ad ognuno di essere sia produttori che consumatori in un processo che ne fa aumentare esponenzialmente l’ampiezza. In linea di principio la mega biblioteca digitale che si alimenta è un prodotto collettivo su scala planetaria, un potenziale bene comune di cui allo stato attuale si ignorano ancora i limiti e i reali utilizzi. E’ un bene utilizzabile allo stesso modo del linguaggio che ognuno di noi impara quando viene al mondo.

Questa prospettiva rappresenta tuttavia solo una piccola parte del problema e, a ben vedere, neppure la più importante. Accanto e dietro a questi flussi di informazioni palesi (almeno potenzialmente) esistono giganteschi depositi di informazioni incorporate nei manufatti, nelle tecnologie, nelle organizzazioni, nelle istituzioni, nei reperti storici ed archeologici, nelle istituzioni deputate alla scienza e alla conoscenza, nelle grandi burocrazie. Soprattutto esistono e crescono esponenzialmente le informazioni che noi stessi produciamo senza averne precisa coscienza: ogni interazione che abbiamo con qualsiasi dispositivo digitale, ogni clic sulla tastiera del pc, ogni uso della carta di credito, ogni fotografia o videoclip, è informazione che viene restituita al sistema tecnologico: in internet nulla va perduto e si sta creando dunque un enorme deposito dinamico di informazioni che continua a crescere e a svilupparsi in seguito alle azioni quotidiane svolte da miliardi di persone, milioni di aziende e Amministrazioni, decine di miliardi di dispositivi connessi nel cosiddetto internet delle cose (Iot) che è in grado di raccogliere informazioni in modo automatico. Non si tratta più dei meri contenuti ai quali siamo abituati a pensare ma di bit, tracce, processi, segni, localizzazioni, data point granulari che consentono di qualificare e posizionare nel tempo e nello spazio ogni tipo di contenuto, in grado di gestire qualsiasi tipo di processo: è il tipo di informazione che consente il funzionamento del navigatore dell’auto, il riconoscimento automatico delle nostre preferenze in qualsiasi negozio digitale, la precisione micidiale di un missile militare…
In quest’ottica possiamo immaginare il mondo come un’immensa matrice digitale alimentata da una enorme e crescente rete di connessione materiali che, poco alla volta, si sovrappone e per certi versi sostituisce l’ambiente naturale.

Questa colossale disponibilità di informazioni è davvero rivoluzionaria anche se l’impulso dal quale scaturisce ha radici molto antiche. L’esigenza di dati è nata con l’affermarsi dei grandi imperi e con le necessità di controllo delle burocrazie statali; con l’età moderna e la nascita della scienza fondata sull’osservazione, l’esperimento e la matematica, l’importanza dei dati è andata crescendo: proprio la difficoltà e il costo della raccolta di buone informazioni rappresentava (e in molti casi rappresenta ancora) un vincolo sostanziale per la produzione scientifica, l’amministrazione statale e la gestione di grandi imprese. Non a caso per aggirare questa difficolta i primi statistici avevano messo a punto le tecniche di campionamento che consentono a tutt’oggi di individuare pochi casi, studiarli ed estendere le conclusioni all’intero universo con un ristretto e prevedibile margine di errore.

Anche in questi contesti la digitalizzazione irrompe con una potenza devastante e rivoluzionaria: per la prima volta nella storia il problema non è più solamente quello di produrre direttamente le informazioni che servono strappandole con fatica dai contesti naturali ma, piuttosto, quello di selezionare e combinare informazioni già esistenti per generare qualcosa di nuovo. La straordinaria quantità di dati disponibili cambia radicalmente il panorama: le scienze sociali per prime sono messe in crisi da questi sconvolgimenti che aprono grandi opportunità e per certi versi ne mettono in discussione l’utilità se non proprio il fondamento. Questo passaggio dall’analogico al digitale, dal qualitativo al quantitativo, dai chilogrammi ai bit, è una rivoluzione paragonabile a quella di Gutenberg che passa incredibilmente sotto silenzio; big data è il termine con cui si etichetta questo fenomeno di abbondanza informativa assolutamente nuovo nella storia umana. Con tale termine si designa da un lato l’infinita disponibilità di dati utilizzabili direttamente attraverso i calcolatori e, dall’altro, le operazioni che si possono fare su di essi attraverso potenti algoritmi di calcolo. Queste operazioni consistono nell’applicare la matematica e la statistica ad un universo di informazioni in crescita esponenziale per estrapolare tendenze e probabilità, scoprire strutture sottostanti ed eccezioni, individuare regolarità e storie ricorrenti, trovare nicchie e casi estremi, generare e testare ipotesi e teorie, in modi inaccessibili al costoso campionamento e sicuramente molto più rapidi ed economici.
Potenzialmente non c’è limite alle informazioni che possono essere estratte attraverso gli algoritmi di calcolo; queste possibilità mettono in discussione il nostro modo di vivere e di interagire con il mondo, creano nuove indicazioni o nuove forme di valore con modalità che vengono a modificare i mercati, le organizzazioni, le relazioni tra cittadini e governi, il lavoro. Armati delle interpretazioni prodotte dagli algoritmi digitali possiamo rileggere il nostro mondo con modalità che si stanno appena cominciando ad apprezzare.

Tutti i dati raccolti per uno scopo si prestano ad essere utilizzati anche in altri modi e in questa flessibilità risiede la loro capacità di generare valore. Proprio su questa possibilità si regge la sfida centrata sulla competizione per scoprire il valore intrinseco non ancora espresso dei dati, nel farli parlare. Un valore economico e commerciale enorme che risiede in potenza negli archivi digitali che proprio in questo momento stiamo contribuendo ad alimentare: un valore che attualmente spetta in via quasi esclusiva ai proprietari dei contenitori digitali (basti pensare a Facebook o Google) che possono usare a titolo gratuito i contributi dei miliardi di persone connesse in rete direttamente (ad esempio tramite i social) o indirettamente (tramite i comportamenti rilevati dai sistemi di sensori, i chip etc.).

Nel mondo di big data la noiosa statistica diventa improvvisamente sexy e l’analista di dati (data scientist) diventa la nuova figura di scienziato costantemente impegnato nella ricerca di correlazioni e nella messa a punto di algoritmi matematici sempre più potenti e raffinati. Nel paradiso degli statistici ognuno potrebbe esplorare la matrice digitale per inventarsi un nuovo modo di vivere e di dar senso alla propria vita.
Ma anche gli statistici più visionari già vedono il loro successo minacciato da nuove generazioni di macchine molto più “intelligenti” di loro…

Matisse e don Patruno, oggi…

da: Maria Cristina Nascosi Sandri

Son passati nove anni ormai dalla scomparsa di don Franco Patruno, una delle poche eccellenze intellettuali della ferraresità degli ultimi decenni, avvenuta nel mese di gennaio di 9 anni fa.
Figura indimenticabile, eppure non ricordata mai quanto sarebbe giusto, è comunque facilmente associabile nel ricordo – almeno di chi scrive – ad alcuni grandi della pittura di cui volle occuparsi, molte volte nella vita.
E così accade che anche la mostra aperta da poco a palazzo Chiablese di Torino, ‘Matisse e il suo tempo’, riporti alla memoria alcuni scritti di don Franco ed in particolare quelli sulla religiosità di Matisse e di Chagall pubblicati in un preziosissimo manualetto di molti anni fa, Chagall e Matisse: due templi della spiritualità in Provenza, edito da Book , in cui descriveva da par suo le sublimi opere matissiane racchiuse nella Chapelle du Rosaire, la Cappella Matisse a Vence, in Provenza, raro esempio di arte totale e mono-autoriale.
La mostra di Torino è curata da Cécile Debray del Centre Pompidou di Parigi, il catalogo pure è a cura sua, pubblicato da 24 ore Cultura e sarà in parete fino al 15 maggio 2016: sarebbe stata particolarmente grata a Patruno – conoscendolo – perché il suo fil rouge descrive una sorta di ‘spirito del tempo’, quello che unisce Matisse e gli altri artisti e che coinvolge momenti finora poco studiati, come il Modernismo degli anni Quaranta e Cinquanta.
Racconta, infatti, del legame tra il pittore ed altri pittori suoi contemporanei.
Esposte nelle sale torinesi cinquanta opere di Matisse (quadri, sculture e le 20 tavole «Jazz» realizzate con la tecnica dello stampino) e 47 altri artisti, tra cui Modigliani, Severini, Mirò, Gris, Dufy, Le Corbusier, Masson e Braque.

