Skip to main content

“Due donne che ballano” la danza della vita: in queste poche parole sono racchiusi titolo e trama del primo spettacolo del 2016 del Teatro Comunale di Occhiobello, che va in scena venerdì 15 alle 21. Un scontro fra solitudini, che sotto gli occhi del pubblico diventa un incontro di due sofferenze, un dramma minimo di tutti i giorni che si consuma nell’indifferenza generale, la storia di una relazione fra due singolarità. Fino al finale: una sorta di rivincita da parte delle due protagoniste, due donne che potremmo aver incontrato fra gli scaffali di un supermercato di periferia o incrociato per strada di ritorno dal lavoro senza alzare veramente lo sguardo su di loro.

due donne che ballano
Maria Paiato e Arianna Scommegna.
Foto © Marina Alessi

A dare corpo e voce a questi personaggi femminili senza nome, tanto comuni quanto spesso inascoltati o peggio ignorati, sono due grandi interpreti del teatro contemporaneo italiano: Maria Paiato (Premio Ubu 2005 e 2006, Premio Eleonora Duse 2009, Premio Hystrio 2010) e Arianna Scommegna (Premio della Critica Teatrale 2010, Premio Hystrio 2011, Premio Ubu 2014). A dirigerle, in questo testo di Joseph Maria Benet I Jornet, uno dei massimi autori del teatro spagnolo contemporaneo, un altro talento femminile della scena italiana, Veronica Cruciani (finalista Premio Ubu 2008 come regista e produttrice e Premio Hystrio – Associazione Nazionale Critici Italiani 2012). E proprio con Veronica abbiamo parlato alla vigilia della replica di venerdì.

Quella scritta da Benet I Jornet è una storia quotidiana, una di quelle che si svolgono tutti i giorni nella nostra contemporaneità, ma allo stesso tempo è inedita, perché poche volte queste esperienze vengono raccontate. Perché tu hai scelto di farlo?
Sono rimasta colpita dai personaggi femminili: sono complessi e sorprendenti, hanno aspetti di grande forza e anche di grande fragilità. È la storia di due donne sole, mi ha colpito questa loro solitudine, questo loro essere in qualche modo emarginate dalla società per motivi diversi, ma anche il fatto che in questa amicizia riescono a trovare un conforto, una vicinanza, un calore. Inoltre, mettendo in scena solo pezzi di drammaturgia contemporanea, portare in scena storie che non vengono raccontate, storie più nascoste e inascoltate, è un po’ un mio desiderio in generale: raccontare la nostra quotidianità, cercando di narrare quello che c’è di bene e quello che c’è di male, però da un punto di vista che non sia mai superficiale, che possa far nascere una riflessione in chi assiste.

Come avete lavorato tu, Arianna e Maria, per portare in scena questa quotidianità in modo non superficiale appunto?
Il mio modo di intendere la regia è partire da un’analisi del testo e mettermi al servizio del testo, cercando di valorizzarlo e di farne emergere tutti i possibili ‘sensi’. Il mio punto di partenza è stato questo e poi il lavoro grosso che abbiamo fatto è stato sulla relazione fra i personaggi e quindi fra le due attrici: una relazione molto conflittuale all’inizio che poi piano piano nel corso dello spettacolo si scioglie in una vera e propria amicizia e poi infine in un amore quasi fra una madre e una figlia. Il cuore dello spettacolo è proprio in questa relazione, che abbiamo esplorato in profondità per far uscire l’umanità di questi personaggi, la semplicità al tempo stesso la complessità di un dolore, di una solitudine, che è loro e però può essere anche di tante altre donne, cercando di portare quasi all’estremo i conflitti e le vicinanze drammaturgici del testo.

In questo microcosmo femminile mancano i maschi, non ci sono cavalieri in questo ballo?
Beh, in realtà la presenza maschile c’è se pensi che l’autore di “Due donne che ballano” è un uomo, che ha saputo leggere e raccontare aspetti del femminile in modo preciso. E poi è presente nella misura in cui queste sono due donne hanno un rapporto conflittuale con l’universo maschile: emerge dalle vicende tragiche che ha vissuto la più giovane con il marito, mentre la donna più anziana ha vissuto un matrimonio che l’ha lasciata indifferente e ha un figlio che ama molto, ma che non va mai a trovarla.

Come nella danza della vita anche in “Due donne che ballano” il finale non è per nulla scontato, secondo te c’è una morale?
Il finale è una sorta di rivincita, di ribellione verso il mondo e la società, la loro danza può essere considerata una sorta di grido, di urlo contro chi c’è fuori e non le accoglie e non le capisce. Non direi che c’è un messaggio, una morale, è la storia di due persone che vivono una forte sofferenza.

“Due donne che ballano” è la prima produzione del Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano, fondato recentissimamente, nel gennaio 2015. A quali altri progetti stai lavorando?
A gennaio andrò in scena al Teatro Gobetti di Torino con “Preamleto” di Michele Santeramo, con il quale poi da marzo saremo anche al Teatro Argentina di Roma. È un testo contemporaneo che racconta tutti i personaggi di Amleto prima dell’Amleto: il fantasma del padre non ancora è un fantasma, ma un uomo vecchio e malato, e poi ci sono Amleto, Claudio, Gerturde e Polonio.

tag:

Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it