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Giorno: 14 Aprile 2014

Anselmi: venerdì 18 appuntamento a Ferrara con l’eurodeputata Elisabetta Gardini

da: ufficio stampa Comitato Elettorale Vittorio Anselmi, Candidato Sindaco di Ferrara

Venerdì 18 aprile sarà a Ferrara l’eurodeputata di Forza Italia Elisabetta Gardini, in corsa per il Parlamento Europeo nella circoscrizione del Nordest.
Dopo vari alcuni incontri in programma con rappresentanti istituzionali e imprenditori della nostra provincia, Elisabetta Gardini parteciperà a una cena presso l’Hotel Duchessa Isabella di Ferrara, insieme al candidato sindaco di Ferrara Vittorio Anselmi e ai candidati azzurri degli altri comuni in cui si vota.
Nell’occasione saranno inoltre presentati i 32 candidati di Forza Italia per il consiglio comunale di Ferrara.
L’appuntamento, fissato per le ore 20.30, è aperto a iscritti e simpatizzanti, il costo della cena è di euro 15.
Chi volesse partecipare può prenotare direttamente presso l’Hotel Duchessa Isabella (via Palestro 70, Ferrara), al numero 0532 202121.
Comitato Elettorale
Vittorio Anselmi – Candidato Sindaco di Ferrara Via Borgo Leoni, 48 – Ferrara anselmixferrara@gmail.com
Ufficio stampa LR Comunicazione tel: 348 7267510 email: info@lrcomunicazione.it

Primavera Slow 2014

da: Consorzio Visit Ferrara

Fino al 22 giugno si risveglia la natura di Comacchio e del Parco del Delta del Po in una miriade di eventi, escursioni, pedalate open air e birdwatching. Avventure con il consorzio Visit Ferrara.

Niente fretta. La natura si risveglia e si vive passo dopo passo gustandone sapori, odori, percezioni e colori di Comacchio e del Parco del Delta del Po, dove per 13 settimane, dal 21 marzo al 22 giugno 2014, la Primavera è Slow. La grande manifestazione che invita ad esplorare il mondo naturale della Provincia di Ferrara tra specchi d’acqua, lagune e foreste, castelli e palazzi antichi, uccelli acquatici di varie specie, seguendo in un gioco di escursioni e pedalate open air le ramificazioni del grande fiume fino all’Adriatico, quest’anno è ancora più ricca di eventi, da sperimentare grazie alle proposte del consorzio Visit Ferrara (che tiene uniti gli operatori turistici del territorio ferrarese). Dalla città estense fino alle valli di Comacchio, dal bosco della Mesola fino a Ravenna, si può scegliere tra percorsi enogastronomici, laboratori per bimbi, turismo sportivo e passeggiate notturne.
Gli amanti del mondo naturale e della fotografia non possono rinunciare alla VII Fiera Internazionale del Birdwatching e del Turismo naturalistico a Comacchio dal 1° al 4 maggio. Una miriade di stand dedicati all’universo fotografico, editoria specializzata, ottica, biodiversità e slow tourism sono a disposizione dei visitatori che potranno partecipare ad incontri ed escursioni pensate ad hoc, e partire alla scoperta di fenicotteri rosa e aironi. Novità di quest’anno è anche il padiglione Green Jobs sulle professioni verdi e le opportunità della green economy, oltre al padiglione Birdwilde con le destinazioni europee più interessanti per praticare birdwatching. Tra le altre numerose iniziative il 2 giugno c’è Slowemotion, visite guidate e tante escursioni nel Parco, a cura dell’Unione Appennino e Verde. Tutto il programma è su www.primaveraslow.it .

Respirare la natura all’alba.
La proposta del consorzio Visit Ferrara di 5 giorni e 4 notti comprende soggiorno con trattamento b&b, un’escursione naturalistica all’alba con partenza da Gorino, un’altra avventura tra gli specchi d’acqua di Valle Campo su una tradizionale imbarcazione, e un viaggio in motonave sulle valli di Comacchio al tramonto con cena a bordo a base di pesce. È incluso l’ingresso al villaggio espositivo con tutti gli eventi in programma. Prezzo da 275 euro a persona. Chi preferisce fermarsi solo 2 notti, è possibile aderire alla stessa offerta che comprende però soggiorno e l’escursione all’alba da Gorino, oltre alle iniziative della Fiera. Prezzo da 135 euro a testa.

Weekend nel Parco e tra sapori tipici.
Durante il weekend, il consorzio Visit Ferrara invita ad esplorare gli aspetti più insoliti del Parco del Delta del Po con il pacchetto di 2 giorni e una notte compreso di colazione a buffet in struttura selezionata all’interno del Parco, cena con bevande incluse, pranzo di pesce in locale tipico o agriturismo, a partire da 93 euro a persona.
La proposta di 3 giorni e 2 notti include invece, oltre al pernottamento, colazione e hotel nel Parco, una cena tipica ferrarese in agriturismo e un’altra di pesce. Prezzo da 140 euro. Il programma si può modificare anche in base alle esigenze dei visitatori e ci sono quote speciali per i gruppi.

Case vacanze e Camper.
Per chi preferisce la libertà della casa vacanza, ci sono le proposte del consorzio Visit Ferrara nel Lido degli Scacchi (Comacchio), valide dall’11 al 13 aprile, dal 9 all’11, dal 16 al 18 e dal 22 al 25 maggio e dal 6 all’8 giugno. Le case vacanze hanno i nomi dei grandi artisti del Rinascimento. L’offerta comprende anche il posto auto, biancheria, wi-fi, barbecue e aria condizionata-riscaldamento. Per un bungalow per massimo 4 persone, il prezzo del pacchetto è da 71 euro, bungalow fino a 5 persone da 81 euro, fino a 6 ospiti da 121 euro, bungalow Suite che può ospitare fino a 5 persone da 151 euro. Supplemento di 11 euro per 2 notti per visitatori extra.
Dal 12 aprile al 30 maggio, speciale camper da 17 euro a notte per 4 persone, con arrivo il venerdì per tutto il weekend. È compresa piazzola di sosta, energia elettrica, camper service, wi-fi e docce calde.

Comune di Ferrara, tutti i comunicati del 14 aprile

da: ufficio stampa Comune di Ferrara

La newsletter del 14 aprile 2014

BIBLIOTECA ARIOSTEA – ‘Istruzione e democrazia’: incontro martedì 15 aprile alle 17
La sfida di Morin: l’educazione come strumento fondamentale per il futuro
14-04-2014

Sarà dedicato a Edgar Morin, e alle sue idee sulla riforma dell’insegnamento e la riforma del pensiero, il nuovo appuntamento, martedì 15 aprile alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea, con il ciclo di incontri ‘Viaggio nella comunità dei saperi – Istruzione e democrazia’ a cura dell’Istituto Gramsci e dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara. Ad approfondire il tema sarà Antonella Cagnolati, dell’Università degli Studi di Foggia, con introduzione di Anna Quarzi.

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
Filosofo e sociologo francese, Edgar Morin (Parigi, 8 luglio 1921) ha affermato la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori a un pensiero della complessità. Secondo Morin, una “testa ben fatta”, mettendo fine alla separazione tra le due culture, quella umanistica e quella scientifica, consentirebbe di rispondere alle formidabili sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale. E’ necessario raccogliere queste sfide attraverso la riforma dell’insegnamento e la riforma del pensiero: “E’ la riforma di pensiero che consentirebbe il pieno impiego dell’intelligenza per rispondere a queste sfide e che permetterebbe il legame delle due culture disgiunte”.