A proposito del lavoro per Jazz, Matisse ebbe a dire:
Ho realizzato queste pagine di scrittura per pacificare le reazioni simultanee delle mie improvvisazioni cromatiche e ritmiche, pagine a formare come un ‘fondo sonoro’…

Alcune tra le venti tavole del testo di Jazz erano state esposte e presentate ad Artelibro di Bologna, nel settembre del 2012, nell’edizione in fac-simile della Electa: lo splendido libro di Henri Matisse è, senza dubbio, il più bel libro d’artista pubblicato nel corso del Novecento.
Uscito nel 1947 da Tériade, raffinato editore d’arte parigino ( lo stesso della rivista Verve ), fu stampato in tiratura limitata, solo 250 copie. Quelle oggi ancora in circolazione, in alcuni musei e presso collezionisti privati, hanno un inestimabile valore di mercato.

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Cittadini della Terra felici e responsabili

Ci sono espressioni che faticano a scomparire. Una di queste continua ad accompagnare la vita degli studenti: è “libro di testo”. Non un “libro” e basta, ma libro “di testo”. Un po’ come dire “libro libro”, quasi il libro per eccellenza, naturalmente dopo il libro del libri, la Bibbia.
C’è però chi ha pensato a un libro di testo per una scuola mondiale che, sventolando la bandiera dell’umanità, insegni a vivere una vita lunga e felice. Si chiama “Humanity”: non propone nozioni, ma itinerari didattici da realizzare in classe, temi di ricerca e di riflessione, indirizzi di siti web da consultare, da cui scaricare materiali o farsi coinvolgere dalle attività suggerite.
L’ha proposto, già diversi anni fa, nel 2007, il pedagogista statunitense Joel Spring, nel suo libro “A new paradigm for global school systems”, mai tradotto nel nostro Paese.
Di qui, a mio avviso, dovrebbero prendere l’avvio i curricoli nostrani di educazione alla cittadinanza attiva. Se non si è formati a una cultura del mondo e di una vita che vale la pena di vivere, perché è quella desiderata, perché merita che tutti si operi affinché essa sia lunga e felice per ciascun essere sulla Terra, tutto il resto perde di significato.
Produzione e consumo non sono il massimo per garantire all’umanità una vita lunga e felice. Ogni giorno pezzi di questo sistema mostrano la loro fragilità e i danni che arrecano alla nostra esistenza. Ciò nonostante le nostre scuole continuano a educare le giovani generazioni in funzione di questo modello economico e sociale, che non ci promette né una vita lunga né una vita felice.
“Humanity” propone agli insegnanti e agli studenti di ogni età di riflettere, lavorando per grandi aree i cui titoli sono di per sé stessi significativi:
1. Il mondo in cui viviamo
2. C’è abbastanza cibo per tutti?
3. Il nostro prossimo
4. Che cosa vogliamo e di che cosa abbiamo bisogno?
5. Diritti umani, tutela della vita e felicità
6. Scegli la tua vita.
Già da come si presenta è chiaro l’obiettivo formativo di “Humanity”: educare le nuove generazioni alla responsabilità che ogni essere umano porta nei confronti della Terra e della vita su di essa, alla responsabilità circa le conseguenze delle nostre scelte e dei nostri comportamenti, a partire da quelli nei confronti dell’ambiente per finire con quelli che riguardano la produzione e i consumi.
Un’educazione alla cittadinanza attiva mondiale, non solo europea o locale, la cui portata appassisce, se per prima non sentiamo la responsabilità di essere cittadini del pianeta.
I percorsi che Spring propone, lasciando poi libertà di adattamento alle singole realtà ed esigenze didattiche, sono olistici e transdisciplinari, rimandano alla ricchezza di materiali offerti dai siti web delle Nazioni Unite sull’ambiente, il cibo, la povertà, i diritti umani.
Nelle nostre scuole l’educazione alla cittadinanza attiva, che ha sostituito la vecchia educazione civica, fatica a trovare una sua collocazione, innanzitutto perché non ha una quantificazione oraria e, da questo punto di vista, è una non-disciplina. Non sarebbe neanche un male, se però vivesse un’effettiva transdisciplinarità, cioè attraversasse e oltrepassasse tutte le discipline, offrendosi come occasione per gli studenti di comprendere la complessità del nostro mondo, restituendo nel contempo quella unitarietà al sapere umano che a scuola si perde nella distribuzione per materie.
Spring con “Humanity” ci riesce e qualcosa di molto simile potrebbe essere realizzato nel nostre scuole a tutti i livelli, l’autonomia conquistata dagli istituti scolastici oggi lo consente. Non solo, quell’ora di attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica, che troppo spesso resta vacante, potrebbe prevedere a regime un curricolo come quello che Spring propone con “Humanity”.
Offrire agli studenti conoscenze e capacità per essere cittadini attivi nell’assicurare le condizioni ambientali, economiche e sociali alla base di una esistenza lunga e felice, aiutandoli a comprendere quale vita desiderano vivere e cosa in questo potrà aiutarli.
Il capitolo finale del volume, “Scegli la tua vita”, richiama il concetto di “capacità” di Amartya Sen. Sen definisce l’eguaglianza o l’ineguaglianza sociale a seconda della capacità che le persone hanno di condurre un tipo di vita che valga e abbia ragione di valere. Essere capaci di vivere la vita che si desidera influenza direttamente la nostra sensazione di benessere, mentre l’incapacità a vivere la vita che si è desiderata produce stress, con conseguenze sulla longevità e sulla salute individuale.
Joel Spring dimostra che è possibile un nuovo modello di scuola mondiale, che è possibile una scuola che insegni a vivere a lungo e felici, suggerendo un prototipo di eco-scuola dalla parte dell’uomo e del suo ambiente, dove si apprende a essere cittadini della Terra imparando a difendere e tutelare i diritti della biosfera e dell’umanità intera, per sostenere la felicità e il benessere di ogni persona, dal personale della scuola, agli studenti, alle nostre comunità. Forse di qui potrebbe iniziare la nostra guerra pacifica contro ogni terrore e fanatismo.

La versione italiana di “Humanity” è scaricabile dal blog Istruireilfuturo.

LA NOTA
A Palermo l’orgoglio di chi crede nella propria città

Palermo sta cambiando; in meglio. Per esempio: si stanno aprendo importanti zone pedonali, è attivo il car-sharing, gli autobus sono frequenti (il 101 ogni tre minuti) e si introducono i tram. Per non parlare poi delle osterie in cui i profumi e i colori si sommano ai sapori dei loro piatti.
Passeggiare è piacevole, e non solo seguendo le indicazioni delle guide turistiche. Sono interessanti le Sale al Genio, che ospitano una mostra privata di maioliche di grande interesse, in cui si apprezza lo spirito del valore conservativo e non del mercato. La chiesa dello Spasimo, che cerca di ritrovare il suo fascino in un quartiere antico quanto difficile, la Kalsa, rappresenta bene il contrasto mistico tra decadenza e resilienza. L’ho visitata con una simpatica guida che ne ha parlato con orgoglio e competenza. In zona ho visitato l’orto botanico, che ha piante meravigliose di tutto il mondo; la natura si sa difendere contro l’incuria. Ho visto tanti palazzi, tante storie. A palazzo Steri, ora rettorato, ho visitato le celle dell’inquisizione la cui storia mi è stata raccontata con grande impegno da una giovane guida: anche in questo caso sentivo l’orgoglio palermitano di chi crede nella propria città.

E’ bello sentire i siciliani che credono nel futuro e che sperano un giorno di vedere valorizzata la loro storia. Molti sono costretti a lavorare fuori, ma sperano di tornare. Anche l’emozionante quadro di Guttuso tornato dell’Expo, la “Vucciria”, è una meraviglia. Curioso come sua moglie Mimese, quando andò a vivere a Palazzo Galati fece togliere un bel mosaico con un pavone perché uccello portatore di sventura. Ora nel palazzo restaurato c’è un B&B che consiglio perché ti godi una sincera ospitalità, ti svegli con una bella fetta di torta e guardi la terrazza di fronte al teatro Massimo.

Insomma io credo che la nostra bella Italia abbia tanti posti fantastici da vivere come se fosse (perché lo è) casa nostra e in particolare con i siciliani che credono in un mondo migliore.

Questa sì che è vita

Urla, scherzi, giochi e risate. Com’è bello essere bambini e divertirsi follemente con gli amici… uhhmmm che invidia.

Ebbene, questi bambini vivono in un orfanotrofio del Kerala gestito da suore, alcuni hanno una famiglia che vive lontano e non si può curare di loro, altri sono soli al mondo. Eppure che sorrisi, che felicità. Questa sì che è vita.

In foto: bambini dell’orfanotrofio “Shanti” (sì, come l’amica di Mowgli nel Libro della giungla), che si trova nella regione del Kerala, nella foresta vicino a Mangalore, in India. La foto è stata scattata da un ferrarese che sta visitando gli orfanotrofi della zona.

Immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

 

La maestra

26 gennaio 1876: nasce Alda Costa, maestra elementare ferrarese socialista e antifascista. Durante la Prima Guerra Mondiale si rifiuta di accompagnare i suoi scolari alle manifestazioni patriottiche in nome di una scuola umana e universale. Nel 1926, Alda rifiuta di giurare fedeltà al regime; quando le perquisiscono la casa e vi trovano il ritratto di Matteotti assassinato due anni prima.
Trasferitasi a Milano, viene arrestata e confinata prima alle isole Tremiti e poi in un piccolo paese della Basilicata.Rientrata a Ferrara dopo il confino, continua nella sua attività antifascista, finché un agente dell’ Ovra la arresta. Il 25 luglio 1943 viene liberata, ma gli amici non la riconoscono: i patimenti l’hanno ridotta a uno spettro. Viene nuovamente arrestata nella “lunga notte” del 15 novembre 1943 e portata in carcere a Copparo, morirà nell’ospedale locale il 30 aprile 1944.
Giorgio Bassani è uno dei giovani antifascisti che frequentano la casa della maestra elementare ferrarese, a lei è ispirato il personaggio di Clelia Trotti, la protagonista di una delle “Cinque Storie Ferraresi”.

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Giorgio Bassani

Bruno la guardò in viso. Ma i suoi occhi intensamente azzurri, fermi e asciutti sotto le grige sopracciglia aggrottate, erano pieni di speranza. (Giorgio Bassani)

Eddie, il re del ‘tapping’

Auguri a Edward Lodewijk van Halen, conosciuto da tutti semplicemente come Eddie van Halen, che oggi compie 66 anni. Cofondatore e storico chitarrista dei Van Halen, Eddie viene annoverato come uno dei chitarristi che più hanno influenzato le giovani generazioni; l’innovativa tecnica del tapping – il suonare ovvero una chitarra con entrambe le mani sulla tastiera – da lui perfezionata, ha fatto scuola e inciso profondamente le sonorità rock e heavy metal della musica contemporanea.

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

Sabato 30 gennaio concerto d’arpa presso MusiJam Ferrara

Burani Concerto30gennaio2016 copiada: Associazione Culturale di Promozione Sociale MusiJam Ferrara

Grande evento musicale presso sede di Viale Alfonso I d’Este 13 a Ferrara, un concerto d’Arpa con il Maestro Davide Burani che presenta il suo nuovo lavoro discografico “Madame La Harpe”. Data unica a Ferrara Sabato 30 Gennaio ore 21:00 con il grande musicista.
Diplomato in Pianoforte e in Arpa, ha conseguito con il massimo dei voti e la lode il Diploma Accademico di secondo livello in Arpa presso il Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma.
Perfezionatosi con Fabrice Pierre, Ieuan Jones e Judith Liber, si è imposto in numerosi concorsi Nazionali ed Internazionali (finalista con menzione d’onore al “Tournoi International de Musique” XI edizione a Salon de Provence – Francia e vincitore assoluto del “Music World” di Fivizzano ed. 2004).
Ha intrapreso una carriera musicale di ampio respiro esibendosi, in qualità di arpista, in prestigiose sedi concertistiche sia come solista sia in formazioni cameristiche, collaborando con artisti di chiara fama tra i quali i direttori d’orchestra Alain Lombard, Julian Kovatchev e Michael Pletnev, le attrici Lella Costa, Paola Gassman e Monica Guerritore, oltre a numerosi musicisti.

L’ingresso è ad offerta libera. Per info 349/7582655 o 320/4878109.

Caricento: Inaugurata la filiale a Pieve di Cento a quattro anni dal sisma

da: Ufficio Relazioni Esterne Cassa di Risparmio di Cento

L’agenzia della Cassa rientra nella sua storica sede in piazza a Pieve.

Pieve di Cento, 25 gennaio 2016 – E’ stata inaugurata questo pomeriggio la nuova sede della filiale di Pieve di Cento, che ristrutturata in seguito al sisma del 2012, ritorna in piazza Andrea Costa dopo quasi 4 anni.

La cerimonia di inaugurazione è avvenuta alla presenza del Consigliere Cav. Ugo Poppi, del Direttore Generale Ivan Damiano e del Sindaco di Pieve di Cento Sergio Maccagnani.

“Il territorio di riferimento in cui opera la Cassa ha subito gravi danni a causa del terremoto, ma grazie all’operosità e alla determinazione dei suoi abitanti si è ripreso velocemente. Abbiamo deciso di ritornare in piazza perché questa è la nostra sede storica, il luogo in cui siamo diventati punto di riferimento per la città, dalle istituzioni ai cittadini – ha sottolineato il Cav. Poppi – Siamo una banca solida, come dimostrano gli ultimi dati che abbiamo rilasciato, guardiamo al futuro ma continuiamo ad investire in quello che è sempre stato il nostro territorio. ”

Il Direttore Generale Ivan Damiano, ha voluto sottolineare come la riapertura di questa filiale storica, aperta dalla Cassa nel 1930, testimoni il dinamismo e la vitalità che da sempre hanno contraddistinto l’operato della Banca.

“La riapertura di questa filiale e gli ultimi dati pubblicati – continua il Direttore di Caricento – sono la prova che, nonostante il periodo economico ancora turbolento, la Cassa ha radici salde e a differenza dei grandi gruppi bancari continua ad investire nella dimensione retail. La crescita della raccolta complessiva è inoltre il risultato del forte legame che unisce Caricento alla Clientela e a tutti i suoi Azionisti che recentemente hanno superato quota 10 mila. La Cassa è una realtà ed un interlocutore affidabile, operiamo con trasparenza e chiarezza per assicurare ai Clienti le soluzioni più adeguate alle loro esigenze.”

Caricento sta completando le operazioni di chiusura dell’esercizio di bilancio 2015 e rilascerà prossimamente una comunicazione ufficiale in merito.

La raccolta complessiva di Cassa di Risparmio di Cento cresce di 250 milioni, un aumento di circa il 6% rispetto al 2014. In ottica di massima trasparenza, la Cassa ha inoltre recentemente annunciato che non emette obbligazioni subordinate da 10 anni, in quanto titoli che prersentano un rischio maggiore per l’investitore.

“Olimpiadi di Italiano” all’Istituto tecnico “G. B. Aleotti”

da: Istituto di Istruzione Superiore “G.B. Aleotti”

Qui i risultati delle “Olimpiadi di Italiano” relativi all’ I.T. “G.B.ALEOTTI” che la Commissione giudicatrice, incaricata di valutare le risposte degli studenti, ci ha appena trasmesso.

Le prove sono state elaborate e valutate da un apposito gruppo di lavoro individuato dal Miur, con la collaborazione dell’Accademia della Crusca, dell’Asli (Associazione per la Storia della Lingua italiana) e dell’Adi (Associazione degli Italianisti).

Ci complimentiamo vivamente con i ragazzi che si sono classificati ai primi posti delle loro categorie e che accederanno direttamente alla Semifinale Regionale del 19 febbraio 2016.

Ecco i risultati:

CATEGORIA JUNIOR
Caterina De Pascali (1B)
Maja Marta Krupa (1B)

CATEGORIA SENIOR
Jacopo Parisotto (4A)
Alessandro Pampolini (4A)
Alessia Zanardi (4B)

Vinta borsa di studio all’Istituto Tecnico “G. B. Aleotti”

da: Istituto di Istruzione Superiore “G.B. Aleotti”

La Commissione del concorso “La mia città di domani”, composta da rappresentanti della Fondazione Geometri Italiani, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di Ellesse Edu ed esperti di comunicazione, ha decretato la studentessa MAJA MARTA KRUPA della classe 1^B dell’Istituto Tecnico Aleotti VINCITRICE di una delle borse di studio messe in palio.

Zika virus, nessun caso in Emilia-Romagna. Attivato il sistema di sorveglianza

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Non sono state registrate infezioni nella regione e non vi è alcun segno di circolazione della malattia, trasmessa attraverso la puntura di zanzare infette.

Bologna – Nessun caso in Emilia-Romagna di infezione nell’uomo e nessun segno di circolazione del virus.
In Centro e Sud America è in corso una epidemia di Zika virus, un virus emergente trasmesso attraverso la puntura di zanzare infette del genere Aedes (principalmente Aedes aegypti, ma anche Aedes albopictus), le stesse zanzare in grado di trasmettere la Dengue e la Chikungunya.
Aedes aegypti non è presente in Italia, mentre albopictus, conosciuta anche come zanzara tigre, è molto diffusa nel nostro Paese e oggetto in Emilia-Romagna, fin dal 2007, di un intenso Piano di sorveglianza e controllo.
Il Piano di sorveglianza regionale delle malattie trasmesse da insetti, grazie all’esperienza acquisita in questi anni e al suo assetto organizzativo (forte integrazione delle professionalità mediche, veterinarie ed entomologiche), è in grado di gestire e limitare eventuali focolai di trasmissione autoctona di questo virus.

