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A che scopo impegnarsi, studiare, verificare i dati, verificare le teorie e i risultati pratici delle politiche economiche passate se basta la frase “l’Italia ha un alto debito pubblico” per stoppare qualsiasi opposizione e far partire l’applauso?
In nome del debito pubblico e del rispetto dei cosiddetti parametri europei qualsiasi sacrificio non è più tanto indigesto da accettare e nessuna motivazione può essere altrettanto seria per sfidare il dogma. La discussione finisce in quel momento: all’enunciazione di quella frase tutti zittiscono, come quando il prete in chiesa dice “preghiamo” e cala il silenzio tra i fedeli.
Un rito a cui non ci si può sottrarre a meno di non voler uscire dal Tempio. E dopo l’enunciazione si può accettare persino la cancellazione di quei diritti per i quali intere generazioni passate hanno lottato: pensioni, salari decenti, articolo 18. E allo stesso tempo piegarsi alle tutele crescenti e al retributivo, anche se tutto questo costa la condanna di intere generazioni future, che comunque attribuiscono la colpa della loro sfortuna a tutti coloro che li hanno preceduti e non a chi ha legiferato, tramato, si è arricchito e continua a dispensare consigli nei talk show.
Lo stesso Monti, uno dei padri della nostra austerità, si meravigliava del fatto che una riforma recessiva come quella della Fornero fosse stata accettata senza manifestazioni di piazza o proteste particolari. Oggi non solo è possibile far passare senza problemi riforme dannose e inutili, ma è anche possibile che chi le legifera possa meravigliarsi a posteriori dell’accondiscendenza e della docilità dei cittadini.
I nuovi politici, o presunti tali, e l’informazione tutta impara e si semplifica la vita allineandosi al potere ed elogiando la semplificazione. Salvini che “ingiuria” il limite del 3% diventa un “estremista” e un “populista”, mentre Monti che ha impoverito i sogni e il futuro di una generazione diventa un “moderato” degno degli applausi del pubblico di Floris.
Se qualche timida domanda si leva sul perché abbiamo un così alto debito pubblico si risponde come si risponderebbe a un bambino che ignora le cose della vita: “è stata la corruzione bellezza”. Mai un approfondimento che dal punto di vista dell’economia, e perché no della politica economica, abbia un senso logico.
Se provassimo però a mettere da parte la poca voglia di obiettività dei politici e la scarsa capacità informativa dei presentatori tv e volessimo cominciare a ragionare seriamente sul debito pubblico, si potrebbero utilizzare i seguenti dati:
Tutti i dati indicano che quello di cui avremmo bisogno è un’inversione di tendenza, un’opera di leale condivisione con i cittadini italiani delle verità contabili e delle disastrose scelte di politica economica e dei loro riflessi negativi sul sociale. Scelte fatte finora, ma che troppi partiti e movimenti vogliono continuare a fare in futuro.
Abbiamo bisogno di persone che sappiano ma anche che capiscano e che poi ci dicano come e perché è stato ipotecato il nostro futuro, andando oltre il muro della frase “abbiamo un così alto debito pubblico”.
L’accettazione come verità inconfutabile e non superabile del limite psicologico del debito e dei non scientifici parametri di Bruxelles sul deficit impedisce di attuare quelle politiche sociali e di aiuto ai cittadini che ne hanno assoluto bisogno e rende persino difficile comprendere il perché dell’esistenza dello Stato.
Limiti che, oltre a non essere scientifici, non sono accettati da tanti economisti che meriterebbero più attenzione da parte degli organi di informazione e dei cittadini stessi. Economisti, anche premi Nobel, che attribuiscono il perdurare della crisi e la stagnazione dell’economia proprio alla scelta di dedicarsi all’abbattimento dei debiti pubblici e al rispetto di parametri avulsi dalla realtà.
L’austerità impedisce la crescita e non la stimola e questo sistema di ignoranza economica che ci sta guidando da anni ha reso possibile l’impoverimento generale a favore di un aumento spropositato delle disuguaglianze nel mondo e in Europa, dove si è passati da una crescita media del 5% dei primi decenni dell’ultimo dopoguerra a un asfittico zero virgola dei tempi moderni e dopo l’affermazione delle politiche neoliberiste.
Forse siamo a una piccola svolta, i cittadini hanno rivoluzionato il loro modo di votare dando voce ai ‘populisti’ e agli ‘estremisti’, cioè a quelli che vorrebbero più attenzioni per il popolo e più logica nei rapporti internazionali. Forse anche Floris smetterà di invitare Monti e la Fornero in trasmissioni da one man show e rispetterà il fatto che più del 50% dei cittadini hanno votato contro e per la cancellazione delle loro politiche. Ma forse, e purtroppo, tutto questo sarà inutile se non smettiamo di applaudire i cattivi samaritani.
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica dell’oggetto giornale [1], un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare il basso e l’altocontaminare di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono” dentro e fuori di noi”, denunciare il vecchio che resiste e raccontare i germogli di nuovo, prendere parte per l’eguaglianza e contro la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo..
Con il quotidiano di ieri, così si dice, ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Tutto Periscopio è free, ogni nostro contenuto può essere scaricato liberamente. E non troverete, come è uso in quasi tutti i quotidiani, solo le prime tre righe dell’articolo in chiaro e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica, ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni” . Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e ci piacerebbe cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori) a tutti quelli che coltivano la curiosità, e non ai circoli degli specialisti, agli addetti ai lavori, agli intellettuali del vuoto e della chiacchera.
Periscopio è di proprietà di una S.r.l. con un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratico del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.
Nato quasi otto anni fa con il nome ferraraitalia [2], Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Conta oggi 300.000 lettori in ogni parte d’Italia e vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma anche e soprattutto da chi lo legge e lo condivide con altri che ancora non lo conoscono. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante. Buona navigazione a tutti.
Francesco Monini
[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.
[2] Non ci dimentichiamo di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno il giornale si confeziona. Così Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto.
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
L'INFORMAZIONE VERTICALE