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ASSESSORATO ALL’IMMIGRAZIONE – Rivolto ad associazioni, enti e organizzazioni che promuovono l’integrazione scade il 24 maggio
Pubblicato l’avviso pubblico di selezione per la costituzione del Consiglio delle Comunità straniere
14-04-2014

Resta in carica per tre anni ed è composto da un rappresentante (o due, se di sesso diverso) di ogni associazione, ente e organizzazione ammessi a farne parte sulla base di un Avviso pubblico di selezione bandito dal Comune di Ferrara e che resterà aperto fino al 24 maggio. E’ questa la nuova formulazione, in vigore dallo scorso anno in seguito alla modifica apportata al Regolamento applicativo, che caratterizzerà d‘ora in poi l’attività del Consiglio delle Comunità straniere, organismo previsto dallo Statuto del Comune di Ferrara con il compito di favorire l’incontro, la conoscenza reciproca, la partecipazione e il dialogo tra portatori di differenti culture.
Il percorso intrapreso fin dal 2006 dal Consiglio delle Comunità Straniere, le diverse modalità utilizzate per la sua formazione (l’elezione dei rappresentanti avveniva originariamente in forma diretta) e le peculiarità dell’Avviso pubblico per la selezione di referenti di associazioni, enti e organizzazioni ai fini della sua costituzione, sono stati illustrati questa mattina nel corso di una conferenza stampa in Municipio dall’assessora comunale alla Sanità/Servizi alla persona/Immigrazione e da Elisa Bratti del Centro Servizi integrati per l’immigrazione (di via Copparo 142) e alla presenza di diversi rappresentanti dell’associazionismo di riferimento.

Alla formazione del nuovo Consiglio delle Comunità straniere – è stato ricordato in conferenza stampa – possono partecipare tutte le associazioni di e per stranieri, gli enti e le organizzazioni che prevedano tra gli obiettivi fondanti del proprio statuto o atto costitutivo la promozione dell’integrazione e dell’inclusione sociale, la lotta alla discriminazione, la promozione del dialogo e del confronto tra culture diverse, la diffusione della cultura della tolleranza e la promozione di una città multietnica e interculturale. I rappresentanti indicati da enti o associazioni dovranno provenire da un Paese straniero, avere compiuto 18 anni, ed essere in possesso di un titolo di soggiorno valido, non avere riportato condanne penali e non avere a proprio carico un decreto di espulsione. Tra i compiti specifici del Consiglio delle Comunità straniere rientrano in particolare quelli di fornire “ai cittadini e alle cittadine di diversa provenienza etnica e soggiornanti nel territorio comunale un’istanza per il dibattito, la partecipazione e la formulazione di proposte sui temi della vita pubblica locale che li riguardano più da vicino”. Per il perseguimento di queste finalità potrà esercitare funzioni consultive e propositive nei confronti del Consiglio e della Giunta comunali, attraverso la partecipazione dei propri rappresentanti alle loro attività per le materie di proprio interesse. La carica di Presidente del Consiglio delle Comunità straniere è affidata all’assessore alla Sanità, Servizi alla Persona e Immigrazione del Comune di Ferrara, mentre quella di vicepresidente è affidata a un rappresentante delle diverse provenienze etniche.
“Il Consiglio delle Comunità straniere – ha affermato Elisa Bratti del CSI/Centro servizi integrati per l’immigrazione – ha rinnovato il suo ordinamento per rendere più completa ed efficace l’azione intrapresa già da anni. Dal 2006 ad oggi il numero di stranieri presenti nella nostra città infatti è più che raddoppiato fino a rappresentare il 10% della popolazione, e di questo dobbiamo tenere conto. Il nuovo strumento di dialogo nasce con l’obbiettivo primario di avvicinare le tematiche che colpiscono principalmente gli stranieri con la possibilità così di inserirle nelle priorità comunali. Questa volta però i rappresentanti delle comunità non saranno eletti direttamente bensì dalle singole associazioni di settore che sceglieranno da chi farsi rappresentare.”

LA SCHEDA (a cura dell’assessorato competente) – Con Determina dirigenziale n. 531, esecutiva dal 18/03/2014 (PG 23949/2014) è stato approvato l’avviso pubblico di selezione di referenti di associazioni, Enti ed organizzazioni ai fini della costituzione del Consiglio delle comunità straniere.
L’Amministrazione comunale ha deciso questa modifica dell’impianto precedente alla luce della consapevolezza di un’importanza sempre maggiore delle tematiche legate alla partecipazione dei cittadini stranieri nella definizione delle politiche pubbliche come elemento fondamentale per un effettivo processo di inclusione sociale.
Potranno presentare domanda di candidatura tutte le Associazioni di e per stranieri, Enti e Organizzazioni che prevedano tra gli obiettivi fondanti del proprio statuto e/o atto costitutivo la promozione dell’integrazione e dell’inclusione sociale, la lotta alla discriminazione, la promozione del dialogo e del confronto tra culture diverse come arricchimento reciproco e la diffusione della cultura della tolleranza e la promozione di una città multietnica e interculturale.
Il Consiglio sarà composto da un rappresentante per ogni Associazione/Ente od Organizzazione. È ammessa la partecipazione con diritto di voto ad un secondo consigliere se di sesso diverso.
DOVE
La documentazione dovrà pervenire presso il protocollo dell’Assessorato alla Salute e politiche socio-sanitarie via Boccacanale di Santo Stefano 14/e 44121 Ferrara
La documentazione dovrà essere consegnata a mano ovvero tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.

Vedi in allegato il testo integrale dell’avviso e la modulistica necessaria e il Regolamento che disciplina l’istituzione e il funzionamento del Consiglio delle comunità straniere, pubblicato sul

sito del Comune di Ferrara.

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AGGIORNAMENTO LAVORI PUBBLICI – Conclusa la riasfaltatura dei viali Belvedere e Orlando Furioso
Nuova pavimentazione in piazzale Partigiani d’Italia e via Tumiati
14-04-2014

Si sono conclusi lo scorso venerdì 11 aprile i lavori di riasfaltatura dei viali Belvedere e Orlando Furioso e le strade sono state regolarmente riaperte al traffico.
Attualmente sono in corso i lavori di riasfaltatura di piazzale Partigiani d’Italia e di via Tumiati da concludersi, salvo avverse condizioni meteo, entro la settimana in corso. I lavori vengono eseguiti senza chiusura al transito delle carreggiate.

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PALAZZO DIAMANTI – Visite fino alle 23 a partire dal weekend di Pasqua
Tra aprile e giugno tante aperture serali straordinarie per la mostra dedicata a Matisse
14-04-2014

(Comunicato a cura della Fondazione Ferrara Arte)
La Fondazione Ferrara Arte, visto il successo che sta riscuotendo la mostra ‘Matisse, la figura’ allestita a Palazzo dei Diamanti fino al 15 giugno, ha deciso di offrire ai ferraresi e ai turisti presenti nella nostra città in occasione delle prossime festività un ricco calendario di aperture serali straordinarie.
Si potrà visitare la rassegna fino alle 23 (con chiusura della biglietteria alle 22.30) già a partire dal weekend di Pasqua: venerdì 18, sabato 19 e domenica 20 aprile.
L’iniziativa si ripeterà venerdì 25, sabato 26 aprile, giovedì 1 maggio e ancora tutti i venerdì e i sabati di maggio, oltre a domenica 1 giugno e tutti i giorni dal 5 al 15 giugno.
Per il calendario completo delle aperture consultare www.palazzodiamanti.it o le pagine Facebook e Twitter dedicate (per informazioni: 0532 244949).

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1.a COMMISSIONE CONSILIARE – Mercoledì 16 aprile alle 15,30 in sala Zanotti
Esame delibere di determinazione aliquote IUC-IMU e istituzione imposta TASI
14-04-2014

La 1.a Commissione consiliare – presieduta dalla consigliera Francesca Cavicchi – si riunirà mercoledì 16 aprile alle 15,30 nella sala Zanotti della residenza Municipale. Queste le delibere che saranno poste all’attenzione dei consiglieri e illustrate dall’Assessore al Bilancio e partecipazioni: “Aliquote imposta municipale propria (IUC-IMU) anno 2014”; “Determinazione dei valori venali per le aree fabbricabili ai fini IMU”; “Istituzione imposta TASI e determinazione aliquote imposta anno 2014”; “Approvazione Regolamento TASI”; “IUC-TARI – Adozione provvisoria delle tariffe 2014 – Determinazione delle scadenze – Ipotesi di affidamento della gestione della TARI”; “Adozione Regolamento IUC-TARI”; “Ratifica deliberazione d’urgenza di G.C. del 8/04/2014 n. 30733/14 avente per oggetto la variazione al Bilancio di Previsione 2014, a seguito della convenzione sottoscritta in data 27/02/2014 con l’Ente di gestione per i parchi e la biodiversità del Delte del Po per una attività di monitoraggio, studio e analisi per la realizzazione del progetto HOLISTIC”.