La maggior parte delle infezioni da Zika virus, fino all’80%, sono asintomatiche. Le infezioni sintomatiche sono caratterizzate da febbre, eruzioni cutanee, congiuntivite, dolori ossei e muscolari, mal di testa e malessere generale. La malattia in genere si si risolve spontaneamente dopo 4-7 giorni dall’inizio dei sintomi. Durante l’epidemia in Polinesia Francese nel 2013 e in quella in corso in Brasile, sono state però riportate potenziali complicazioni neurologiche e disturbi autoimmuni precedentemente non conosciuti.
In particolare in Brasile, è stato inoltre notato un notevole aumento dei casi di microcefalia nei neonati e sono in corso approfondimenti per confermare l’eventuale relazione fra questa patologia e l’infezione.
Non sono disponibili vaccini per la prevenzione della infezione da Zika virus.

La prevenzione e il controllo si basano essenzialmente sulla riduzione del contatto tra le zanzare e le persone. Chi ha in programma un viaggio all’estero nei Paesi in cui sono in corso queste epidemie deve osservare semplici precauzioni di base per la protezione dalle punture di zanzara: l’uso di repellenti cutanei, ma anche quelli da spruzzare sugli abiti, indossare abiti di colore chiaro quanto più coprenti possibile (camicie a maniche lunghe e pantaloni lunghi), evitare l’applicazione di profumi in quanto attraggono gli insetti.
E’, inoltre, necessario, che nei luoghi di soggiorno le porte e le finestre siano dotate di zanzariere e che queste vengano correttamente impiegate. Si ricorda che le Aedes pungono prevalentemente di giorno, le precauzioni vanno quindi prese sia nelle ore diurne sia in quelle notturne, quando altri insetti ematofagi sono attivi.
Alle donne in gravidanza che hanno in programma un viaggio in questi Paesi si consiglia, se possibile, di rimandare la partenza o comunque di porre un’attenzione ancora maggiore alle misure di protezione individuale dalle punture.

Per ulteriori informazioni si può contattare il personale sanitario che opera negli ambulatori di profilassi per viaggiatori internazionali delle Aziende Usl, in grado di fornire indicazioni e suggerimenti al riguardo.

Federazione Moda Italia chiede la Revisione degli Studi di Settore per i negozi di vicinato

da: ufficio stampa Ascom Ferrara

“Un’ azione concreta a difesa dei negozi di vicinato e tradizionali. La notizia dell’eventuale apertura in autunno dell’Outlet di Occhiobello (nel Rodigino), induce Federazione Moda Italia di Ferrara (sistema Confcommercio) a fare alcune riflessioni in merito e tra queste quella relativa all’impatto economico che potrebbe avere l’Outlet anche sul versante ferrarese. Con questa considerazione la nostra Federazione Moda Ferrara ha fatto richiesta – sull’esempio di Federazione Moda Italia – affinché vengano rivisti, ovviamente al ribasso e già a partire dall’ anno fiscale 2016, gli studi di settore per i negozi di prossimità con particolare riferimento al Tessile Abbigliamento.
Grazie infatti – precisa Giulio Felloni presidente di Federazione Moda Italia e di Ascom Confcommercio provinciale – ad un dialogo continuo tra la nostra Federazione nazionale con la Società per gli Studi di Settore (SOSE), l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto l’eccessiva concorrenzialità dei Factory Outlet Center nei confronti della distribuzione tradizionale sul territorio italiano: il tutto si è tradotto nel riconoscimento di un importante principio di giustizia fiscale e cioè un importante “differenziale” strutturale (cioè in pratica un correttivo di carattere continuativo che consente un abbattimento percentuale dei ricavi puntuali proporzionalmente commisurato alla distanza dall’Outlet) nello Studio di Settore per le aziende della Moda, Tessile, Abbigliamento e Calzature localizzate nel raggio massimo di 90 km di distanza dal punto di esistenza della grande distribuzione . Per questo abbiamo inoltrato alla nostra Federazione un’istanza in questo senso. Oltre alla nostra preoccupazione ed alla contrarietà per strutture della grande distribuzione come quella che entrerà in funzione ad Occhiobello – conclude il presidente Felloni – riteniamo sia necessario mettere in campo azioni come questa che possano portare davvero un elemento di salvaguardia per i nostri associati, senza creare facili illusioni con iniziative solo mediatiche”

Apollo Cinepark celebra la “Giornata della Memoria” con una programmazione speciale

da: ufficio stampa Apollo Cinepark

All’Apollo Cinepark, per la Giornata della Memoria, saranno diversi gli eventi in programmazione.
Mercoledì 27 gennaio infatti, le sale del cinema di vicolo del Carbone saranno animate dai ragazzi delle scuole ferraresi: in collaborazione con Agiscuola Emilia Romagna saranno proposti alle 10.00 “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin, in versione restaurata a cura di Criterion Collection con la Cineteca di Bologna, in lingua originale con sottotitoli in italiano.
La pellicola verrà quindi riproposta allo spettacolo delle 21.00 nell’ambito della rassegna de “Il Cinema Ritrovato”.
Non si può apprezzare la grandezza di Il grande dittatore se si ignora che era stato concepito un anno prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale : nell’autunno del 1938, infatti, Charlie Chaplin stava già scrivendo in gran segreto il suo primo film parlato (lo si era già sentito cantare, in Tempi moderni, ma parlare mai) e il personaggio che avrebbe interpretato era ispirato ad Adolf Hitler. Il grande dittatore, storia dello scambio di persona tra un umile barbiere ebreo e uno spietato tiranno, fu presentato a New York nell’ottobre del 1940, a conflitto già in corso e Chaplin subì da parte dai governi di mezzo mondo pressioni importanti, che però non gli fecero cambiare idea. Il regista era deciso a ‘dichiarare guerra’ al dittatore tedesco, a tutte le dittature, attraverso il grande schermo, e realizzò uno dei più grandi capolavori pacifisti del cinema mondiale.
Alle 10.30 invece comincerà “Una volta nella Vita”, di Marie Castille e Mention Schaar. Ispirato a una storia vera, il film racconta del Liceo Léon Blum di Créteil, città nella banlieue sud-est di Parigi: una scuola che è un incrocio esplosivo di etnie, confessioni religiose e conflitti sociali. Una professoressa, Anne Gueguen (Ariane Ascaride), propone alla sua classe più problematica un progetto comune: partecipare a un concorso nazionale di storia dedicato alla Resistenza e alla Deportazione. Un incontro, quello con la memoria della Shoah, che cambierà per sempre la vita degli studenti.

Mezzetti: “Sconforta vedere offesa la memoria di Falcone e Borsellino”

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

L’assessore regionale alla Legalità commenta le deturpazioni sui murales dedicati ai giudici a Carpi, nel modenese.

Bologna – “Sconforta, nei giorni in cui celebra la Memoria delle stragi naziste e il valore della pace nella legalità, apprendere che il ricordo di uomini per noi così importanti come Falcone e Borsellino sia stato sfregiato con un gesto di odio che non ha nessuna giustificazione, al di là dell’impulso che lo abbia dettato”. Così l’assessore alla Legalità della Regione Emilia-Romagna, Massimo Mezzetti, ha commentato le scritte di scherno apparse sui disegni murali a carpi, nel modenese, dedicati ai giudici uccisi dalla mafia.
“Spero che episodi come questo – ha aggiunto Mezzetti – ottengano l’effetto di mettere ancor più al centro della nostra esistenza i valori per cui questi uomini si sono sacrificati fino all’estremo, e per cui non ringrazieremo mai abbastanza la loro memoria”.

Mercoledì 27 gennaio si inaugura il “Bologna Shoah Memorial”

da: ufficio stampa Omnia Relations

Un luogo che racconta la storia e scrive il presente trasformando il ricordo in identità universale. Dall’Olocausto alla Strage di Bologna la memoria unisce la Comunità civile che diventa Testimone del Tempo. La Comunità ebraica bolognese “apre le porte” e condivide i pilastri della sua tradizione: “Ricorda”, “Osserva”, “Andare Avanti” affinché odio e ignoranza non risorgano più, in nessuna forma e contro nessuna cultura.
Peter Eisenman, autore del Memoriale di Berlino, ha scelto il progetto di quattro giovani architetti romani che considerano l’architettura lo scenario della vita.

