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27 Gennaio 2020

Una vita in un film

Tempo di lettura: 3 minuti


Cavatina (Stanley Myers, 1970)

Note gentili di chitarra entrano nella mia testa, si fanno strada tra i pensieri sottovoce. Li seducono, li fanno innamorare carezzandoli. Risvegliano vecchi ricordi sopiti, infinitamente preziosi. E ripenso a me: un ragazzo nei suoi anni migliori, indimenticati, indimenticabili, estinti per sempre e per questo perfetti, indispensabili.
Chiudo gli occhi per orientarmi meglio in questo ennesimo viaggio della memoria, e come sempre la musica m’accompagna, mi guida.
Amo ciò che ho, che ho conquistato, che mi è rimasto. Amo mia moglie, il mio cane. E penso a mia figlia, Vittoria è il nome che sarebbe piaciuto a mia moglie. Se fosse mai nata adesso avrebbe circa tredici anni. Chissà a chi avrebbe somigliato, se avrebbe avuto la passione per il disegno o per il canto. Magari per entrambe le cose o per qualcos’altro. Sarebbero stati comunque i suoi anni perfetti, come lo erano i miei alla sua età, con tutti i drammi, le gioie, le risate e le lacrime di una vita appena scoperta, ancora in gran parte sconosciuta ma già piena d’emozioni, di colori da ubriacarsi e di luce da accecarsi. A quell’età la vita si prende senza precauzioni, ed è forse proprio questa la magia d’esser giovani. Chissà.

Ricordo che a quell’età vidi un film che mi fece immaginare d’essere adulto, e piansi.
‘Il Cacciatore’ fu il film più bello che mai vidi nella mia vita, e… che strano: dopo mezzo secolo è ancora così!
Cosa rara, forse unica, essere appena adolescenti ed avere già la fortuna di poter vedere un film come questo.
Spesso capita che la perfezione sia opera del caso, e mi pare sia proprio questo il caso.
L’amore, l’amicizia, la gioia, il coraggio, la crudeltà, la disperazione, la perdita, la vicinanza, il sacrificio, la sofferenza. Il passato irripetibile, il presente inevitabile. Quel senso di vuoto lasciato dal tempo che scorre implacabile, ciò che avevamo e che, a ripensarci, ci manca come l’aria. Il sorriso di un amico che non c’è più.
Tutto questo in un film. Come la vita di ognuno di noi, e senza nemmeno dover vivere il dramma di una guerra.
Sta tutta qui la grandezza de ‘Il Cacciatore’. Etichettato frettolosamente come un film sulla guerra del Vietnam, in realtà è un film totale. In esso c’è tutta l’umanità spendibile in una vita intera, tutta condensata armoniosamente in poco più di due ore di proiezione. Forse troppo per un ragazzo della mia età d’allora, ma abbastanza perché me ne innamorassi.

Tutti gli attori furono strepitosi. Da De Niro alla Streep, da Walken a Savage. Ma un ricordo personale lo dedico a John Cazale, che in questo film recitò per l’ultima volta prima di abbandonare questa esistenza per un cancro ai polmoni. Sapeva d’essere malato terminale, tutti lo sapevano, sapeva anche che probabilmente non sarebbe sopravvissuto all’uscita del film nelle sale. Faceva la chemio durante la lavorazione del film, ma recitò con l’impegno e l’intensità di sempre, fino all’ultimo ciak.
Cazale non si rivide mai nel suo ultimo personaggio, non fece in tempo. La sua carriera d’attore fu brevissima, ma, caso forse unico, i cinque film in cui recitò furono tutti capolavori. Grazie John.

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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