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Care Virginia (leggi Raggi, Sindaco di Roma) e Pinuccia (leggi Montanari, Assessore alla Sostenibilità Ambientale di Roma), come molti di noi, ahimè, temono ecco ancora un altro weekend. Dovrebbe essere una pausa leggera, il meritato riposo dopo una settimana lavorativa impegnativa passata a cercare di rincorrere tram e autobus che non arrivano e metropolitane che si fermano e invece è un temutissimo appuntamento. Soprattutto per coloro che abitano nel centro di Roma. Fortunata che sei, dicono gli amici che ti sanno vivere in zona movida. Ignorano, i carissimi compagni di antiche passeggiate domenicali nella tua piccola cittadina natale, che ormai queste zone versano nel più grande e totale degrado.
Un abbandono quasi completo. Inarrestabile, indecifrabile, indescrivibile. Parcheggi selvaggi (non che in settimana sia meglio), ZTL che scattano solo quando tutti sono già entrati, spazzatura, vetri, sacchetti e cocci di bottiglia ovunque, ubriachi vocianti (per non dire urlanti e vomitanti) su scalinate e sotto i portoni imbrattati. L’incubo del fine settimana arriva, per residenti e non. Chi cerca un parcheggio non si cura di urtare le auto altrui, i cui proprietari ignari, svegliandosi la domenica mattina, hanno spesso la bella sorpresa di bozzi alati da tutte le parti. Si passa, si ha fretta, e allora gli specchietti sono solo un’inutile noia. Non una multa, non un vigilante, non un controllo.
Per non parlare degli ammassi di rifiuti e cenci che si trovano adagiati su alcune scalinate che portano al ventilato e meraviglioso Gianicolo. Tanto chi controlla, chi vede o sente nulla. Questa è Roma, devi avere pazienza, mi dicono. Protestare non serve a nulla, denunciare nemmeno. Ma come si può, carissime Virginia e Pinuccia, accettare che questa capitale, specchio delle meraviglie di un paese bellissimo, vetrina di presentazione dell’Italia intera, sia lasciata a tanto degrado? A chi, come me, rientra dopo tanti anni di lavoro all’estero, consapevole di quanta arte e bellezza ci riconosca il mondo intero, a chi come me ha fatto ogni sforzo per rappresentare e presentare il bello di questo paese nel mondo, come si può chiedere di accettare questo? Non mi rispondete, vi prego, con il classico nemo propheta in patria. Sarà anche in parte storicamente vero ma inaccettabile.
Vogliamo parlare poi degli ambulanti selvaggi che invadono strade e piazze, spesso nascondendo, da abusivi, la vetrina di chi paga regolarmente le tasse? Non voglio citare le buche, se non per esserci finita almeno una ventina di volte appena la pioggia allaga le più belle vie del centro. O il blocco del traffico privato, annunciato la sera prima per il giorno dopo, in assenza di alternative pubbliche. La sostenibilità, questa grande parola, si scrive di una Roma sostenibile e che lotta agli sprechi. Tutto bello, ma ancora non funziona. Chiediamo solo controlli, rispetto, regole, da cittadini lavoratori (per chi abbia la fortuna di essere in tale categoria) che siamo. Da uomini e donne che vogliono solo vedersi riconoscere come essere umani normali, pensanti (e dormienti, status spesso impossibile). Non basta essere onesti per governare, così come non basta essere cinesi per insegnare bene la lingua cinese, come dice Vittorio Sgarbi. Ci vuole competenza, professionalità, studio, umiltà, dialogo e ascolto. E permettetemi, piaccia o no, tanto tanto controllo. A voi ora.
Foto in evidenza: Getty Images

Profilo Twitter di Virginia Raggi, vedi

Profilo Twitter di Pinuccia Montanari, vedi

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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