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BIBLIOTECA BASSANI – Narrazioni in programma mercoledì 16 aprile alle 17 a Barco
‘Avventure in giardino’ nei racconti per bambini dai 4 ai 10 anni
14-04-2014

Si intitola ‘L’albero delle fate’ il racconto firmato da Marie Sabine e Roger Marie Paruit che sarà letto da Raffaella Menegatti mercoledì 16 aprile alle 17 alla biblioteca Bassani di Barco. L’appuntamento, dedicato ai bambini dai 4 ai 10 anni, è inserito nel ciclo mensile di narrazioni per i più piccoli (dedicato ad ‘avventure nel giardino’) in programma ogni mercoledì pomeriggio nella sala Ragazzi della biblioteca comunale di via Grosoli 42.

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MOSTRA IN COMUNE – Martedì 15 aprile alle 16.30, nella sala dell’Arengo e nel salone d’Onore di palazzo municipale (piazza Municipio 2 – Ferrara)
“Perchè non accada mai più ricordiamo”, presentazione e inaugurazione
14-04-2014

Martedì 15 aprile alle 16.30, nella sala dell’Arengo e nel salone d’Onore di palazzo municipale (piazza Municipio 2 – Ferrara) si terranno la presentazione e l’inaugurazione della mostra “Perchè non accada mai più ricordiamo” sul tema del genocidio delle persone disabili nella Seconda Guerra Mondiale. Nella mostra, realizzata da ANFFAS e ANPI di Ferrara in collaborazione con l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e con il patrocinio del Comune di Ferrara, per la prima volta nella nostra città dalla fine della guerra, vengono illustrate le origini, lo svolgimento e i personaggi principali di una delle pagine più vergognose nella storia dell’umanità.

(Comunicato a cura di Anpi e Affas Ferrara)

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Donazioni e trapianti, i dati del rapporto 2013. L’Emilia-Romagna al di sopra della media nazionale

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Politiche per la salute – Rete regionale di donazione e trapianto dell’Emilia-Romagna, il rapporto 2013: dati di attività superiori alla media nazionale. Lusenti: “Un sistema che conferma efficienza, qualità e sicurezza”

Bologna – Sono stati 106 i donatori di organi e tessuti nel 2013 in Emilia-Romagna, pari a 24,4 donatori per milione di abitante, a fronte di una media italiana di 18,6. Gli organi prelevati (rene, cuore, fegato, pancreas e polmone) sono stati 304, di cui 277 trapiantati (91,1% dei prelevati), mentre le opposizioni al prelievo si sono attestate al 22,9% dei donatori segnalati dalle strutture sanitarie regionali (29,6% la media nazionale). Alla rete nazionale dei trapianti è stata inoltre offerta la disponibilità di 14 reni, 4 cuori, 3 polmoni.

La rete regionale dell’Emilia-Romagna per la donazione e il trapianto di organi e tessuti conferma dati di attività superiori alla media nazionale, nel contesto di un sistema di qualità, capace di utilizzare al massimo le opportunità di donazione in condizioni avanzate di sicurezza. I dati sono tratti dal Rapporto sulle attività di donazione e trapianto in Emilia-Romagna pubblicato dal Centro riferimento trapianti (CRT-ER) che coordina l’attività nella regione.

Questi risultati sono stati ottenuti nonostante nel 2013 si sia verificata una riduzione dei decessi in terapia intensiva (- 97 casi) e la parallela diminuzione di persone decedute in terapia intensiva con lesioni encefaliche (- 50 casi).

“Questo è un sistema che si conferma solido, efficiente, capace di produrre risultati significativi in una fase di risorse calanti e dovendo affrontare una minore disponibilità di organi utilizzabili – ha dichiarato l’assessore alle Politiche per la salute, Carlo Lusenti – . E’ evidente quindi quanto siano importanti da un lato la donazione, che è un gesto di grande civiltà, dall’altro la capacità di tutto il sistema regionale di applicare soluzioni sempre nuove per migliorare sia processi che competenze di tutte le professionalità coinvolte, sanitarie e del volontariato”.

L’età media dei donatori in regione è stata nel 2013 di 61,3 anni (era 59,1 nel 2012, 58,4 nel 2011). L’avanzare dell’età media dei donatori è la causa a livello nazionale della generale forte diminuzione di donazioni di cuore. Tuttavia l’Emilia-Romagna ha effettuato nel 2013 lo stesso numero di trapianti dell’anno precedente (20), pari a 4,6 per milione di abitanti, superiore al dato nazionale di 3,7. I trapianti di rene sono stati 29,2 per milione di abitanti (25,3 la media italiana), 26,5 di fegato (16,8 l’Italia), 2,3 di polmone (2,4).

Tra i progetti dedicati alla prevenzione, ha superato la soglia delle 15mila persone prese in carico in nove anni (15.653) il progetto che combatte l’insufficienza renale progressiva (PIRP), mettendo in collegamento, nella cura dei pazienti a rischio, i nefrologi e i medici di famiglia che attivano strategie terapeutiche comuni per ritardare, e in qualche caso evitare, l’entrata in dialisi della persona e quindi annullando la necessità di trapianto.

Donazione e trapianti in Emilia-Romagna: i dati al 31 dicembre 2013
Rene. Sono stati 147 i trapianti di rene (149 nel 2012) nei tre Centri di Parma (53 i trapianti all’Ospedale Maggiore), Modena (27 al Policlinico), Bologna (67 al S. Orsola-Malpighi). Di questi, 20 i trapianti da donatore vivente consanguineo o affine. L’indice di trapianto (percentuale di reni impiantati rispetto a quelli prelevati in regione), che fornisce un riscontro significativo della qualità del processo di donazione e prelievo, è stato dell’89,4% (85,9% nel 2012). In Emilia-Romagna è attiva la lista di attesa unica per il trapianto di rene, che assicura ogni trapianto al ricevente più compatibile con il donatore (indipendentemente dalla sede di iscrizione in lista: Bologna, Modena, Parma). Al 31 dicembre 2013 le persone in lista d’attesa erano 1.089 (1.171 nel 2012). I tempi medi di attesa delle persone iscritte in lista sono di poco superiori ai 3 anni. La sopravvivenza dei pazienti trapiantati in Emilia-Romagna a 5 anni dal trapianto è vicina al 94% (il dato nazionale è intorno al 92%)

Cuore. I trapianti di cuore eseguiti dal Centro del S. Orsola-Malpighi di Bologna sono stati 20 (come nel 2012), di cui 1 associato al trapianto di rene. Il programma interregionale “Adonhers”, avviato in Emilia-Romagna e Toscana, ha l’obiettivo di ampliare il numero dei potenziali donatori di cuore e prevede lo studio dei donatori non ottimali per valutarne meglio l’idoneità, attraverso l’esecuzione di un’indagine sulla funzionalità dell’organo (eco stress farmacologico con dipiridamolo) prima della donazione. L’indice di trapianto è stato pari a 117,6%, a dimostrazione dell’efficienza del Centro trapianti nell’utilizzo degli organi provenienti anche da altre regioni. Al 31 dicembre 2013 le persone in lista d’attesa erano 52 (53 nel 2012). I tempi medi di attesa per le persone in lista sono di 1 anno e mezzo. La sopravvivenza in Emilia-Romagna a 5 anni dal trapianto è dell’82,3% (il dato per l’Italia è 74,8%).

