Un negozio nuovo nel centro di Ferrara. E non vende bastoni da selfie o maglie made in China, non è una filiale bancaria, non è un bar a gestione asiatica e nemmeno un compro-oro. Mette in mostra e in vendita oggetti che arredano una casa e portano la bellezza sopra i muri. E’ un genere di cui ci eravamo quasi dimenticati, in questi anni passati ad assemblare armadi avvita-e-incastra e seggiole in pura plastica. Ad aprire un negozio di antiquariato è Carlo Zoboli, che festeggia così il suo ottantesimo compleanno. Una credenza, qui, può costare come un’intera cucina. Ma è un pezzetto di storia, condensato di sapienza artigiana, levigatura di essenze secolari senza colle in mezzo né catene di montaggio alle spalle.
Non è poi neanche che siano lì per essere per forza comprati, questi mobili e tavoli del Settecento, questi quadri da galleria d’arte, queste sculture lignee da cattedrale gotica. “Volevo fare un museo per la città”, dice Zoboli, neo-negoziante con l’entusiasmo di un ragazzo e la sapienza di chi ha curiosato, guardato, toccato, comprato e rivenduto cose preziose per oltre sessant’anni.

“Qualche mese fa mi hanno chiamato dal Comune – racconta – e mi hanno dato appuntamento qui, accanto al teatro comunale, di fronte alla torre principale del castello”. C’erano l’assessore comunale alla Cultura Massimo Maisto e l’assessore al Commercio Roberto Serra; erano davanti al negozio che Zoboli ammirava fin da bambino, quello con le vetrine che si allungano sul marciapiede e creano un passaggio sotto al portico. Una volta era una boutique di moda maschile, elegante. “Le guardavo sempre con desiderio, queste vetrine. Erano quelle di Brighenti, che vendeva le cravatte di Marinella. Mio padre me ne ha regalata qualcuna, per certe occasioni”. Fino all’anno scorso facevano bella mostra vestiti di eleganza classica, femminile. Poi il negozio ha chiuso. Lo spazio fa parte del patrimonio immobiliare del Comune. Ed è in un punto strategico, sul corso che affianca Duomo, Castello e Palazzo Ducale e dentro allo stesso edificio che accoglie il Teatro comunale. Ecco perché gli amministratori cittadini hanno pensato a lui. Un negozio di opere d’arte, di storia, cultura, sapienza artigiana. In vetrina, ora, due quadretti raccontano quello che vedi di là dalla strada: una veduta del Duomo sulla sinistra e quella del Castello Estense sulla destra. Sono tele dell’Ottocento, dipinte da Giuseppe Chittò Barucchi, vedutista di origini ferraresi molto attivo a Venezia. “Fino a una decina di anni fa – commenta l’antiquario – opere come queste le avrei vendute in giornata a 50mila euro. Adesso i prezzi sono precipitati. I miei clienti erano ricchi e lo sono ancora. Ma c’è la paura, il terrorismo che paralizza, l’economia in crisi con gli zuccherifici che a Ferrara nel dopoguerra erano quattordici e adesso zero, 250 piccoli industriali che se ne sono andati nella provincia di Rovigo, la capitale della frutta che è ormai un ricordo”.
Ma quando c’è una grande passione , gli ostacoli sono solo uno stimolo. Zoboli la proposta del Comune di aprire un negozio l’ha accettata subito. “Il mio non è un lavoro – fa notare – perché il lavoro è fatica, mentre ‘mi am gòd’ (io mi diverto, ndr), è la realizzazione continua di un sogno”. E spiega l’adrenalina di quando va alla ricerca di pezzi da comprare, l’appagamento del desiderio di trovarli e conquistarli, l’esultanza di riconoscere una tela dal modo in cui l’ha stuccata quel pittore, scovata magari in una vecchia soffitta, di distinguere quel particolare modo di fare falegnameria tipico di una certa zona d’Italia in una data epoca rispetto a quello di una regione confinante qualche decennio dopo.
“L’arte – racconta – per i critici è materia di studio sui libri, invece per un antiquario è conoscenza diretta, materiale. Ho imparato tanto toccando mobili e opere, frequentando le case dei collezionisti e i laboratori di restauro, dove scopri le tecniche che caratterizzano ogni pittore, scultore, artista del legno, artigiano”.
“Sono stato un uomo molto fortunato”, sospira. Inizia a lavorare a 17 anni per aiutare il padre a pagare il mutuo della casa e diventa rappresentante per la ditta Lombardi, che commercia dadi da brodo. Poi, nel 1960, conosce Paola, “una ragazza che mi piaceva da morire e che era figlia dell’antiquario Tancredi”. Comincia così a lavorare per lui. “Nei primi anni – ricorda – ero rimasto affascinato da questo lavoro per i guadagni che si potevano fare, poi ho iniziato a studiare e l’amore per l’arte è diventato la molla di tutto, un amore che cresce ogni giorno”. Tra le sue mani sono passati gli olii di fine Cinquecento e inizio Seicento di Ippolito Scarsella, detto lo Scarsellino; le opere del cinquecentesco Bastianino (nome d’arte con cui è conosciuto Sebastiano Filippi) e di suo padre Camillo Filippi; i dipinti di Benvenuto Tisi da Garofalo. “L’acquisto – spiega – è come una caccia. La sensazione più bella ce l’hai quando riesci a portare a casa qualcosa che ami”. E per trovare queste cose, da sempre Zoboli si aggira tra botteghe e case private, come un investigatore impara a farsi dare le dritte giuste, a entrare in confidenza con chi può indicargli dove trovare pezzi di pregio, a suo agio con portalettere e signori di paese come con i grandi nomi del mestiere, come Vittorio Sgarbi a cui ha aperto tante volte le porte della sua casa, a tarda notte.
Non ha badato a spese, dunque Zoboli, per riaprire questo negozio con la sua insegna. Trentamila euro solo di vetri e vetrine, poi il pavimento rifatto andando a scavare oltre mezzo metro di profondità, il parquet nuovo, l’ex magazzino al piano di sopra che è diventato un salottino con vista sul fossato per altri 100mila euro e più di ristrutturazione. Una follia ripartire così al compimento degli 80 anni? Lo guardi e pensi che gli anni – su di lui – sono passati leggeri. Gli occhi che brillano di energia ed entusiasmo come accade solo a chi continua a emozionarsi, a chi non molla mai, a chi attraversa la vita tutta d’un fiato. Come ciò che vende, sul corso buono ferrarese dedicato ai Martiri della libertà. Roba a cui il tempo non fa che aggiungere valore.

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Giorgia Mazzotti
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