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Quasi tutti i posti a sedere della sala grande della libreria Nannini a Milano erano oramai occupati.
Mancava infatti molto poco alla presentazione dell’ultimo romanzo di Edoardo Casati , autore molto amato in città, affermatosi per quel suo raccontar storie ricche di emozioni intense, mai banali.
La conclusione dell’intervento di Edoardo fu accolto da un applauso caloroso da parte di un pubblico molto attento.

La firma delle copie del suo libro aspettava adesso l’autore.
Già si era formata una discreta fila di persone che si sviluppava per tutta la lunghezza della libreria
-A Elena e Daria. Grazie!-
A sentire queste parole Edoardo smise di scrivere la dedica,
alzò gli occhi quasi a volersi sincerare bene della provenienza di quella voce che gli suonava particolarmente familiare.
-Elena! – esclamò sorpreso- ma allora non mi sono sbagliato, sei proprio tu!-
Elena sorrise
– Dai scrivi i nomi che ti ho detto ma, dopo, non scappare!
Ti aspetto qui a pochi passi, mi trovi al Continental, ci prendiamo un caffè insieme-

Edoardo spinse la porta girevole del bar con una certa decisione mentre con uno sguardo veloce passava in rassegna tutte le persone sedute ai tavoli della distesa all’aperto del Continental , ma Elena non c ‘era . In quel momento si sentì chiamare:
– Edoardo, sono qui.. finalmente sei arrivato! Ho trovato due posti nella saletta rossa, di sopra…dai vieni con me-
Elena gli era venuta incontro e insieme si diressero verso la stretta scala a chiocciola di legno che portava ad una piccola sala tappezzata di velluto rosso da dove si godeva una splendida vista sulla piazza principale.
– Qui stiamo più tranquilli. Cosa aspetti a baciarmi?-
Edoardo la guardò sorridendo mentre il viso di Elena si avvicinava al suo.
-Ma come hai saputo?-
-Sei famoso adesso. Te lo avevo detto che le tue cose sarebbero piaciute molto qui.
Ho letto l’articolo sul Corriere di giovedì ed eccomi ,se aspettavo che mi chiamassi tu…-
– Ma sai quante volte ho fatto il tuo numero e poi …-
– Non cambierai mai!- disse Elena con un velo di tenerezza-.ma adesso non mi importa. Piuttosto dimmi: come stai ?-
In quel preciso istante entrò il cameriere
– I signori hanno deciso? Vogliono ordinare.- disse entrando nella saletta .
-Ma siete voi!Che piacere signor Edoardo e signora Elena! quanto tempo è passato…
allora so già cosa portarvi :il solito! Vero?
-No…per me solo un caffè , Mario, doppio però!-
-…per me invece il solito…grazie- disse con un sorriso Elena

– Ma cosa vuoi che ti dica…Sono sceso dal mio rifugio in collina per questa presentazione…sai oggi si fa così…-
– Lo so…questo lo so- lo interruppe Elena- ma intendevo tu come stai?-
– Non sono più abituato a questo genere di domande- rispose Edoardo
– Come sto? Non ci penso. da quando sono rimasto solo passo le giornate a lavorare e faccio anche un po’ di volontariato, ho aperto una specie di doposcuola .Abito adesso in un piccolo borgo e là non c’è nessuno , i ragazzi delle scuole medie cioè non hanno nessuno che li possa aiutare… nulla Do loro una mano coi compiti.
In cambio alcuni mi fanno da guida in montagna, ma ogni anno che passa il percorso diventa sempre più corto e non sono più un ragazzino…
Invece tu ? Fatti guardare…sei sempre molto bella Elena-
– Non vale, tu sei di parte!- disse Elena abbassando lo sguardo- Quindi insomma sei… un orso!
Quello che poi sei sempre stato solo che, almeno fino a quando sei rimasto in città con me, qualche cena, un cinema, il tuo pallosissimo teatro-
– Elena!-
– Oh sì… scusami.- disse con un sorrisetto Elena
– Ma raccontami di te! Perché quella volta non sei venuta? E poi non ti sei più fatta trovare-
disse Edoardo riponendo la tazzina che teneva ancora in mano sul tavolino.
Non fece in tempo ad aggiunger nulla che Elena gli prese la mano adesso libera stringendogliela forte quasi a volerlo rassicurare e disse:
– Lo so che avevamo deciso diversamente…ecco, come al solito adesso piango…uffa!-
Elena accettò con aria rassegnata il fazzoletto offertole da Edoardo
– Adesso ce la faccio….
Dicevo…sono andata a casa a prendere le mie cose, ma una volta là, ricordi? Ti ho telefonato…-
– Ma si… si…ti ho chiesto se potevo venire a prenderti ,ma tu…-
– Ti prego non mi interromper, è già difficile così, molto difficile
Insomma ho voluto sentire la tua voce quasi per trovare la forza .E ti ricordi cosa mi hai detto?-
– Si…anzi no!-
– Mi hai detto che mi amavi e che volevi sposarmi….”basta aspettare!”…solo queste parole-
-Allora ho cambiato idea, non ero più sicura, ero spaventata-
-Ma perché…-
– Non ce la fai proprio a stare zitto vero..
Non volevo il matrimonio, la famigliola felice .Siamo stati insieme tanto tempo e siamo stati bene…liberi…tu avevi i tuoi sogni …non volevo costringerti a cambiarli per me…tu troppo giovane e io avrei solo complicato la tua vita, il tuo avvenire-
-Potevi almeno chiedermelo…-
– Per sentirmi dire cosa? Che saresti stato un marito e un padre premuroso e attento? Che avresti abbandonato i tuoi progetti e cercato un lavoro qualunque subito, che avresti rinunciato a tutto per me? No grazie, non me la sono sentita-