Fegato. Sono stati 115 i trapianti di fegato (119 nel 2012), nei Centri di Bologna (72 trapianti al S. Orsola-Malpighi) e Modena (43 al Policlinico). Di questi trapianti, 5 (4 a Bologna e 1 a Modena) sono stati effettuati con la tecnica split, che permette da un unico donatore di effettuare trapianti su due persone. L’indice di trapianto si conferma molto alto: 117,3%, a conferma dell’efficienza dei Centri trapianto regionali che utilizzano organi non trapiantati in altre regioni. In Emilia-Romagna è attiva la lista di attesa unica per il trapianto di fegato. Questo prevede l’allocazione di ogni organo donato al ricevente in condizioni più gravi, indipendentemente dalla sede di iscrizione in lista (Bologna o Modena). Al 31 dicembre 2013, le persone in lista d’attesa erano 256 (226 nel 2012). I tempi medi di attesa sono di circa 2 anni. La sopravvivenza in Emilia-Romagna a 5 anni dal trapianto è superiore al 71% (74% il dato italiano).

Polmone. Sono stati 10 i trapianti di polmone (3 nel 2012): 7 bipolmonari e 3 singoli, effettuati al S. Orsola-Malpighi di Bologna. Al 31 dicembre 2013 le persone in lista d’attesa erano 17 (15 nel 2012). Il tempo medio di attesa è di 1 anno circa. La sopravvivenza in Emilia-Romagna a 5 anni dal trapianto è del 53% (45,6% il dato nazionale registrato a 4 anni dall’intervento).

Intestino – Multiviscerale. Nel 2013 non sono stati effettuati trapianti di intestino o multiviscerali. I follow-up delle 49 persone che hanno ricevuto il trapianto negli anni precedenti sono in linea con i dati internazionali (Bologna è l’unico Centro nazionale attivo per questo tipo di trapianti nell’adulto).

Tessuti e cellule. L’attività delle banche regionali dei tessuti ha permesso di trapiantare in Emilia-Romagna complessivamente 4.303 tessuti (4.046 nel 2012). Sono stati effettuati 582 trapianti di cornea (624 nel 2012) e 78 di sclera (membrana bianca dell’occhio, 82 nel 2012), 242 trapianti di cute (174), 616 di segmenti osteo-tendinei (616) e 2.474 di osso lavorato (2.253), 250 di membrana amniotica (202); sono state inoltre trapiantate 12 valvole cardiache (16) e 49 segmenti vascolari (79). In Emilia-Romagna sono stati inoltre eseguiti 113 trapianti allogenici (erano stati 118 nel 2012) di cellule staminali emopoietiche; sono stati inoltre eseguiti 386 trapianti di midollo osseo autologo (cellule dello stesso paziente, erano stati 326 nel 2012).

Sono state raccolte e certificate dalla Banca regionale del policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna 296 unità di sangue cordonale (260 nel 2012), pronte per essere utilizzate in bambini affetti da leucemia in tutto il mondo. La banca del sangue del cordone ombelicale dell’Emilia-Romagna, con oltre 4.000 unità conservate e pronte all’utilizzo, è la seconda banca italiana per quantità di sacche certificate e immesse nella rete mondiale.

La nostalgia degli ‘umarells’ è paralizzante. Bisogna cominciare a immaginarsi un futuro diverso

di Elisa Manici

Danilo Masotti, l’inventore degli umarells, è, come dice il suo amico sociologo Ivo Germano, ”l’esegeta della più spiccia e incatenata realtà bolognese, anzi, è l’indagatore della sua fissità sociale”. Blogger, scrittore, per 25 anni creatore e frontman della band New Hyronja, e agitatore web tra la strizzata d’occhio alla pancia becera della gente e l’amore per quella che definisce una metropoli di provincia. Uno che pur avendo lanciato l’hashtag #ilgiorno dopononsuccedemaiuncazzo e #cimeritiamotutto – e che ha pure intitolato così il suo primo romanzo – nella sua vita è riuscito a spezzare le catene dell’ormai mitologico (ma per molti animi inquieti angosciante nella sua ripetitività) posto fisso e a inventarsi una vita anche lavorativa a sua misura: per portare a casa lo stipendio fa il grafico e il consulente per il web e il social media marketing.
Su Facebook, a chi non lo conosce bene, dà una prima impressione di cavalcare il populismo della rete in modo spesso irritante, ma basta conoscerlo meglio per capire che c’è molto altro. Lo incontriamo di persona proprio per parlare della bolognesità a modo suo, ovvero della bolognesità che passa dal web. Ma la sua lucida e spietata visione del provincialismo s’attaglia a Bologna come a Ferrara e ad ogni campanile d’Italia. Lui si pone molto gentilmente, e non si sottrae ad alcuna domanda.
“I social media si prestano molto a parlare di Bologna. Io mi diverto molto, ho iniziato coi blog, il primo è stato ‘Lo spettro della bolognesità’: replicava quello che avviene in una piazza, raccontavo quello che vedevo, ma il blog poi ha fatto il suo tempo. Quindi sono passato a una forma di comunicazione molto più veloce, che è quella di Facebook e Twitter. Su Facebook ho fatto il mio esperimento peggiore, direi, è un gruppo che si chiama ‘Una Bologna peggiore è possibile’, dove tutti i bolognesi si possono lamentare. Lì sono riuscito a raccogliere veramente il peggio della città, ma penso che una Bologna peggiore sia ancora possibile”.

E qual era il tuo scopo quando l’hai creato?
Io quando faccio le cose non ho mai un fine, il mio scopo è divertirmi. Però se proprio voglio trovare un fine è far specchiare i bolognesi in questa provocazione, farli riflettere, ascoltarsi, sentire cosa dicono sulla città, riflettere sulle loro chiusure, riflettere sui loro pregi, anche. Questa cosa qua secondo me è molto importante, e soprattutto è importante confrontarsi con persone che ti stanno anche un po’ sulle balle, anche con persone con cui non condividi e con le quali non ti diresti mai nulla.
L’utente medio di Una Bologna peggiore è possibile sembra essere pieno di mal di pancia, chiuso, tendenzialmente razzista e reazionario.
Il bolognese ha questa matrice che possiamo definire leghista, ma in questo caso “leghista” non c’entra niente con il partito della Lega, c’entra con l’attaccamento al territorio. C’è questo attaccamento al territorio, questo essere una sorta di testimoni di Geova della bolognesità, l’andare in giro a dire: “Sì, perché noi a Bologna facciam questo, facciam quello”, che è la realtà di tutte le province. Bologna è una metropoli di provincia, è una città che amo. Ecco, io ci tengo a sottolineare che queste cose che faccio sui social media e anche sui libri sono un atto d’amore nei confronti della mia città.
Mi sembra che questo, al di là di tutte le gag, traspaia con evidenza. Si dice spesso che oggi non c’è più un’unica narrazione dominante rispetto a un fatto, a un luogo, ma che ognuno scelga la sua. E’ così o ce n’è una che prevale?
Ogni narrazione della città parte dal concetto della “Bologna di una volta che si stava meglio”. Ma “non c’è più la Bologna di una volta” io me lo sentivo già dire nel ’77, quando avevo 9 anni, quindi bisogna risalire a qual è questa Bologna di una volta, tornare a viverci, e scoprire che magari non ci piace La Bologna di una volta forse rappresenta la gioventù, rappresenta la spensieratezza di ognuno di noi, e ognuno ha perciò la sua Bologna di una volta mentale.
E invece, come ci si può proiettare nella Bologna di oggi e del futuro?
La Bologna contemporanea è sicuramente problematica, come è problematico il mondo. Secondo me per proiettarsi nel futuro bisogna farsi ricchi del proprio patrimonio di vissuti in questa città e immaginarsi un futuro diverso. Bisogna cominciare a occuparsi meno di passato, con meno nostalgia paralizzante.
Attraverso la lente dell’ironia, con le tue pillole Scendo in campo affronti questioni legate all’oggi.
Sì, le giro col mio smartphone, riprendendomi selfie come va di moda adesso. Affronto le problematiche di questa città attraverso i luoghi comuni, didendo frasi fatte come alla gente piace sentirsi dire. Si ottengono molti “mi piace”, si ottengono molte critiche, si ottengono molti “ma che cazzo stai dicendo”.
Com’è nato l’hashtag #ilgiornodopononsuccedemaiuncazzo?
Da un’esperienza personale di plurivisioni di programmi come Report, Ballarò, Piazza Pulita, Servizio Pubblico. Programmi che seguo sempre meno, appunto perchè, anche se mi piace molto la domenica sera guardare, poi dopo mi lavo i denti, vado a letto, e il giorno dopo non succede mai un cazzo. Questi programmi, certo, ci vogliono, sono fondamentali, è importante sapere che cosa ci gira intorno. Ma poi?
Hai scritto ormai diversi liberi, ma solo un altro romanzo, Ci meritiamo tutto. Perché per Masotti ci meritiamo tutto?
Perchè ogni cosa che avviene nelle alte sfere del potere, ma anche solamente in un’azienda, è appunto perché noi non abbiamo fatto nulla perché ciò non accadesse, abbiamo delegato troppo, quindi ci meritiamo tutto, se continuiamo a delegare e se continuiamo ad affidare la nostra vita agli altri.
E tu che consiglio dai a una persona che non vuole più meritarsi tutto?
Per prima cosa bisogna farsi due conti in tasca e vedere se si può permetterselo. Non è così scontato, ma se questa persona comincia a vedere che di tanti oggetti può fare a meno, che può vivere spendendo meno, che può godere anche di una giornata di sole come quella di oggi e consumare meno, senza pipponi da decrescita felice. Se una persona comincia a rinunciare a tante cose, comincia a godersela un pochino di più, e secondo me riesce a gurdarsi dentro e a provare a cambiare qualche cosa. Se invece uno sta solo a guardare ai soldi, agli 80 euro in più in busta paga e cose così, continuerà poi solamente a meritarsi tutto. Chi può permetterselo un pochino, può uscire da questo gioco vorticoso, che come diceva il mio caro amico Freak Antoni “il ricatto del bisogno toglie all’uomo ogni sogno”.