IL MEMORIALE
Concepito durante il 70° anno dalla liberazione di Auschwitz, il Memoriale della Shoah di Bologna, nato dall’impegno congiunto della Comunità Ebraica, istituzioni e privati cittadini, si rivolge tanto al passato quanto al futuro.
Due blocchi di acciaio alti 10 metri si fronteggiano all’angolo tra via dei Carracci e il ponte di Via Matteotti convergendo l’uno verso l’altro fino a delimitare una fessura larga appena da far passare un persona. Ai lati, orbite vuote sovrastano il percorso ripetendosi in maniera ossessiva in tutte le direzioni. Rappresentano le celle dei deportati; il vuoto lasciato da chi le occupava.
Ma esiste un’altra faccia del Memoriale: una facciata liscia – dove il perimetro delle celle si indovina solo attraverso lievi sporgenze – pensato espressamente per riflettere suoni, luci e immagini.
«Su quella superficie si può continuare a ‘scrivere’ il presente – sottolinea Daniele De Paz, presidente della Comunità Ebraica di Bologna –. Coscienti del male e dell’ignoranza del passato rispondiamo, tutti assieme, con la vita, il ricordo e il dialogo, affinché la brutalità non risorga, in nessuna forma e contro nessuna cultura. Il nostro vero memoriale è un gesto antichissimo di ospitalità: aprire le porte e condividere le nostre memorie».
Il monumento, infatti, è pensato come un magnete: vuole attirare le persone, farle riflettere, discutere, pensare su quanto è accaduto nella storia: sulla Shoah e sui nomi che lo sterminio ha assunto nelle diverse lingue e culture cha ha cercato di estinguere. Ma non solo.
«L’intuizione, suggerita dal Comune, di erigerlo alla stazione ferroviaria di Bologna– dove si consumò l’attentato del 2 agosto 1980 – è la sintesi della sua natura: il ricordo».
«Ricorda, Osserva, Andare avanti sono i tre verbi chiave dell’identità ebraica – spiega De Paz –, ma sono anche valori da condividere. Sono le basi di ciò che ci unisce: la memoria, che è universale, perché appartiene a tutti ed è essa stessa identità».
Il simbolismo gioca un ruolo importante nel monumento. Non ci sono scritte – eccetto una targa con i benefattori che l’hanno reso possibile – ma è il luogo stesso a parlare: una piazza immacolata, sorta sopra la neonata stazione dell’alta velocità. «È un luogo urbano intatto, da riempire di significati. Nello stesso tempo, è un sito della memoria. Affiancare il Memoriale della Shoah alla Strage di Bologna significa offrire, a chi fa il suo ingresso ideale in città, la possibilità di ricordare entrambe. Un’identità che nasce, anche, dal ricordare di non dimenticare».
Mentre la paura, il terrorismo e l’esclusione risorgono a livello internazionale, il Memoriale di Bologna offre una visione del futuro completamente antitetica; una che Matteo Maria Zuppi, Rav Alberto Sermoneta e Shaykh Abd Al Wahid Pallavicini – rispettivamente Arcivescovo di Bologna, Rabbino Capo della Comunità Ebraica bolognese e Presidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana – inaugureranno congiuntamente il 27 gennaio 2016, durante la Giornata della Memoria.
«Il Memoriale della Shoah di Bologna è tutto racchiuso qui: uno spazio da vivere, dove incontrarsi, per stimolare continuamente confronti, esposizioni, dialoghi. Quando le generazioni passano e i superstiti si estinguono sono le Comunità civili nella loro interezza a dover divenire testimoni del tempo. Per questo vorremmo un Memoriale in ogni città d’Italia. Diffondere la cultura della memoria è un investimento per la pace e la tolleranza nel futuro».

UN PROGETTO INTERNAZIONALE A TEMPO DI RECORD: LA SHOAH MEMORIAL COMPETITION
L’idea del Memoriale nasce all’interno della Comunità ebraica di Bologna durante la giornata della Memoria 2015. L’ambizione è stata partire con un progetto preciso e circostanziato, in modo da offrire, fin dall’inizio, un’iniziativa credibile e concretizzabile. Il risultato è stata una competizione internazionale che, in pochi mesi dalla pubblicazione del bando – il primo redatto in inglese dal Comune di Bologna – ha raccolto 284 proposte da altrettanti architetti e studi di progettazione. Il 30 per cento proveniva dall’estero.
Tra i primissimi a sposare l’iniziativa l’allora Presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna Marco Cammelli. L’impegno è stato confermato e portato a termine dall’attuale Presidente, Giusella Finocchiaro. Nella stesura del bando si è rivelato fondamentale il contributo dell’Ordine degli Architetti di Bologna, mentre la stesura del progetto esecutivo e realizzazione dell’opera si devono alla bolognese Si Produzioni. A garantire la sostenibilità del progetto, il contributo finanziario della Regione Emilia-Romagna. Forte anche l’impegno internazionale, con la campagna della Comunità ebraica di Las Vegas, e in continua crescita il contributo di imprenditori e privati cittadini. Dall’intuizione iniziale all’inaugurazione, l’intera opera è stata realizzata in un anno esatto.

IL GIUDIZIO DI PETER EISENMAN
È stato Peter Eisenman, architetto che ha stilato il progetto del Memoriale di Berlino, a presiedere la commissione che ha selezionato che ha selezionato il progetto di un gruppo di architetti romani trentenni tra i 284 presentati. Già affermati nel loro campo grazie a riconoscimenti e collaborazioni internazionali, hanno deciso di partecipare, insieme, alla Memorial Competition fondando lo studio di progettazione SET Architects (Lorenzo Catena, Chiara Cucina, Onorato di Manno, Andrea Tanci). «Immaginiamo gli spazi architettonici come scenari della vita – racconta il co-fondatore Onorato di Manno – un’architettura che dialoghi in modo diretto con chi la vive attraverso l’attento rapporto con il contesto e la cultura locale con un approccio critico nei confronti dell’oggetto architettonico come fattore culturale. Appena individuato il tema e le specifiche tecniche, abbiamo cominciato a riflettere e parlare ai parenti dei deportati. Alla fine è stata la frase iniziale di Se questo è un uomo di Primo Levi a indirizzare la progettazione». I versi “Voi che vivete sicuri/ Nelle vostre tiepide case […] Considerate se questo è un uomo” hanno fatto scattare l’attenzione sulle celle dei prigionieri, al loro essere la pura negazione del concetto stesso di casa.
Le cavità cubiche che si ripetono morbose convergono sul visitatore trasmettendo il malessere che raffigurano. Anche la scelta del materiale – l’acciaio cor-ten che si corrode all’aria aperta – suggerisce l‘oppressione di ciò che rappresenta. Nei blocchi, però, la profondità spaziale assume il ruolo del tempo: sulla faccia interna ciò che è avvenuto, sulla faccia esterna, l’oggi. «Una faccia liscia – conclude Di Manno – sulla quale risaltano le linee delle celle confluendo nella consapevolezza contemporanea. Su quella faccia si scrive coscientemente, una vita diversa, opposta, alla barbarie del passato».

GUARDANDO AL FUTURO
Il Memoriale non è un punto di arrivo, ma la scintilla di un processo culturale e di vita capace di catalizzare interesse, quesiti e una continua riflessione nella città. «Per la Comunità ebraica di Bologna – conclude Daniele De Paz – è stato molto rincuorante vedere che questo processo si è attivato ben prima che il monumento venisse anche solo inaugurato. La mostra di tutti i progetti in gara – ospitata da Sala Borsa da settembre a metà ottobre con il contributo di Urban Center – e la partecipazione e l’impegno di istituzioni, aziende e privati cittadini nelle diverse iniziative, hanno svelato una Comunità civile piena di passione. Per questo il nostro obiettivo è che il Bologna Shoah Memorial diventi una Fondazione che stimoli continuamente a ricordare e imparare dai nostri tanti passati mentre ci sforziamo di costruire un futuro».

“Siamo nati per camminare”, al via la sesta edizione

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Torna la campagna regionale per promuovere e praticare la mobilità sostenibile nei percorsi casa-scuola. Per aderire, c’è tempo fino al 30 gennaio. Gli assessori Donini, Gazzolo, Petitti: “Un progetto che dà protagonismo alle comunità locali per migliorare la qualità della vita nelle nostre città”.

Bologna – C’è tempo fino al 30 gennaio per aderire a “Siamo nati per camminare” edizione 2016, la campagna regionale rivolta agli alunni delle scuole primarie dell’Emilia-Romagna e ai loro genitori, per promuovere scelte di mobilità sostenibile a partire dai percorsi casa-scuola. Il progetto educativo coinvolge direttamente le bambine e i bambini per sensibilizzare gli adulti, le istituzioni e, più in generale, l’opinione pubblica con l’obiettivo di diffondere esperienze locali già attive, come i pedibus e bicibus, quali soluzioni concrete di mobilità applicabili anche in altri contesti urbani.
“Facciamo comunità camminando”
“Facciamo comunità camminando” è il filo conduttore di questa sesta edizione, che punta sui valori delle scelte individuali e collettive di mobilità dolce come occasione per incentivare il senso di appartenenza alla comunità e per migliorare le relazioni di vicinato. Alla campagna, promossa dalla Regione con il coordinamento Ceas Centro Antartide di Bologna, possono aderire tutti i Comuni e i Centri di educazione alla sostenibilità dell’Emilia-Romagna, le Aziende sanitarie locali, le associazioni e altri soggetti che, a livello locale, promuovono attività educative con le scuole sulla mobilità sostenibile.
“Siamo nati per camminare” edizione 2015: oltre 3mila le classi coinvolte
L’edizione 2015 di “Siamo nati per camminare” – incentrata sui benefici per la salute nel muoversi a piedi – ha raccolto l’adesione di 78 Comuni, fra capoluoghi e centri minori, con la partecipazione di una trentina di enti in più rispetto al 2014. Complessivamente sono state coinvolte oltre 3mila classi in tutta l’Emilia-Romagna, raggiungendo così circa 80.000 bambini e 43mila famiglie. I numeri rispetto al 2014 sono pressoché raddoppiati.

