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Ben venga la Coalizione sociale di Landini. Né un partito né un sindacato, ma una nuova forma di opposizione politica. Stupirsi? Gridare al sacrilegio? Prendere le distanze perché il riformismo non è antagonismo, rigurgiti comunisti fuori tempo massimo? Sciocchezze. Anche qui c’è in gioco la cultura, la diffusione delle conoscenze contro la pigrizia mentale a cui in tutti i modi tentano di indurci. Intanto mette insieme quanti sono impegnati a combattere le diseguaglianze e l’ingiustizia sociale che crescono in maniera esponenziale con il crescere di questa economia di carta e di carte magnetiche.
I dati pubblicati da Oxfam contro la povertà denunciano che entro il 2016 le 80 persone più ricche al mondo giungeranno a possedere circa 3,5 miliardi di euro, corrispondenti alla somma dei redditi di oltre la metà della popolazione mondiale più povera. E non si tratta di un problema tecnico, ma politico, perché è il prodotto del sistema economico in cui viviamo. Sarebbe questa la ‘ripresa’ di cui si parla?
La disuguaglianza, il dilatarsi della distanza tra chi ha e chi non ha, è ciò che il nostro sistema economico produce, a costo della disperazione umana di tanti e di un sempre più amaro rapporto con il pianeta in cui viviamo. Cosa c’è di umano ormai in un mondo che misura la vita solo sugli utili, la ricchezza e la produttività? Così i focolai di rabbia un po’ ovunque per i continenti si moltiplicano, a partire dalla protesta di milioni di brasiliani contro quell’affronto alla miseria che è stata la Coppa del mondo.
Coalizione sociale sarebbe la risposta della Fiom contro il Jobs act del governo Renzi? Certo. Anche. Non siamo forse una Repubblica fondata sul lavoro? Non vuol dire forse difendere il principio fondamentale e costitutivo del nostro contratto sociale, della nostra convivenza democratica? È proprio attraverso il lavoro che l’economia del capitale umano ha inferto la più grande umiliazione alla dignità delle persone. Togliendone i diritti, il primo tra tutti il diritto alla realizzazione personale attraverso il lavoro. Perché il lavoro non può essere un prendere o lasciare. Il lavoro deve avere un significato per le persone. Perché c’è lavoro e lavoro, e non si può vivere con l’acqua alla gola. E parlo di tutto il lavoro, dipendente e autonomo. Perché non si può vivere nella continua alienazione, nella continua frustrazione per un lavoro che ti consente la sopravvivenza, ma non di vivere la tua vita. Quanti posti di lavoro significativi produrrà il Jobs act? Tanta occupazione al Mc Donald, questo sarebbe il lavoro dignitoso nel futuro dei giovani e dei disoccupati?
Ormai quelli che erano considerati i ‘beni comuni’ come il lavoro e la conoscenza ci sono sempre più sottratti, per cui non possiamo che aggrapparci alla affollata zattera delle deprivazioni che non naviga però senza la forza di visioni utopiche e di nuove forme di opposizione politica.
Coalizione sociale, ‘Unions’ potrebbe essere l’occasione per iniziare a pensare anche nel nostro Paese a come andare avanti, a come creare ‘un’economia solidale’, come affermare il ‘buon vivere’, contro un’idea dell’economia che è tutto l’opposto, che punta unicamente a massimizzare il PIL.
La sfida oggi è contro le forme egemoniche e dominanti di potere che attualmente governano il mondo. E non c’è partito, non c’è sindacato, non c’è organizzazione non governativa in grado di condurla, perché sono altri a dare le carte e a condurre il gioco, e per chi si siede a quel tavolo o si sta alle regole o si perde. Le regole costano un prezzo umano che sempre più persone su questa Terra non sono più disposte a pagare. Questi sono i tempi nuovi, questa è la coscienza del tempo nuovo.
Coalizione sociale non riuscirà nei suoi intenti, nei suoi propositi? È anche possibile. Ma non per questo, a partire dal nostro Paese, verrà meno il bisogno per tanti di trovare nuove forme di organizzazione, nuove forme di rappresentanza, nuove forme di lotta, che non saranno più quelle tradizionali che finora abbiamo conosciuto, perché i cambiamenti prodotti dalla globalizzazione dell’economia e delle politiche hanno creato condizioni d’esistenza quotidiana che nutrono un po’ ovunque la protesta di quanti ogni giorno di più si ritrovano defraudati dei loro diritti alla vita, al lavoro, alla salute, all’istruzione, del diritto al benessere e alla felicità, che non sono utopie, ma più semplicemente ciò che rende la vita umana accettabile.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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