18 Ottobre 2022

JOHN FANTE E I COLONNELLI DI ENRICO LETTA

Benito Boschetto

Tempo di lettura: 4 minuti

Il grande scrittore italoamericano, inizia il suo capolavoro “Chiedi alla polvere”, con un aneddoto apparentemente banale. A letto nella sua camera di albergo, vede un biglietto che la padrona gli aveva infilato sotto la porta. O pagavo o me ne andavo. Un grosso problema, dice, che risolsi spegnendo la luce. Insomma, chissenefrega!
E’ quanto è accaduto a Enrico Letta con i suoi colonnelli.
Intanto la sconfitta elettorale de PD non è solo di Letta, ma di tutto un gruppo dirigente di pavidi poltronari, senza dignità e spina dorsale. Un dato di verità che si tende più ad occultare, che a farne una presa di coscienza. La battaglia era difficile. Si sapeva. E proprio per questo, richiedeva un supplemento di coraggio, di entusiasmo, di impegno. E anche di rischio. Tutto questo il pegno da pagare.
Invece questi colonnelli, tutti, come Fante, hanno spento la luce. Sono rimasti senza pagare nessun tipo di pegno. Si sono acconciati nel listino bloccato per garantirsi la rielezione. Nessuno, dico nessuno, si è presentato nei collegi uninominali a cercare voti per il partito. Nessuno ha fatto campagna elettorale. Hanno lasciato solo il povero  front runner.
La politica o è un servizio eticamente ispirato, o diventa solo una sinecura del proprio egoismo. Così è stato.
Oggi si sente un coro ipocrita, che sta lì a cianciare sulla necessità di una ‘riflessione’, con l’unico argomento delle alleanze, ancora di là da venire. Una riflessione di una povertà imbarazzante. Insomma, mentre il problema è grande, le chiacchiere, come si dice, stanno a zero.
direttore d'orchestra
Quando invece occorrerebbe partire da un solo dato autocritico. Se un partito di… sinistra sta dieci anni al governo e, in questo periodo, le disuguaglianze e la povertà aumentano in modo sconcertante, il suo fallimento è conclamato.
Una povertà economica, sociale, ambientale. Una povertà educativa. Una povertà del lavoro. Una povertà salariale e culturale. Tutti fattori che compongono il caleidoscopio della nostra società, e che ci vedono in fondo a tutte le classifiche più significative.
E dieci anni al governo a che sono serviti? A chi sono serviti oltre a chi c’è rimasto così comodamente?
Nel più grande bacino elettorale, la Campania, che governa da molti lustri, il Pd non ha conquistato un solo, uno solo, dei collegi uninominali. E non è andata meglio nelle altre regioni meridionali, dove la povertà è più grande e cronica.
Non è questa una punizione che parla? Anzi che grida? Non è questo l’urlo di un popolo che esprime la propria rabbia?

La vecchia classe dirigente, tutta non solo il segretario, ma tutta la schiera dei colonnelli deve prenderne atto e andare a casa. Cioè pagare e non spegnere la luce.

Ha ragione Fabrizio Barca che invoca scelte e decisioni radicali. Se no, non se ne esce, dice. E chi non ha la dignità morale di farlo da sé, ci deve essere qualcuno che lo fa per lui.
E invece abbiamo colonnelli che non solo si sono garantiti per sé, ma anche per le proprie mogli… Largo alle mogli se sono brave, ma fuori i mariti, per stile e dignità.
Non si può non ripartire, insomma, che da una vera nuova classe dirigente di giovani, ragazze e ragazzi, sensibili al problema delle povertà. Capace di proporre idee e ricette nuove. Radicali. Coraggiose. Ricette che recuperino il senso di una vera idealità di sinistra. Senza paure. Senza le ambiguità di un moderatismo deprimente e irritante, che scambia le paure dell’utopia, con un’idea banale del buon senso.
Ammoniva il cardinale Martini a non confondere la moderazione necessaria all’agire in un mondo complesso e dialettico, come è quello democratico, con il moderatismo. Su quasi tutto invece il Pd è apparso frenato. Un po’ meno sui diritti civili. Ma drammaticamente assente su quelli sociali, in un periodo di grande crisi di persone e famiglie
Crisi di risorse basiche per mettere assieme i bilanci familiari. Ma anche e, soprattutto, crisi di speranze e di futuro.
Una crisi questa che penalizza particolarmente i giovani nei loro progetti di vita.
I vecchi colonnelli, con i vecchi riti, i vecchi vizi, le vecchie pastette fatte solo di odiosi tatticismi, volti solo a massimizzare le loro convenienze, devono sparire.
Lo chiedo come elettore non più disposto a dar più credito a chi, al potere, non ha fatto nulla di significativo, e oggi viene a pontificare su quello che si deve fare. È moralmente delegittimato e Intollerabile.
So di essere solo una voce. Ma credo di esprimere un sentimento di molti che si sentono di sinistra, e non si sentono rappresentati. Con il rischio ulteriore di lasciare questa rappresentanza ad un partito farlocco come i 5 Stelle di Conte che continua, l’antico imbroglio che abbiamo pagato a duro prezzo. Sveglia ragazzi!!


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L’autore

Benito Boschetto

Aretino di nascita, fiorentino di formazione, milanese di adozione. allievo di padre Ernesto Balducci. Top manager in aziende pubbliche e private (Camere di Commercio, Borsa Spa, Società immobiliari, organizzazioni no profit). Analista politico. Socio fondatore della Associazione ONLUS Macondo Ha sviluppato progetti di cooperazione e solidarietà a favore del popolo palestinese.
Benito Boschetto

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