“Il progetto può crescere ancora – affermano gli assessori regionali Donini, Gazzolo e Petitti – perché presenta soluzioni concrete e dà protagonismo alle comunità nel migliorare la qualità della vita nei territori. La Regione conferma il proprio impegno nel dare impulso ad azioni per la sostenibilità che coinvolgono attivamente le istituzioni locali e la cittadinanza, le agenzie educative, le aziende sanitarie e l’associazionismo”.
“La campagna offre strumenti per realizzare pratiche partecipate di mobilità sostenibile – continua l’assessore ai Trasporti Raffaele Donini – con vantaggi concreti in termini di sicurezza stradale e riduzione del traffico veicolare”.
“Ridurre le automobili nelle città per ridurre i livelli di inquinamento è un obiettivo condiviso con le amministrazioni locali – aggiunge l’assessore all’Ambiente Paola Gazzolo – e le opportunità di questa campagna si affiancano alle azioni previste dal Piano regionale Pair per la qualità dell’aria”.
“Gli enti locali – conclude l’assessore al Bilancio Emma Petitti – possono inoltre avvalersi delle competenze dei Centri di educazione alla sostenibilità per incentivare reti di cittadinanza attiva, verso nuovi modelli di protagonismo civico, attento al territorio e alla qualità della vita nelle comunità”.
Altre informazioni sul sito regionale Educazione alla sostenibilità www.regione.emilia-romagna.it/infeas/primo-piano/2015/nati-per-camminare-2016
Per aderire alla campagna, contattare il Centro Antartide: sara.branchini@centroantartide.it

Celebrazione del “Giorno della Memoria” a Comacchio

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Sarà una giornata ricca di appuntamenti significativi quella del 29 gennaio a Comacchio: in programma il “Giorno della Memoria 2016”, dedicato al ricordo delle vittime della Shoah. Si comincerà alle ore 9 presso il “Parco della Resistenza” di Via Garibaldi con un omaggio ai martiri della resistenza. Dopo la consegna da parte degli allievi delle scuole di Comacchio di un tricolore e dopo il relativo alzabandiera, un corona di alloro verrà deposta sul luogo dell’eccidio in ricordo del 71° anniversario della fucilazione di Giuseppe Ghirardelli, Giovanni Farinelli, Edagardo Fogli (MOVM) e Vittorio Bulgarelli.
Dalle 9:30 in poi, invece, l’appuntamento è in Sala Polivalente S. Pietro con l’incontro sul tema “Non dimenticare, l’importanza della memoria per costruire il futuro”. Interverranno il Sindaco di Comacchio, Marco Fabbri, il Presidente ANPI di Comacchio, Vincenzino Folegatti, e la Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Comacchio, Roberta Monti. L’ospite d’onore sarà, però, Cesare Moisè Finzi, scrittore ferrarese, ma soprattutto testimone diretto delle persecuzioni perpetrate nei confronti degli ebrei. Ancora bambino, infatti, Cesare Finzi visse gli anni della Shoah e dall’istituzione in Italia della “Giornata della memoria” ha deciso di impegnarsi per portare, specialmente nelle scuole, la sua testimonianza di vita. “Qualcuno si è salvato” è il titolo del libro con il quale Finzi ricostruisce, attraverso anche un’attenta documentazione storica, la propria vicenda familiare e del quale parlerà all’incontro.
Durante la giornata commemorativa, spazio, infine, anche agli allievi della Scuola Media “A. Zappata” di Comacchio. I ragazzi, infatti, sempre in Sala Polivalente, metteranno in scena lo spettacolo teatrale “Storia di Viola”.

Clicca qui per vedere la locandina.

Anbi: la Lombardia è la prima regione a prepararsi all’emergenza idrica

da: ufficio stampa A.N.B.I.

Dall’acqua dei laghi lombardi dipende Il made in Italy agroalimentare della pianura padana. Francesco vincenzi (presidente Anbi): “I consorzi hanno chiesto una cabina di regia nazionale per non mettere a rischio il made in italy agroalimentare”.

Il 60% di acqua in meno della media decennale nei grandi laghi lombardi, un manto nevoso di gran lunga inferiore a quello abituale: sono questi i dati più significativi, che indicano la gravità della situazione idrica della Lombardia, caratterizzata da una stagione autunno- invernale con alvei e fontanili carenti d’acqua, falde acquifere molto basse e terreni secchi. Di fronte a questa situazione, Regione Lombardia ha istituito un tavolo di concertazione con tutti gli enti ed i portatori d’interesse: amministrazioni provinciali, organizzazioni professionali agricole, consorzi regolatori dei laghi, A.I.Po, ANBI Lombardia, aziende idroelettriche.
In discussione ci sono temi che, stanti le attuali condizioni meteo, diventeranno di prossima attualità in numerose regioni, soprattutto nel Nord Italia: una maggiore flessibilità del Deflusso Minimo Vitale (D.M.V.), una gestione coordinata dei bacini idrici e degli invasi, un uso oculato della risorsa idrica.
Le riserve idriche in Lombardia sono costituite principalmente da cinque laghi (Lago Maggiore, Lago di Como, Lago d’Idro, Lago di Garda e Lago d’Iseo) e dalle dighe (invasi artificiali a monte dei suddetti laghi) e in parte, nella stagione primaverile/estiva, dall’apporto d’acqua di scioglimento del manto nevoso montano.
Il quadro meteoclimatico attuale vede il Nord Italia in una fase di siccità critica, che perdura ormai da diversi mesi e che comporta un costante prosciugamento delle riserve idriche.
Tutti i laghi lombardi, il cui apporto idrico è determinante per l’intera Pianura Padana, si trovano in forte deficit idrico, registrando una disponibilità d’acqua inferiore del 50% rispetto alla media annua di riferimento.
Tale carenza idrica lacustre è dovuta principalmente allo scarso afflusso di acqua dai fiumi immissari, le cui portate sono prive di significativi apporti d’acqua piovana. Essa viene inoltre acuita dall’aumento dei prelievi di acqua a monte per il riempimento degli invasi artificiali a fini idroelettrici: a scopo preventivo, infatti, gli enti gestori degli impianti idroelettrici stanno aumentando le riserve d’acqua nel caso, in cui la situazione meteoclimatica perduri a lungo e non vi siano altri apporti idrici disponibili. A tal proposito si registra un aumento del 38% del volume d’acqua presente negli invasi del bacino dell’Adda rispetto alla media annua di riferimento (media del periodo 2006-2014) e del 12,4% per il bacino dell’Oglio.
Altra situazione critica che contribuisce a peggiorare lo scenario delle disponibilità idriche primaverili/estive è la scarsa copertura nevosa, che si registra su Alpi e Prealpi. Il contributo idrico di questa poca neve sarà in primavera assai modesto, tanto che l’indice SWE (Snow Water Equivalent), che definisce la quantità di acqua, che si otterrebbe, sciogliendo gli accumuli nevosi presenti, assume valori praticamente nulli su tutto il territorio lombardo.
“A fronte di quanto sta già registrandosi, non posso esimermi da esprimere preoccupazione per la situazione, che si sta delineando – conclude Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (ANBI) – E’ quindi quantomai opportuno ribadire la richiesta di una Cabina di Regia nazionale che per tempo vada a prevenire una situazione di carenza idrica in grado di mettere a rischio il territorio tutto ed in particolare il Made in Italy agroalimentare.”

Sisma. Ricostruzione imprese: martedì 26 gennaio a Bologna 10° “Liquidation Day” tutto dedicato all’agricoltura

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Una giornata di incontri tra la struttura tecnica del Commissario, professionisti e aziende per la ricostruzione dell’imprese agricole. L’assessore regionale Palma Costi: “Un modo trovare le soluzioni ai problemi più frequenti: l’obiettivo è quello di corrispondere, nel più breve tempo possibile, le risorse a chi ne ha diritto”.

Bologna – Una giornata dedicata a facilitare la liquidazione dei contributi alle imprese agricole colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. L’appuntamento con il 10^ ‘Liquidation day’ è fissato per martedì 26 gennaio 2016 dalle ore 10,30 alle ore 16.30, a Bologna presso la “Poggioli” della Terza Torre della Regione (viale della Fiera 8).
«Questo 10^ appuntamento – sottolinea l’assessore regionale alle Attività produttive con delega alla ricostruzione post sisma Palma Costi – tutto dedicato alla ricostruzione delle imprese agricole, punta a facilitare il dialogo tra la struttura tecnica del Commissario, Ordini professionali e imprese soprattutto nella presentazione della fatturazione al momento della effettiva liquidazione risolvendo le principali problematiche riscontrate. Il nostro obiettivo rimane quello di corrispondere, nel più breve tempo possibile, le risorse della ricostruzione a chi ne ha diritto. I contributi, non bisogna mai dimenticare, sono risorse pubbliche che, seguendo procedure di tipo pubblico, richiedono nelle liquidazioni l’utilizzo di meccanismi e controlli specifici la cui conoscenza può far guadagnare tempo».
L’iniziativa – dove il team Sfinge farà brevi colloqui one to one sulle singole pratiche – è organizzata dalla Struttura tecnica Commissariale, Regione, Anci Emilia-Romagna e i Comuni area sisma, in collaborazione con Ordini e Collegi professionali presenti al tavolo tecnico della ricostruzione post sisma 2012.

