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Quanto di quello che ci succede accade per caso? Probabilmente tutto, anche ciò che crediamo di poter controllare attraverso le scelte che facciamo ogni giorno.
Libero arbitrio o pia illusione? Fiduciosi artefici del nostro destino o felicemente in balìa di questa cosa caotica chiamata esistenza?
La verità è che viviamo perennemente in bilico, e quando fatalmente ce ne accorgiamo è sempre troppo tardi…

… Viki era bellissima coi capelli neri e lisci che portava lunghi e sciolti sulle spalle, ed era ancor più bella quando tornava dall’ufficio coi capelli raccolti da un cerchio di madreperla verde e gli occhiali da vista ancora appoggiati sul naso. Il viso stanco dopo una giornata di lavoro le conferiva un’aria in qualche modo sensuale, e quando glielo facevo notare si scherniva dicendomi che non ero affatto obiettivo perché innamorato, in altre parole che ero rincitrullito.
Da buona italiana le piaceva la pizza e andava matta per il gelato alla nocciola e menta.
Viki era astemia, amava gli animali e odiava il fumo delle sigarette. Suo padre, accanito fumatore, aveva appena superato la quarantina quando morì per un carcinoma ai polmoni, lasciandola orfana all’età di dodici anni.

Avevamo molto in comune io e Viki: lei come me amava andare al cinema e come me preferiva il mare per rilassarsi nel weekend.
C’incontrammo la prima volta al compleanno di Michael, un comune amico. Quella sera i miei amici dovettero insistere parecchio per convincermi a uscire e fare un salto alla festa. Alla fine, mio malgrado, accettai.
Non stavo attraversando un bel periodo: avevo perso i miei genitori in un incidente d’auto appena tre mesi prima e dal giorno della loro morte ero profondamente cambiato. Ero convinto che la vita mi avesse punito con la più grande delle ingiustizie e non sopportavo di stare in mezzo agli altri. Mi sentivo come un guscio vuoto che non aveva più niente da dare, non credevo più in niente e non cercavo l’aiuto di nessuno.

Alla festa mi misi in un angolo a osservare la gente con l’aria di chi non vede l’ora d’andarsene. Fu allora che incrociai lo sguardo di Viki che dopo nemmeno un minuto mi venne incontro per parlare.
A dire il vero, tuttora non ho ben chiaro quale fu il motivo che la spinse ad attaccar bottone proprio con me, ma il fatto è che appena iniziammo ad aprir bocca fu come se ci conoscessimo da sempre.
Viki non mi fece domande sulle cause del mio malessere, io stavo accarezzando il border collie di Michael e lei, senza che le chiedessi nulla, iniziò a raccontarmi del suo cane, di quando ancora bambina raccolse quel cucciolo abbandonato per strada e di quando, dopo quindici anni di vita insieme, gli diede l’ultima carezza prima che un’iniezione del veterinario lo addormentasse per sempre.
Parlammo del mare e della burrasca che c’era stata la notte prima, poi di gite in barca e di libri gialli, dei film preferiti e della musica che ci piaceva ascoltare. Chiacchierammo tutta la notte fino all’alba.
Da quella volta continuammo a vederci regolarmente, finché capimmo che il nostro destino era quello di stare insieme.

Io e lei non smettemmo mai di scambiarci la vita. Lo facevamo in modo semplice: con le parole, coi gesti quotidiani, con gli sguardi, coi pensieri. Usavamo tutto quello che avevamo: i nostri corpi, la nostra immaginazione, gli oggetti che ci circondavano e anche i nostri silenzi.
Era il nostro mondo perfetto, fatto solo per noi. Fino a due anni fa…

E ora che ci penso, ora che finalmente rivedo tutto quanto con la giusta lucidità, in questo nuovo giorno dopo tutti i giorni passati a rimuginare e con tutto il tempo che mi resta per ricominciare… È già troppo tardi, troppo tardi, troppo tardi!

It’s Too Late (Carole King, 1971)

It’s Too Late (Carole King, concerto del 1971)

It’s Too Late (Carole King e James Taylor, concerto del 2007)

It’s Too Late (James Morrison, 2006)

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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