[© www.lastefani.it]

A Unife le edicole votive dei vicoli dei quartieri popolari di Napoli protagoniste di una mostra e di un seminario

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Mercoledì 16 Aprile il Laboratorio di Studi Urbani del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara presenta la mostra fotografica e il libro “Avummaria! Arte e devozione per i vicoli di Napoli” (Felici Editore), a cura di Lorenzo Carletti e Cristiano Giometti, con le fotografie di Maurizio Bottazzi e Paolo Vezzoni. La mostra, che sarà inaugurata alle ore 11 nell’Aula A del Dipartimento di Studi Umanistici, (via Paradiso, 12), presenta una selezione di foto delle edicole votive presenti nei vicoli dei quartieri popolari di Napoli.

Il seminario, che si terrà alle ore 14.15 nell’aula A11 del Polo Didattico degli Adelardi (via Adelardi 33), vedrà la presentazione del libro e sarà un’importante occasione di riflessione sulla città a partire da elementi apparentemente marginali, le edicole votive che si affacciano sui vicoli. “Il progetto, lontano dal considerarli solo veicoli di comunicazione religiosa – spiegano Giuseppe Scandurra e Alfredo Alietti, Direttori del LSU – invita a coglierne il significato artistico, culturale e di produzione urbana che rivela aspetti quotidiani della vita dei quartieri di Napoli e dei suoi abitanti”.

“Edicole votive di fattura molto recente, dalle più varie fogge e dimensioni – spiegano Carletti e Giometti – crocifissi, madonne, monumentali figure di Padre Pio, fotografie di cari estinti o miracolati, coloratissimi fiori di plastica, tubicini di neon blu tormentati all’inverosimile. Il tutto, spesso ingabbiato in strutture di alluminio anodizzato, è orchestrato con sapiente disegno, anche se a prima vista si ha l’impressione di un’improbabile accozzaglia. Ma come nascono simili creazioni? E cosa concorre, oltre alla natura devozionale, a renderle visivamente così esuberanti? Possono considerarsi opere d’arte collettiva, work in progress di comunità più o meno piccole?”.

A Unife, martedì 15, il seminario “Il mito e l’astrazione come linguaggio politico della fotografia d’autore”

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Martedì 15 aprile dalle ore 18 alle ore 19.30 e mercoledì 16 aprile dalle ore 16 alle ore 18 nell’Aula G del Dipartimento di Studi umanistici, (via Paradiso, 12), si terrà un nuovo appuntamento del ciclo di seminari organizzato dalla Cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università di Ferrara della Prof.ssa Ada Patrizia Fiorillo.
“Il mito e l’astrazione come linguaggio politico della fotografia d’autore”. E’ questo il titolo del seminario che vedrà come relatore il fotografo Ico Gasparri.

Mercoledì 16 aprile al Dipartimento di Architettura la conferenza “Politiche della casa in Italia. Riflessioni e proposte”.

da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Il nuovo appuntamento del ciclo di Conversazioni pubbliche su temi urbani e di paesaggio

Nuovo appuntamento mercoledì 16 aprile, alle ore 14,30 nell’Aula A5 del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, (Palazzo Tassoni-Estense, via Quartieri, 8), con il ciclo di Conversazioni pubbliche su temi urbani e di paesaggio, organizzato nell’ambito delle attività del Laboratorio di Sintesi Finale di Urbanistica del Dipartimento di Architettura di Unife, coordinato dal Prof. Romeo Farinella.
Relatore della quinta conferenza sarà Diego Carrara, economista e direttore ACER Ferrara, che parlerà di “Politiche della casa in Italia. Riflessioni e proposte”.

Il 16 aprile, all’Ibs, la presentazione di “A bocca chiusa”, thriller dell’esordiente autore ferrarese Stefano Bonazzi

da: Responsabile Eventi Libreria IBS.it Ferrara

Mercoledì 16 aprile, alle ore 18:00 presso la storica sala dell’Oratorio San Crispino, Libreria IBS.it bookshop, Stefano Bonazzi, esordiente autore ferrarese, presenta il romanzo “A bocca chiusa”(Newton Compton). Dialoga con l’autore Gianluca Morozzi.

A bocca chiusa 16.04Un bambino deve passare le vacanze a casa con il nonno, mentre la madre parrucchiera e la nonna, che fa le pulizie, stanno tutto il giorno fuori. Ex camionista, costretto in casa per una malattia invalidante, l’anziano è una belva in gabbia e la violenza che cova trova sfogo sul nipote di appena dieci ann i. Lasciato per punizione tutti i pomeriggi da solo sul balcone rovente dell’appartamento, il bambino un giorno viene aiutato a fuggire da Luca: un ragazzino del posto, l’amico perfetto che tutti vorrebbero accanto.

Stefano Bonazzi
Nato nel 1983 a Ferrara, web master di professione e grafico, da oltre dieci anni realizza composizioni e fotografie sul mondo dell’arte pop surrealista. Le sue opere sono state esposte, oltre che in Italia, a Londra, Miami, Seul, Monaco. Come autore, ha esordito nel 2011 con il racconto Stazioni di posta, scelto da Gianluca Morozzi per l’antologia Auto Grill, cui sono seguiti Morsi, contenuto nel volume Il voltatore di pagine, e Primo amore, in Bologna violenta. Per maggiori informazioni, visitate il suo sito: www.stefanobonazzi.it

La danza debutta al Teatro De Micheli

da: SpazioZero Cultura

Dopo l’entusiasmante anteprima di sabato scorso con la danza di Babel Crew e le opere di Barbara Scalzotto alla Galleria d’Arte Contemporanea di Copparo, il De Micheli Danza Festival irrompe al teatro De Micheli martedì 15 aprile alle ore 21 con lo spettacolo Quartet della Compagnia Deja Donne di Perugia. Lo spettacolo nasce dalla precisa volontà di creare un semplice e puro rapporto dinamico ma lineare tra un quartetto di musicisti ed un quartetto di danzatori che si confrontano e scontrano attraverso i linguaggi artistici da essi rappresentati. Simone Sandroni, coreografo e direttore artistico della compagnia Deja Donne, ha deciso di lavorare sulla necessità del coreografo e del danzatore stesso, di creare una relazione viva con la musica ed i suoi interpreti, studiando tutte le possibili connessioni e molteplici variazioni che possono crearsi lavorando con la musica. I danzatori Martina La Ragione, Fernando Roldan Ferrer, Vladimir Rodriguez, Elvira Zuniga Porres danzeranno sulle opere degli autori Dmitri Shostakovich e Alfred Schnittcke, eseguite dal Quartetto di Roma.