Fondi europei in agricoltura, Caselli: i controlli di Agrea non hanno evidenziato problemi legati a possibili infiltrazioni mafiose

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

L’assessore regionale all’agricoltura risponde al consigliere Rainieri.

Bologna – “Agrea quale organismo pagatore dell’Emilia-Romagna provvede all’erogazione di fondi comunitari in agricoltura. Tali fondi sono erogati previa esecuzione di controlli amministrativi e in azienda tra cui le previste verifiche antimafia per le richieste di aiuto superiori ai 150 mila euro. Questi controlli sono condotti direttamente da Agrea che non si avvale dei servizi di Agecontrol. Ad oggi non si sono mai evidenziati specifici problemi legati a possibili infiltrazioni mafiose, ma solo tassi di irregolarità effetto di inadempienze fisiologiche da parte delle aziende agricole”. E’ quanto precisa l’assessore regionale all’agricoltura Simona Caselli in risposta all’interrogazione del consigliere regionale Fabio Rainieri sull’utilizzo dei fondi europei per il settore agricolo.

“Chi li ha visti?”, indagine sulla nuova vita dei rifiuti

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Parte la nuova edizione della campagna di comunicazione. I dati sul tasso di riciclaggio. L’assessore Gazzolo: “Risultati positivi ma si può raggiungere una maggiore efficacia”.

Bologna – Cosa accade ai rifiuti dopo che i cittadini li avviano alla raccolta differenziata? Vengono recuperati? E cosa diventano? Per rispondere a questi interrogativi parte la quarta edizione della campagna “Chi li ha visti? Indagine sulla nuova vita dei rifiuti” che ricostruisce e divulga il percorso dei rifiuti differenziati, dal momento della raccolta agli impianti di recupero.
Obiettivo della campagna, realizzata dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione con Arpae, Atersir e il sostegno di Conai, è dimostrare che la raccolta differenziata, soprattutto se fatta con cura, garantisce ai rifiuti una nuova vita in coerenza col progetto dell’Emilia Romagna che punta a ridurre la produzione dei rifiuti, raccogliere in modo differenziato tutti i materiali riciclabili, creare un sistema circolare senza scarti così da trasformare i rifiuti in risorsa.

I dati presentati dalla pubblicazione sono stati forniti da Comuni, gestori del servizio di raccolta, gestori degli impianti, sono stati elaborati dall’Agenzia per la prevenzione, l´ambiente e l´energia dell´Emilia-Romagna (Arpaer), confrontati e integrati con quelli forniti dai vari Consorzi di filiera appartenenti al sistema Conai (Consorzio nazionale imballaggi) e dal Consorzio italiano compostatori.
Novità di questa edizione è l’evidenza data al tasso di riciclaggio dei rifiuti, vale a dire il rapporto tra i rifiuti prodotti e quelli avviati a recupero: nel 2014 il tasso di riciclaggio è stato del 51%. Obiettivo della Regione Emilia Romagna e di arrivare al 70% entro il 2020. Altri dati interessanti riguardano la percentuale di raccolta differenziata pari al 58,2% nel 2014 (obiettivo 2020 è del 73%), la produzione totale di rifiuti (657 kg per abitante nel 2014, dovrà diminuire del 20-25% entro il 2020).

“I risultati ottenuti in termini di riciclaggio dei rifiuti urbani sono già molto positivi – commenta l’assessore all’Ambiente Paola Gazzolo – e in linea con gli obiettivi europei, ma ancora tanti dei rifiuti che gettiamo nell’indifferenziato sarebbero recuperabili se correttamente separati con la raccolta differenziata”.

Da sottolineare come la cessione ai Consorzi di filiera dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, generi ogni anno un valore economico che sostiene i Comuni partecipando alla copertura dei costi di gestione delle raccolte e come tutto ciò sia finalizzato a dare nuova vita a rifiuti. Dal riciclo degli imballaggi di plastica, per fare alcuni esempi, nascono indumenti di pile, imbottiture, isolanti, giochi; dal riciclo dell’acciaio nascono nuovi secchi, carrelli per la spesa, travi e tondini per cemento armato. Dall’umido e dal verde nasce ottimo compost, dalla carta mobili, giornali, libri, materiali per l’edilizia, dall’alluminio nuove caffettiere e utensili da cucina, telai di biciclette, dal vetro nuove bottiglie, vasi, bicchieri.

Gli opuscoli della campagna “Chi li ha visti?” sono distribuiti a Comuni e Centri di educazione ambientale e possono essere scaricati all’indirizzo: http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/rifiuti
Per chi fosse interessato a divulgare i temi trattatati dalla campagna a breve sarà inoltre disponibile una mostra gratuita e un video. Per ulteriori informazioni ed eventuali prenotazioni è possibile contattare il Servizio regionale rifiuti (tel. 051.527.6078-6822, e-mail servrifiuti@regione.emilia-romagna.it).

Dopo Expo, più innovazione e internazionalizzazione per l’agroalimentare dell’Emilia-Romagna

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

A Bologna un convegno fa il punto sull’eredità dell’Esposizione milanese. Bonaccini: la direttrice di marcia è questa e va perseguita con velocità. A fine 2016 a bando 1 miliardo di fondi europei. Caselli: un’azione di sistema per essere più forti.

Bologna – “Qualità, innovazione, internazionalizzazione. La direttrice di marcia è questa e va perseguita velocemente, insieme al Governo e alle imprese. A partire dall’agroalimentare, che è la seconda voce del nostro export. A fine 2016 saranno già emessi bandi per circa 1 miliardo di euro (dei complessivi 2,5 miliardi di fondi europei a disposizione da qui al 2020), perché vogliamo agire con velocità, per superare definitivamente la crisi e creare posti di lavoro, a partire dall’agricoltura, un settore il cui valore aggiunto nel 2015 è cresciuto del 3%”.
Lo ha detto il presidente della Regione Stefano Bonaccini, aprendo questa mattina a Bologna i lavori del convegno “L’eredità di Expo per l’agricoltura dell’Emilia-Romagna”. Bonaccini nei prossimi giorni sarà, come presidente della Conferenza delle Regioni, in Kazakhstan nell’ambito di una missione istituzionale del Governo italiano, in vista dell’ appuntamento di Expo 2017 nel Paese asiatico.
A Milano l’Emilia-Romagna e il suo sistema agroalimentare sono stati tra i protagonisti. Il convegno bolognese, che ha chiamato a raccolta il mondo dell’agricoltura e dell’agroalimentare emiliano-romagnolo , è servito per fare il punto su progetti e strategie. Con un obiettivo: valorizzare al meglio l’esperienza dell’Esposizione milanese, per sostenere la propensione all’export e all’innovazione del sistema produttivo emiliano-romagnolo.
Un impegno questo che è stato ribadito anche dal ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina in un intervento video. Tra i temi su cui il Governo è impegnato – ha spiegato il Martina– l’internazionalizzazione, forte di un export che nel 2015 ha superato i 36 miliardi di euro, il ricambio generazionale in agricoltura e la questione organizzativa con la nascita del Ministero dell’ agroalimentare. “Credo che la collaborazione tra Regione Emilia-Romagna e Governo sia cruciale – ha detto Martina – e ci sono le condizioni per attuarla”.
Nel mondo il made in Emilia-Romagna è sinonimo di qualità dei prodotti, attenzione all’ambiente, sicurezza alimentare, distintività. Con una filiera agroalimentare che da sola vale circa il 20% del totale nazionale, l’Emilia-Romagna è prima in Europa per prodotti Dop e Igp (42 con il recente ingresso del Pampapato ferrarese). Le prime quattro indicazioni geografiche emiliano-romagnole (Parmigiano Reggiano Dop, Prosciutto di Parma Dop, Aceto balsamico Igp e Mortadella Bologna Igp) rappresentano oltre il 40% del valore complessivo nazionale. Elevata la propensione all’export con un valore di 5,5 miliardi di euro.

