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di Mario Zamorani*

Come non voler bene a papa Francesco che nella Lettera Apostolica Misericordia et misera, a conclusione dell’Anno Santo, interviene per “celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri”?
Il Papa ripetutamente si adopera per stimolare la “comunitas fidelium” al messaggio evangelico di attenzione e aiuto nei confronti degli ultimi, siano essi poveri, detenuti, emarginati o migranti. Per quanto mi riguarda gli sono vicino pur nella mia posizione di agnostico, non ateo (perché resistere alla ragionevole attrazione del mistero? Penso per esempio al fascino misterioso del perdono); anche, per rispetto, non tacendo sulle differenze.

Relativamente alla lettera, il passo di cui soprattutto si parla fa riferimento alla possibilità di perdono per chi ha commesso il peccato di aborto, estesa a tutti i sacerdoti. Non viene meno la “pena” della scomunica per chi ha commesso questo peccato, ma si amplia la via per uscirne.
Anche se in fondo il perdono di Dio, prima ancora che dalla confessione, passa dal sincero pentimento e dal “fermo proposito di non peccare più”, e si potrebbe quindi dire che stiamo parlando della conferma di un principio che tutti imparano già con i primi rudimenti religiosi. Eppure la sottolineatura di questa nuova procedura va a toccare, credo, nervi scoperti di resistenza in non poche persone delle gararchie cattoliche che non vedranno tale novità con sincera ed evangelica convinzione.
I Radicali sono stati avanguardia nel rendere possibile l’interruzione di gravidanza legale, consapevoli che la condanna dell’aborto non ha mai fermato l’aborto, l’ha solo cacciato nelle zone oscure della società, dove le donne morivano di setticemia e alcuni medici si arricchivano; la legalizzazione di questa pratica ha sconfitto l’aborto clandestino e ne ha reso possibile una drastica diminuzione. Naturalmente si tratta di piani diversi, da un lato quello civile di uno Stato che legifera per la salute dei suoi cittadini, dall’altro quello religioso. Credo anche che in gran numero le donne che nel tempo sono ricorse all’interruzione volontaria di gravidanza, se credenti, siano comunque venute alla consapevolezza e convinzione di sentirsi comunque nell’alveo della Chiesa; persino prima della parole del Papa. C’è distanza fra il sentire diffuso e lo Stato ma c’è anche, su alcuni aspetti, distanza con la Chiesa.

La lettera parla anche del momento della morte. Anche su questo aspetto credo che cittadini e credenti siano in maggioranza orientati contro le disposizioni delle leggi e i pricipii della Chiesa. Che in maggioranza considerino come auspicabile il ricorso al testamento biologico e persino all’eutanasia (in presenza di condizioni rigorosamente determinate) per evitare sofferenze insopportabili nel fine vita, proprio in nome del più rigoroso rispetto della vita umana.
Nella Chiesa la condanna dell’aborto è cresciuta nel tempo: prima con scomunica rispetto al solo “feto animato” (a partire dalla sesta settimana), poi rispetto ad ogni aborto fin dal concepimento, poi persino rispetto ad ogni pratica contraccettiva. Va notato che per la Chiesa si parla di aborto possibile già dopo la fusione fra spermatozoo e ovocita, mentre per la scienza (OMS) la gestazione inizia solo dopo l’impianto nella mucosa uterina. Quindi il profilattico o le pillole del/dei giorni dopo non sono abortive per la scienza e sappiamo bene quando profondi nel tempo siano stati i conflitti fra Chiesa e scienza.
A questo proposito la lettera dice: “Ancora oggi intere popolazioni soffrono la fame e la sete, e quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi”. Le previsioni a lungo termine delle Nazioni Unite parlano di 4,4 miliardi di africani nel 2100 (picco per l’Africa subsahariana), in un mondo con poco più di 11 miliardi di abitanti. Dopo aver citato la campagna radicale contro lo sterminio per fame nel mondo, ricordo quanto ha scritto Dacia Maraini sulla contraccezione in generale: “Strana e ripetuta contraddizione che la Chiesa ripropone con spavalda incoscienza. La logica vorrebbe che proprio per non abortire si ricorra ai contraccettivi. Se tutte le coppie del mondo usassero gli anticoncezionali, anche il semplice e meccanico preservativo, non ci sarebbero più gravidanze indesiderate. E se non ci fossero gravidanze indesiderate, non ci sarebbero aborti. Quindi la battaglia dovrebbe essere per una maternità responsabile: fare un figlio quando lo si può crescere con un minimo di cura e di affetto, non farlo prevenendo la concezione”. E ancora, proprio in relazione alle morti per fame e sete e parlando di Aids: “Di tutti i preti coraggiosi che ho conosciuto in Africa non ce n’era uno che fosse d’accordo con questa assurda pretesa. A dispetto delle regole e forse col consenso tacito delle gerarchie lontane, gran parte dei missionari hanno favorito e continuano a favorire l’uso dei preservativi”. Quanto ancora dovremo aspettare per una parola ufficiale della Chiesa in questo senso? Ricordo infine le parole di Marco Pannella: “Concepire con amore o procreare come bestie?”.

Su un punto riconosco una superiorità del Papa, in questa lettera e non solo, rispetto alla quasi totalità della politica occidentale: questa è alla continua ricorca del nemico, Francesco no.

*Pluralismo e dissenso

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Redazione di Periscopio


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