La compagnia Deja Donne, fondata a Praga nel 1997 da Lenka Flory e Simone Sandroni, ex membri della compagnia fiamminga Ultima Vez, è una delle più vitali, divertenti ed efficaci produzioni di danza contemporanea a livello europeo ed extraeuropeo, trattano tematiche sociali impegnative con un tocco leggero ed ironico, toccando i bisogni primari e fondamentali dell’uomo e della società contemporanea con grande intelligenza emotiva.

Mercoledì 16 dalle ore 10,00 alle ore 12,00, il coreografo della compagnia Simone Sandroni terrà una lezione aperta, mentre giovedì mattina il giovane coreografo Riccardo Meneghini, che si esibirà il 24 aprile, terrà un workshop di quattro ore.

Il festival prevede altre serate di spettacoli e lezioni aperte fino al 9 maggio ed è organizzato, in collaborazione con il Teatro De Micheli, dalle associazioni PuntoZero di Ferrara e Cantieri Culturali Creativi di Rovigo, da tempo impegnate nella diffusione e fruizione della danza, attraverso la didattica e la produzione di spettacoli.

Per informazioni: demichelidanzafestival@gmail.it; tel: 342 0303926 – 333 2014475

Digiuno a sostegno dei detenuti: anche Ferrara si mobilita per la primavera carceraria

da: Collettivo 34R e Laboratorio Sancho Panza

Quarantotto ore di digiuno per migliorare le condizioni di vita dei detenuti: a questa iniziativa, lanciata a livello nazionale dal Coordinamento del detenuti, aderiranno a Ferrara sia l’associazione 34R che il laboratorio Sancho Panza.
L’azione simbolica, che comincerà mercoledì 16 e verrà condotta a staffetta fino a lunedì 23 aprile, fa parte di una più articolata mobilitazione organizzata sull’intero territorio italiano a partire dal 5 aprile, una mobilitazione finalizzata a rinvedicare i diritti di chi è recluso, condotta sia all’interno che all’esterno degli istituti detentivi.
Essa comprende presidi informativi e solidali, come quello realizzato nel capoluogo estense domenica 30 marzo in via Arginone, al quale hanno partecipato circa 80 persone, cittadini emiliani ma anche provenienti da fuori Regione.
Il collettivo 34R e il laboratorio Sancho Panza intendono continuare questo impegno, sostenendo l’informazione e la battaglia per i diritti di chi è ristretto, anche attraverso la pubblica lettura e la divulgazione del comunicato redatto dal Coordinamento dei detenuti, favorendo la donazione di libri per la casa circondariale in occasione della giornata “Macero No” del 12 aprile.

«Ho deciso di non alimentarmi per 48 ore per due motivi – racconta la sua scelta una delle ragazze che intraprenderà il digiuno – : voglio avvicinarmi, a livello emotivo, all’esperienza di digiuno intrapresa da diversi detenuti, per sentirmi partecipe e vicina a livello viscerale; inoltre voglio sfruttare questa esperienza personale come veicolo per le importanti lotte che queste persone portano avanti all’interno delle carceri».

Questo è l’appello che i soci di 34R e Sancho Panza rivolgono alla cittadinanza ferrarese: «chiediamo alle persone di essere solidali, di diffondere il comunicato e mobilitarsi a loro volta, nella convinzione che il carcere non sia una soluzione ma un problema, in una società già piena di contraddizioni».

Collettivo 34R

Laboratorio Sancho Panza

Evviva i Subbotnik! La nuova versione dei ‘sabati comunisti’ in Russia

Da MOSCA – Sabato 12 aprile sono passati esattamente 95 anni dal primo Subbotnik o sabato comunista. Nel lontano 1919, nel deposito ferroviario della linea Mosca-Kazan, 15 lavoratori comunisti e simpatizzanti sacrificavano il loro sabato notte per riparare locomotive che sarebbero servite al paese. Decisero che avrebbero continuato l’esperienza regolarmente.

Vi domanderete, ma perché ne parliamo oggi? Vi dirò per quale motivo. La parola è la combinazione dei vocaboli Subbota (sabato) e Nik (giorno di lavoro volontario, non pagato, per il bene della società). Evidentemente, la storia del sabato comunista ha avuto la sua evoluzione, per fortuna. Se, infatti, il 1° Maggio 1920, il Partito Comunista annunciò il primo subbotnik ufficiale, al quale partecipò anche Vladimir Lenin nella Piazza del Cremlino (dipinto da Vladimir Krikhatsky), l’evento fu utilizzato dalla propaganda sovietica per mostrare quanto il padre della rivoluzione fosse davvero vicino ai lavoratori.

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Lenin al sabato comunista nel Cremlino. Mosca, maggio 1920

Divenuti poi parte del sistema, i sabati si trasformarono in eventi simbolici utilizzati per aumentare l’entusiasmo del popolo e promuovere l’idea di socialismo, fino ad arrivare a ricoprire un ruolo fondamentale e cruciale nel costruire la società socialista, unendo studenti e insegnanti, lavoratori di ogni categoria, capi e dipendenti in un impulso comune. Negli ultimi anni dell’era sovietica, il subbotnik veniva organizzato all’inizio della primavera, subito dopo lo scioglimento della neve. Per questo motivo, venne associato ai lavori di pulizia dopo l’inverno: si lavavano le strade e le finestre, si raccoglieva la spazzatura, si pulivano i giardini e le facciate grigie degli edifici. La gente piantava alberi, fiori e piante. Durante il periodo dell’U.r.s.s. l’evento divenne obbligatorio, come quello annuale, che si teneva il giorno del compleanno di Lenin, il 22 aprile (chi si rifiutava di partecipare andava incontro a dure repressioni). Negli anni ’50, i sabati comunisti vennero promossi anche nei paesi del blocco comunista, in particolare nella Germania dell’Est e in Cecoslovacchia, dove presero il nome di Akce Z. Qui non erano amatissimi ma comunque diffusi.

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‘Tutti al subbotnik!’ (ovvero anche tu!)

Lontani da ogni ideologia, della quale ne è stata oggi del tutto spogliata, l’usanza del subbotnik è rimasta viva in Russia e in altre ex Repubbliche sovietiche, per esempio nella raccolta di rifiuti e di materiali riciclabili, nelle riparazioni di beni pubblici e in altri servizi a beneficio dell’intera comunità. In tutta la Russia, da tempo ormai, questo subbotnik continua a vivere, in un forte spirito collettivo e di solidarietà. A Mosca, quest’anno, fra il 12 e il 26 aprile, i cittadini si mobilitano per pulire città, parchi e giardini. E non solo nella capitale. Il volontariato ambientale oggi si vede.