L’impegno della Regione
“A fronte di una domanda interna sostanzialmente stabile, la nostra prospettiva è sui mercati esteri e qui il potenziale è enorme – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura Simona Caselli nella sua relazione introduttiva – a fronte di un buon andamento dell’export complessivo, sono però ancora tante le aziende che non vanno all’estero. Al mondo produttivo chiediamo di condividere una strategia comune, perché se ci muoviamo come sistema, all’interno di una prospettiva nazionale, saremo più forti.” Caselli ha sottolineato l’impegno della Regione, sia intensificando l’attività di “diplomazia agroalimentare” e le relazioni istituzionali; che spingendo forte sull’innovazione, un settore per il quale sono a disposizione, da qui al 2020, 50 milioni di euro grazie al Psr. Destinatari i Goi, ovvero i Gruppi operativi per l’innovazione, inedite alleanza tra mondo della ricerca e aziende agricole. Oltre12,6 milioni di euro sono già stati stanziati e il termine per presentare le domande scade il 31 marzo.
Tra i settori su cui Caselli ha rivendicato l’impegno della Regione il sostegno all’identità del territorio e dei suoi prodotti e dunque “il presidio della reputazione che è ciò che ci precede quando affrontiamo un nuovo Paese”.
Per quanto riguarda il sostegno più diretto all’export, oltre alle risorse del Psr per la promozione sui mercati europei e le nuove strategie di commercializzazione, anche con un approccio di filiera, ci sono per il 2016 17 milioni di euro destinati all’internazionalizzazione, anche del settore agroalimentare. Come ha spiegato l’assessore regionale alle attività produttive Palma Costi verranno finanziati bandi di promozione dell’export, sia sui mercati europei che extraeuropei, anche per piccole e medie imprese non esportatrici oltre che consorzi export e partecipazioni fieristiche. “C’è un bacino di 20 mila imprese che solo occasionalmente esportano”, ha spiegato Costi ed è lì che deve concentrarsi l’azione della Regione.
Il supporto della Regione passa anche attraverso la fornitura di servizi, quale quelli di Ervet (scouting, analisi Paese, ricerca finanziamenti e progettazione interventi) e del servizio Fitosanitario per il superamento di quelle barriere non economiche che rappresentano uno dei principali ostacoli per la penetrazione dei prodotti agroalimentari sui mercati extraeuropei.
Dall’Europa è in arrivo il “Pacchetto promozione” che metterà a disposizione 200 milioni di euro all’anno. Lo ha ricordato l’europarlamentare Paolo de Castro, che ha sottolineato la necessità di un maggior impegno come sistema Paese sul fronte degli accordi internazionali, a partire dalla tutela delle indicazioni geografiche nel TTP, il trattato di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione Europea.
Tra le attività di sostegno all’export, su cui si è soffermato il presidente di Unioncamere Maurizio Torreggiani, il programma Deliziando in collaborazione con la Regione. Usa, Canada, Cina, Hong Kong, oltre all’Europa le aree verso cui si concentrerà nel 2016 l’attività di incoming, formazione e promozione, oltre alle missioni e alla partecipazione a fiere internazionali di settore a New York e a Parigi. Nel 2015 l’attività di Deliziando ha coinvolto 128 aziende, 46 buyer esteri e si è tradotta in 534 incontri b2b.
Il convegno, è stata anche l’occasione per promuovere un confronto diretto con il mondo delle imprese e del no profit. A portare la loro esperienza diretta sui mercati esteri Luigi Scordamaglia (Inalca), Maurizio Gardini (Conserve Italia), Gianpiero Calzolari (Granarolo), Sara Roversi (Future food institute), Tommaso Lo Russo ( Romagna Coop food), Stanislao Fabbrino (Mulino alimentare) Giovanni Beccari (Cefa), Lucio Cavazzoni (Alce Nero).
“Quella di Expo è stata una sfida vinta – ha detto il segretario generale di Padiglione Italia Fabrizio Grillo chiudendo i lavori – ora bisogna insistere puntando su ricerca, tecnologia, educazione e valorizzazione delle tradizioni alimentari del nostro Paese”.

Gualmini: “Il reddito di solidarietà verrà deciso con tutti i soggetti interessati”

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

L’assessore al Welfare replica alle critiche della Uil Emilia-Romagna: “Discuteremo insieme i destinatari, il modello organizzativo, l’entità dell’indennità e le politiche attive di reinclusione”.

Bologna – “Non capisco dove Zignani abbia letto che non faremo concertazione. Siamo ancora all’inizio e non possiamo partire con gli incontri e il confronto finchè non conosceremo l’entità dei contributi nazionali e la natura del protocollo tra Governo e Regione Emilia-Romagna”. Così l’assessore al Welfare e vicepresidente della Giunta regionale, Elisabetta Gualmini, risponde alle critiche del segretario regionale della Uil Emilia-Romagna Giuliano Zignani sul reddito di solidarietà.

“Sarebbe assurdo convocare i tavoli senza informazioni precise, non sarebbe rispettoso. Inoltre, con ogni probabilità – prosegue Gualmini – la legge regionale sarà d’iniziativa dell’Assemblea e non della Giunta, quindi il confronto sarà condotto insieme alle forze politiche. Ma, ribadisco con forza – conclude – è mia assoluta intenzione decidere i destinatari, il modello organizzativo, l’entità dell’indennità, nonchè le politiche attive di reinclusione con i sindacati e con gli altri soggetti interessati”.

A lezione di sicurezza stradale: il progetto “Young & Road” arriva in Emilia-Romagna

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Dopo Ferrara e Forlì, la tappa finale a Bologna giovedì 28 gennaio nella sede della Regione. Presenti l’assessore Donini, il presidente dell’Osservatorio per la sicurezza stradale Sorbi e gli alunni di alcuni istituti superiori. E un truck speciale che si trasformerà in un palco attrezzato.

Bologna – Dopo le tappe di Ferrara e Forlì, si concluderà a Bologna, nella sede della Regione Emilia-Romagna, il progetto “Young & Road”, giro d’Italia della sicurezza stradale a bordo di un truck lungo 24 metri. Finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale, “Young & Road”, che ha coinvolto enti locali, istituti scolastici, forze dell’ordine e associazioni, ha un obiettivo preciso: contribuire alla trasformazione dei comportamenti errati che rappresentano la prima causa degli incidenti stradali, aumentare la percezione del rischio e la consapevolezza delle norme. Tutto questo per ridurre il numero dei sinistri, dei feriti, dei feriti gravi e delle vittime. Tre gli appuntamenti in Emilia-Romagna: domani, martedì 26 gennaio, a Ferrara, all’Istituto tecnico “Copernico – Carpeggiani” (via Pontegradella 25), a partire dalle 11; mercoledì 27 a Forlì, all’Istituto tecnico aereonautico “Francesco Baracca” (via Montaspro 94), alle 11.15; a Bologna, infine, giovedì 28 gennaio alle 11, in piazzale Aldo Moro, di fronte alla sede dell’Assemblea legislativa. Saranno presenti alunni di alcuni istituti superiori della città.
“Questo progetto, a cui abbiamo aderito, è una delle tante iniziative con cui la Regione Emilia-Romagna vuole contribuire a rafforzare l’educazione stradale e la preparazione degli utenti della strada, per arrivare all’obiettivo europeo fissato per il 2020, e cioè il dimezzamento delle vittime rispetto al 2010” ha sottolineato l’assessore alle Infrastrutture e Trasporti Raffaele Donini. “Parallelamente, lavoriamo per mettere in sicurezza la rete viaria: il nostro impegno quindi è su due fronti, a livello di infrastrutture ma anche di cultura, di comportamento”.
Mauro Sorbi, presidente dell’Osservatorio per l’educazione alla sicurezza stradale della Regione, ha posto l’accento “sull’importanza anche dell’aspetto ludico, legato all’utilizzo del mezzo, per suscitare un interesse che possa trasformarsi in consapevolezza e responsabilità, soprattutto da parte dei neo-patentati”.
A bordo del truck, che si trasforma in un palco attrezzato, sono presenti un simulatore di ribaltamento auto, un simulatore d’impatto e un maxischermo, che mostra al pubblico gli effetti di un impatto frontale e come una guida scorretta possa portare al ribaltamento di un veicolo. Attraverso la presentazione multimediale “Katedromos”, con musiche, filmati di crash test e spiegazioni, viene illustrato al pubblico il funzionamento degli airbag, dei sistemi di sicurezza, e sottolineata l’importanza dei seggiolini per i bambini. Con dimostrazioni pratiche vengono toccati, inoltre, i temi della legalità e dell’attività svolta dalle forze dell’ordine. In modo chiaro e semplice, viene ribadita l’importanza di mantenere sempre comportamenti responsabili, rispettando le norme previste dal Codice della strada sul divieto di alcool e droghe, sull’utilizzo del casco, sugli effetti della velocità. “Young & Road” punta, in sintesi, a un incremento del 60% del livello di conoscenza e competenza acquisito dai giovani beneficiari del progetto, a un aumento del 30% del livello di consapevolezza dei partecipanti, e a un più 20% del grado di percezione del rischio sulla strada da parte dei giovani coinvolti a 12 mesi dalla fine del progetto.