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Molti giornali non solo scrivono ma titolano che fare il Presidente della Repubblica era il sogno di Berlusconi da piccolo. Lo fanno con la solita condiscendenza, come fosse una notizia, come fosse un dispiacere per l’Italia tutta che quel sogno non si sia avverato.

A parte che assai probabilmente è una balla grande come una casa, una delle mille e mille che Berlusconi ci ha rifilato in questi (troppi) anni, è anche un bel chi se ne frega, diciamolo.

Che lo sognasse da bambino vuol dire che oggi ne avrebbe più diritto, più merito, più non so cosa? Perché a leggere su certi giornali, sempre genuflessi, questa Ode al povero Cavaliere caduto da cavallo (Foscolo perdonami) sembrerebbe proprio di sì. E la cosa peggiore è che citare quell’ipotetico temino infantile sembra una cosa commovente, che fa onore a Berlusconi, che un poco lo risarcisce della delusione. Invece è solo patetico, e anche ridicolo (le due cose vanno spesso a braccetto).

Quanti bambini avranno scritto a sette anni “da grande voglio fare il Presidente della Repubblica?”. Pochi, mi figuro, pochi megalomani malamente politicizzati già a quell’età. Ma qualche decina o qualche centinaia ci sarà stato. Che facciamo? Un’ode anche per ciascuno di loro? Un bel titolone di prima pagina, o in Home page? E tutti quelli che volevano fare gli astronauti e ora portano in giro le sacche di Glovo rovinandosi la salute e rischiando la pelle correndo in strada per quattro euro lordi l’ora? Quei sogni infantili malamente spezzati come li risarciremo? Avremo la stessa attenzione e compassione (in senso nobile)?

C’era chi voleva sposare Simon Le Bon e qualcosa – più di qualcosa – ne ricavò anche, a conferma che i sogni è sempre bene inseguirli tenacemente, ma quel matrimonio non s’era da fare e non si fece, e il Paese non ne soffrì più di tanto, che io ricordi.

Pudore pudore… (Raffaella Carrà, 1979).

Nota: questo articolo di Piergiorgio Paterlini è già uscito il 23 gennaio in  http://paterlini.blogautore.espresso.repubblica.it/

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Piergiorgio Paterlini

Nato a Castelnovo di Sotto, in provincia di Reggio Emilia, nel 1954, è autore di libri, programmi televisivi e testi teatrali. Assieme a Michele Serra e Andrea Aloi, è tra i fondatori del giornale satirico «Cuore». Scrive per «Repubblica» e per l’edizione online de «l’Espresso», dove tiene il blog d’autore «Le Nuvole». Tra i suoi libri: Ragazzi che amano ragazzi (Feltrinelli, 1991, 15 edizioni), Matrimoni gay, (Einaudi Tascabili Saggi, 2005), l’autobiografia a quattro mani con Gianni Vattimo Non Essere Dio (2006, nuova edizione aggiornata Ponte alle Grazie, 2015), Fisica quantistica della vita quotidiana. 101 microromanzi (Einaudi, 2013), I brutti anatroccoli (Einaudi, 2014) e Lasciate in pace Marcello (Einaudi, 2015). Matrimoni (Einaudi, 2014), Bambinate (Einaudi, 2017). Ha sceneggiato il film Niente paura, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2010.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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