 

 

 

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Mosca, il 20 aprile 2013, più di 400 volontari hanno partecipato all’iniziativa di pulizia del parco Muzeon

L’anno scorso, ai subbotnik organizzati a Mosca hanno preso parte 1 milione e 300mila persone. La settimana successiva ci si è spostati in un altro parco moscovita, quello di Sokolniki. Scomparsa la neve, in primavera, i volontari liberano prati e vialetti dai rifiuti e dalle foglie vecchie, riverniciano le panchine e piantano fiori nelle aiuole. Il numero dei volontari cresce.
Le imprese russe, poi, organizzano i subbotnik se hanno la necessità di creare un team building speciale. L’organizzazione di subbotnik aziendali comincia a diventare un business, in Russia. Al tema ambientalista sembrano interessarsi le imprese più avanzate in cerca di nuove idee per motivare i collaboratori. Molti lo considerano solo uno svago, un modo per passare il tempo insieme e socializzare; molti altri, invece, dopo aver partecipato alla pulizia dei parchi, cominciano a fare la raccolta differenziata anche a casa. Non bisogna sottovalutare l’effetto psicologico: nei luoghi dove si tiene pulito, i rifiuti diminuiscono del 50 per cento.

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Mosca, Parco Muzeon

Oltre ai subbotnik aziendali si moltiplicano le iniziative di volontariato ambientale organizzate da associazioni di entusiasti. Una di queste è il movimento “Rifiuti zero” che esiste dal 2004 e raccoglie attivisti di cento città russe. Tutto ha avuto inizio dai cortili di casa: gli spazzini pulivano intorno alle case, ma alle aree giochi per bambini non ci pensava nessuno. Per questo, Denis Stark organizzò nove anni fa la prima iniziativa di volontariato ambientale nella sua città natale, San Pietroburgo. Agli otto organizzatori si unirono allora dieci persone. Denis noleggiò un camion a proprie spese per trasportare i rifiuti. Nel 2010, al subbotnik annuale organizzato dal suo movimento in tutta la Russia, i partecipanti furono 1.500; nel 2011, 9mila e nel 2012, 85mila. I volontari organizzano le proprie azioni attraverso i social network, utilizzando tutti gli strumenti per coinvolgere i cittadini: annunci in rete, pubblicità nella metropolitana, volantinaggi, iniziative pubbliche per illustrare le azioni in programma. A settembre 2013, il movimento ha organizzato un nuovo subbotnik nell’ambito del programma internazionale di volontariato ambientale World Cleanup 2013. L’edizione è partita il 30 marzo 2013, con la manifestazione “Ghiaccio pulito nel Baikal”.

Ecco perché volevamo parlarvene: perché dal vecchio subbotnik è nata una nuova, forte e giovane coscienza collettiva. Strade, parchi e giardini di Mosca docent.

A proposito di laicità

Mercoledì 9 aprile la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto della fecondazione eterologa, che nell’accezione comune indica l’impiego di gameti (ovocita femminile e spermatozoo maschile) non appartenenti ad una coppia, donati o venduti, per avere un figlio.
Qui mi fermo, perché per entrare più dentro la materia serve una laurea in medicina, che non ho, e anche un certo stomaco.

È un’ennesima spallata alla legge 40 del 2004, approvata dal centrodestra per regolamentare la procreazione medicalmente assistita. Si legge (Corsera, 10 aprile) che sono ormai 32 le sentenze che hanno invalidato diverse parti della norma, tanto che la Quaranta in pratica finisce di esistere.

Al di là dei pro e contro, il caso ripropone sullo sfondo il tema aperto della laicità, o, se si preferisce, del rapporto stato-chiesa in Italia.
Qualcuno ricorderà i quesiti del referendum del 13 giugno 2005 per l’abrogazione della legge, con l’estenuante dibattito su procreazione assistita e cellule staminali.
I vescovi italiani, contrari all’abrogazione nonostante la considerassero un male minore, per iniziativa del loro presidente, cardinal Camillo Ruini, indicarono con forza la strada dell’astensione. Il tutto con la benedizione di papa Ratzinger, che ebbe parole di pieno sostegno alla scelta, durante la 54a assemblea generale della Cei il 30 maggio di quell’anno.

La novità non fu la presa di posizione dei pastori, ma “quella” mossa.
Ricostruisce bene la vicenda lo storico Giovanni Miccoli nel libro “In difesa della fede” (2007).
Fu una scelta presa evidentemente nel presentimento che i “no” non fossero maggioranza nel paese, specie dopo le docce scozzesi delle sconfitte su divorzio e aborto.

La questione non è se negare alla chiesa il diritto di far sentire la propria voce, che segnerebbe lo scivolamento dalla laicità al laicismo, ma il fatto che i vescovi, con l’aperta volontà di far fallire il referendum, entrarono volutamente nel campo della tattica e delle scelte politiche.
Più volte Benedetto XVI disse che non si trattava di ingerenza o interferenza nella vita pubblica nazionale, ma di una doverosa azione per illuminare le coscienze.
È interessante il filo logico seguito dal papa teologo. Il principio in questione, per sua stessa ammissione, non è verità di fede ma è iscritto nella natura dell’uomo, cioè investe la legge naturale. Perciò la chiesa non sta difendendo un interesse strettamente cristiano, confessionale, ma i diritti fondamentali della persona.

Siccome compito della chiesa è la tutela dei principi di natura, dei quali si fa interprete vera e ultima in quanto maestra di umanità, allora il suo intervento si fa eticamente necessario e conseguente al mandato cristologico di evangelizzare, anche nel campo di valori che, perciò, diventano non negoziabili.
Così si estende l’ambito di predicazione del magistero ecclesiale, fino a toccare spazi non direttamente conseguenti alla rivelazione e il destinatario degli insegnamenti diventa potenzialmente l’intero consorzio umano.

Lungo questa linea si comprende come per Ratzinger non sia sufficiente parlare della ragione umana, se ad essa non si affianca l’aggettivo “retta” e cioè illuminata dai principi di natura, iscritti nel cuore umano dal soffio di Dio.
In questa linea va ricompreso anche il binomio libertà-verità, nel senso che la vera libertà è quella che si configura entro i confini della verità, della quale custode infallibile è la chiesa cattolica.

Proprio sul tema “Chiesa e diritti umani” ha scritto un ottimo libro lo storico Daniele Menozzi (2012), che qui possiamo solamente citare e, in fondo, il contesto è lo stesso che vide lo scontro traumatico in concilio Vaticano II (1964) sulla dichiarazione “Dignitatis Humanae”, ossia sulla libertà religiosa. Tanto che un altro storico, Hubert Jedin, ha scritto del “Venerdì nero” del concilio.

Chi contesta questa impostazione viene visto come colui che vorrebbe impedire alla chiesa di svolgere il proprio compito e che pone in discussione i diritti fondamentali della persona e, perciò, si pone contro la stessa legge di natura. Di questo passo fra laicità e laicismo non c’è più alcuna differenza e tutto diviene attacco alla libertà religiosa, cioè alla legge naturale, a Dio e all’uomo, in un giudizio pessimistico che copre le società occidentali diventate preda del relativismo etico.

Questo è anche il significato della celebre frase di Ratzinger: “Veluti si deus daretur” opposta all’”Etsi deus non daretur”, perché convinto che la società tutta debba concepirsi ed organizzarsi come se dio ci fosse, non il contrario.
Così si capisce anche il tentativo di riproporre un modello che in tanti hanno definito costantiniano o di cristianità, nel quale è indispensabile che l’ordine veritativo, morale e naturale, sia iscritto nella stessa impalcatura istituzionale e normativa dello stato. In altre parole, lungo questa traiettoria si guarda con una certa nostalgia all’alleanza trono – altare, che ha contraddistinto il tempo dell’”ancien régime” fino all’intransigentismo ottocentesco e oltre.

Questo spiega anche il ritardo con cui la chiesa ha accettato il pensiero democratico (bisogna aspettare il radiomessaggio della vigilia di natale 1944 per sentire per la prima volta un successore di Pietro usare parole positive sulla democrazia) e i dubbi che tale passo sia stato completamente metabolizzato, perché democrazia è discussione e alcune cose non lo dovrebbero essere.
E forse non è un caso che proprio durante il pontificato di Benedetto XVI siano ripresi i colloqui con i lefebvriani – tradizionalisti, anticonciliari, intransigenti per antonomasia e con simpatie nemmeno celate verso regimi come quello dei generali argentini -, anche se poi sfociati in un fallimento totale, non senza pesanti imbarazzi vaticani.

