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Tra “umano” e “non-umano”

Vite di carta. Tra “umano” e “non-umano”

È tempo di categorie, il distillato più puro che traggo dalle letture a ventaglio di questi giorni: tre, a volte quattro libri aperti sul tavolo come vasi comunicanti. Tempo per leggerli, quello abbondante che mi dona il “colpo della Strega” di Ferragosto. Bloccata nei gesti, uso la testa.

Parte tutto da Gli uomini pesce di Wu Ming 1, il libro vasto a cui l’autore ha lavorato per sette anni dandogli lo stesso impianto del Delta del Po che ne è protagonista.

Un romanzo tentacolare, così definito da Marco Belli alla prima presentazione dello scorso autunno a Ferrara, al Grisù. Bacchelliano, aggiungo io, per la portata narrativa del discorso che attinge a un grande corso d’acqua e articola una rete di idee sul mondo (a partire dalla geografia come chiave di lettura della vita sul pianeta, o dal rapporto tra la conoscenza scientifica e le scienze occulte) e sulla scrittura letteraria.

Wu Ming 1, intervistato da Maria Calabrese e Girolamo De Michele in una più recente presentazione alla Biblioteca Popolare Giardino, ha convogliato il discorso sullo scenario della narrazione e dunque sul Territorio Ferrarese di cui è appassionato conoscitore.

È il globo terracqueo, tuttavia, a “mandare le onde”. Lo dico con le parole di Fabio Genovesi e coinvolgo qui  la sua scrittura, capace anch’essa di muoversi tra diversi ordini di grandezza e aperta allo scacchiere totale del mondo dal punto di osservazione di un’altra piccola monade, la Versilia.

Dunque un’opera ponderosa Gli uomini pesce, costruita come il meccanismo di un orologio i cui ingranaggi con passo sistematico portano avanti il racconto su più linee di svolgimento e su diversi piani temporali.

Il personaggio che dice io, Antonia Nevi, avanza dentro la storia portando il proprio bagaglio di saperi e di affetti, e soprattutto il suo dolore.

La rotella su cui gira si muove con le altre e dal movimento che si estende ai dentelli delle altre ruote Antonia apprende pezzi di verità: sulla propria famiglia e su di sé, sulla storia italiana dall’ultima guerra a oggi, sulle dinamiche di un territorio delicato e complesso come quello ferrarese, messo in ginocchio dalla siccità terribile del 2022.

Mentre Antonia assembla la biografia di Ilario Nevi, di cui è diventata erede, il romanzo si tinge di giallo costringendola a investigare sul passato dello zio e sulla sua opera di artista e di studioso. Da lì, dall’intellettuale libero ed eccentrico che Ilario è stato, Antonia è chiamata a spingere il proprio sguardo verso orizzonti inattesi: nello spazio, che si dilata fino a uscire dalla Terra, e nel tempo, che recupera ere lontanissime.

Gli uomini pesce è un romanzo epico sulla consapevolezza alla quale l’eroe accede di spaesamento in spaesamento, che gli impone la fatica ai limiti del tollerabile di rileggere da nuovi punti di vista l’ecumene delle proprie conoscenze. Fino alla conclusione lieta di ricomporre la personalità di Antonia e predisporla ad avere un nuovo desiderio, o anche due, come recita la bella frase finale, da esprimere proprio nella notte di San Lorenzo.

Tra le prove più dure da superare c’è il concepire il non-umano in modo nuovo.

Per le considerazioni sul non-umano attingo al saggio bellissimo di Amitav Ghosh, La grande cecità, più volte caldeggiato da Wu Ming 1 come un importante riferimento sul rapporto tra clima perturbato e letteratura, sulla forma romanzesca capace di inglobare “esempi della perturbante intimità della nostra relazione col non-umano”.

Nel tempo abbiamo voltato le spalle al dialogo con le cose e con gli animali, quegli animali di cui Fabio Genovesi nel suo Il calamaro gigante dice che “erano la manifestazione visibile della forza mistica e superiore che da sempre sentiamo esistere sopra di noi… Gli animali erano le nostre divinità. Li ammiravamo, e li dipingevamo sperando di avvicinarci a loro”, come nelle caverne di Lascaux, di Altamira e di Chauvet già quarantamila anni fa.

Ci hanno portato a farlo, dice Gosh, le convinzioni basate sul dualismo cartesiano da cui dovremmo invece staccarci: da una parte sta l’umano a cui appartengono intelligenza e razionalità, dall’altra ogni altro essere a cui le stesse sono negate.

Ora sentiamo più forte che mai la precarietà dell’esistenza umana, siamo preda dello spaesamento che ci porta il cambiamento climatico, il quale “sfida e rifiuta le idee illuministiche…perché suggerisce – anzi dimostra – che forze non-umane sono in grado di influire direttamente sul pensiero umano”.

Il romanzo di Wu Ming 1 risponde alla chiamata del cambiamento che deforma il nostro immaginario: fra i misteri a cui Antonia si accosta il più eclatante riguarda gli esemplari di Homo Bracteatus che fin dagli anni Settanta-Ottanta hanno lasciato tracce in vari punti del Delta.

Si tratta di  un umanoide anfibio col corpo ricoperto di scaglie dorate, sul quale si sono scatenate leggende straordinarie impastate con la ufologia. C’è di che farne un romanzo di fantascienza, e Gli uomini pesce è anche questo ma non solo questo.

È un’opera visionaria in cui l’ipotesi che il bracteatus sia arrivato dallo spazio, da un paese in cui si erano evoluti i dinosauri, trova posto accanto a una panoramica sulla geografia del Delta di assoluto realismo: idrogeologia, geografia e storia del territorio inquadrano il presente e ipotizzano con competenza il futuro.

Mettono il dito sulle piaghe del territorio e propongono soluzioni.

Il finale della narrazione insiste sul compito che Ilario Nevi ha assegnato alla nipote: se lui in prima persona è stato un aedo senza pubblico, esclusi alcuni intimi amici e sodali, ad Antonia resta il compito di ricostruire una collettività attorno alla salvaguardia del Territorio.

Alla letteratura, pure, resta da seguire una analogo cammino, nella proposta così lucida di Gosh che Wu Ming 1 ha accolto e attivato in questo romanzo.

Nota bibliografica:

Wu Ming 1, Gli uomini pesce, Einaudi, 2024

Amitav Ghosh, La grande cecità, BEAT, 2019

Fabio Genovesi, Il calamaro gigante, Feltrinelli, 2021

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/free%20image/

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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