Il senso di questo disegno sta propriamente nella consapevolezza che la chiesa possieda una superiorità etica, che le dà il diritto di dettare i contenuti etici delle norme dello stato e della società. Da qui i ripetuti appelli rivolti ai cattolici impegnati in politica a farli propri, se cattolici autentici (e fino a minacciare la scomunica), come si comprende anche la dinamica di avvicinamento tattico agli atei devoti (purché i valori non negoziabili si istituzionalizzino).

Sullo stesso piano va collocato pure il fronte aperto sulle radici cristiane dell’Europa da inserire nel preambolo della Costituzione Ue, perché secondo questa logica non può esservi vera Europa se non sulle radici che danno linfa di verità all’umanità e sulle quali è innestata la chiesa.

Molti hanno messo in luce almeno due punti deboli di questo disegno.
Primo: è rischioso porre i simboli religiosi come fattori di identità etnico-culturale, specie in società che si configurano sempre più pluraliste, anche sotto il profilo delle fedi.
Secondo: è una forzatura parlare di diritti, principi e valori, che appartengono all’ordine immutabile della natura. Solo restando nel perimetro ecclesiale, fino a non molto tempo fa vescovi definivano concubinato i matrimoni civili (oggi nessuno lo farebbe), mentre con riferimento al diritto inviolabile della vita umana, in passato non si è esitato a definire cristiani regimi che nel proprio ordinamento ammettevano la pena di morte.

Un disegno che ha mostrato pubblicamente la corda con le clamorose dimissioni di Benedetto XVI, fatto inedito, o quasi, nella storia bimillenaria della chiesa.
Il conclave che poco più di un anno fa ha eletto papa il cardinal Bergoglio (13 marzo 2013), deve aver deciso di cambiare rotta.
Il nome Francesco, lo stile della misericordia, l’inedita immagine della chiesa ospedale da campo data nell’intervista al direttore de La Civiltà Cattolica (19 settembre 2013), il ritrarsi, di ritorno dalla Giornata della gioventù di Rio, dal giudicare un gay (“Chi sono io per …”), paiono i gesti di un’impostazione differente.

Un’inversione di tendenza che guarda al concilio Vaticano II non come un segno di cedevolezza verso il mondo secolarizzato – da affrontare con l’armatura di Cristo Re -, e alla povertà come punto dirimente per una Chiesa che vuole decentrarsi rispetto alla posizione di dogana della grazia.
Ecclesia che, come scrive Alberto Melloni (“Quel che resta di Dio”, 2013), deve prendere atto che nessuno ha mai usato o no un profilattico solo perché lo dice il magistero. Per questo, sembra di capire, dopo aver insistito inutilmente sulla strada del bastone, ora si sta rivalutando quella roncalliana, appunto, della misericordia.

Spiegano bene il cambiamento di paradigma, per esempio, lo storico Massimo Faggioli (“Papa Francesco e la chiesa-mondo”, 2014), i teologi Severino Dianich (Regno 14, 2013) e Christoph Theobald (Regno 4, 2014) e il sociologo José Casanova (Regno 10, 2013).
La svolta, scrive Dianich, starebbe nella scelta della Chiesa di parlare alle donne e agli uomini e non più ai popoli, alle nazioni e agli stati, perché la storia dimostra che nessuna civiltà può dirsi cristiana. Tanto meno lo possono essere le istituzioni.

In un mondo complesso e plurale, prosegue Theobald, a nulla vale la riaffermazione contro-culturale dell’identità cristiana, perché nel contesto ermeneutico nel quale sono destinate a convivere molteplici interpretazioni e percorsi di senso, la credibilità si afferma per testimonianza e non per via autoritativo-normativa.
Vero e proprio banco di prova per la chiesa diventa il concetto sociologico di secolarizzazione, scrive in sintesi Casanova. Se cioè deve essere visto come la china negativa di un progressivo allontanamento della società da Dio (cosa peraltro non vera), oppure come una nuova ed inedita opportunità.
Non a caso il Vaticano II ha parlato ripetutamente di ressourcement, cioè di ritorno alle fonti. Quando il cristianesimo era una minoranza.

Pepito Sbazzeguti

Alla ricerca di una nuova solidità

Evaporati sogni, miti, certezze e riferimenti per l’azione, liquefatte in tante pozzanghere le certezze e le attese di futuro che avevano guidato le generazioni precedenti. Inseguiamo micro narrazioni, piccoli frammenti di senso da condividere, zattere galleggianti di un’identità smarrita. Questa è l’immagine che sottende la gran parte delle analisi delle trasformazioni del contesto post moderno, a partire dalla fortunata metafora della società liquida proposta da Bauman. Così abbiamo legami liquidi, anche l’amore è divenuto liquido, tutto sembra avere perso consistenza.
McKinsey, nota e prestigiosa agenzia di consulenza americana, intitola “Consistency”, una recente news letter, sottolineando come su questo concetto chiave si giocherà nel futuro prossimo il rapporto tra imprese e clienti, tra brand e consumatori.
Il termine consistenza rimanda ad una pluralità di significati: densità, solidità, stabilità, coerenza. Tutti termini molto lontani dalle immagini di velocità e di fluidità che hanno connotato le analisi fin qui e che continuano, non senza ragioni, ad accompagnare l’era di Internet.
Credo che nessuno possa sottovalutare il frenetico mutamento in atto, l’accelerazione di processi distruttivi e creativi che l’innovazione tecnologica sollecita. Eppure, emergono nuove domande di consistenza. Di cosa stiamo parlando? Di una qualità che si colloca a ridosso dei comportamenti di imprese, organizzazioni e istituzioni, ma anche di quelli individuali. Una qualità che investe la stessa tenuta identitaria, in quanto riguarda l’intima convinzione di una continuità biografica.
Il termine consistenza richiama parole come affidabilità, coerenza, fiducia. In un contesto strutturalmente imprevedibile ci aspettiamo di poter contare almeno sulla parola data, sulla prevedibilità dei comportamenti rispetto ai patti assunti, delle azioni rispetto alle dichiarazioni e così via. La fiducia è una condizione della formazione di coesione sociale e di legami e la mancanza di fiducia per un Paese è un danno assai più grande di qualche centesimo di punto di Pil.
Di fronte ad un quadro istituzionale e pubblico in forte crisi, le persone cercano una solidità mediata innanzitutto dalle buone relazioni. Cerchiamo consistenza nei luoghi del quotidiano, nelle relazioni dirette, nelle passioni che ci animano. La cerchiamo nei campi in cui avvertiamo di avere se non il controllo, almeno una personale responsabilità di scelta. Per questo le scelte di consumo fungono talvolta da sostituti di atti politici (pensiamo ai consumi sostenibili e al fascino del green, al biologico, ecc.).
Cerchiamo di allargare lo spazio della responsabilità, mantenendolo però sempre nella realistica area di ciò che compete a noi, che è nelle nostre possibilità. Per descrivere questa tendenza, l’etichetta di individualismo, associata troppo a lungo al ritiro dell’investimento dalla sfera della politica, non ci è mai sembrata così “inconsistente”, così incapace di cogliere il mutamento di segno dalla società di massa alla società degli individui.
Come sempre accade, il pendolo della storia propone continue oscillazioni per gli individui, impegnati nella ricerca di ancoraggi di senso e di un equilibrio inevitabilmente precario.

Maura Franchi (sociologa, Università di Parma) è laureata in sociologia e in scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del prodotto tipico. I principali temi di ricerca riguardano: i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@unipr.it

IMMAGINARIO
la foto
del giorno

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città e i suoi abitanti.

Cantastorie sul listone del duomo (foto ferraraitalia) – clicca sull’immagine per ingrandirla

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Cantastorie sul listone del duomo (foto ferraraitalia)