Edoardo stette alcuni secondi in silenzio
-Hai trovato quello che cercavi?-
– Ho trovato Daria mia figlia…-
-Ti sei sposata?-
-Si…-
-Sei felice?-
-Si…-

Elena non aveva ancora staccato la sua mano da quella di Edoardo fino a quel momento.
Quasi istintivamente a quell’ultima domanda la lasciò.
Prese la sua borsetta e tirò fuori un pacchetto.
-Tieni questo è per te-
Edoardo ancora tutto concentrato sulle parole appena dette, senza dir nulla prese il regalo e aprì il pacchetto.
Era un album.
Un album di fotografie, immagini del tempo passato insieme.
Elena si alzò e si sedette in silenzio vicino a lui.

– Mi dispiace disturbarvi..- disse il cameriere entrando nella saletta – ma siamo proprio in chiusura…
– Ma certo Mario, adesso andiamo via subito-
Uscirono lasciando su quel tavolino non solo uno scontrino pagato.

-Deve aver piovuto…-
disse Elena allacciandosi anche gli ultimi bottoni del soprabito per tener lontana un’ aria fredda che adesso le pungeva il viso.
-Dai, cosa dici se facciamo ancora due passi…non è tardi-
-Volentieri…anche perché ti devo ancora chiedere un piacere-
-Cosa mi devi chiedere…dimmi tutto-
– Beh…non è semplice…-
– Se è una domanda di matrimonio me la hai già fatta quaranta anni fa!-disse Elena sorridendo
– E ti ho fatta scappare! No, ho bisogno di te qui adesso…di un accompagnatore per essere precisi-
-Un accompagnatore… un viaggio? Magnifico…e dove ? Montagna come al solito?-
Edoardo la guardò.
Il suo viso assunse una espressione che Elena non riconobbe come una delle solite di Edoardo
-Cosa c’è…non capisco-
– Non posso andarci da solo.È necessario che mi accompagni qualcuno…È tanto che ci penso e
adesso ho deciso. La vita non mi interessa più…da alcuni anni lotto con una malattia mi sta divorando…giorno dopo giorno.. mi sono rivolto ad una clinica oltre confine…-
Edoardo continuò ancora a parlare, ma la mente di Elena si rifiutava di accogliere le sue parole, le respingeva …la testa adesso le girava..
Purtroppo aveva capito bene.
Implacabili le parole di Edoardo continuarono a colpirla
– Devo essere là lunedì prossimo all’ora di pranzo…
Non ho neppure la macchina!-

Edoardo alla fine tacque.
Elena voleva chiedergli tutto e non disse nulla.

Per la strada non passava nessuno.
Elena cercava qualsiasi cosa che le permettesse di scappare, ma tutto intorno a loro era come se si fosse fermato.
Si sedettero lì vicino, su una panchina di legno ancora un po’ bagnata di fronte ad un parco .
– Se non fosse tutto così assurdo ci sarebbe da …-
-Cosa vuoi dire Elena?
-Voglio dire che io ero venuta per chiedere a te… io a te …-
-Cosa volevi chiedermi?
– Ma adesso non riesco…sono sconvolta…-
-Dimmi di cosa hai bisogno, ti serve del danaro…io non ho problemi…lo sai…adesso me lo posso permettere-
-Macche’ danaro…assurdo…non ci vediamo da una vita e tu la prima volta che ci incontriamo cosa mi chiedi? Di….-
Elena non trattenne più il suo pianto
– E io invece che vorrei vivere…che mi sveglio di notte angosciata con l ‘incubo di non vedere più mia figlia…che respiro ogni giorno questa aria come se fosse l’ultima…-
– Ma cosa hai? – chiese Edoardo prendendole una mano
– Tieni leggi tu stesso-
Elena prese dalla borsetta una lettera di dimissioni del San Camillo.
Edoardo la aprì nervosamente e lesse tutto di un fiato la descrizione dell’ evoluzione di un sospetto melanoma e la richiesta di una operazione chirurgica immediata.
– Ero venuta per averti vicino…ai miei non ho detto nulla…aspetto prima l’ esito dell’intervento e dell’esame istologico…inutile allarmarli prima, ma ho paura…tanta Edoardo…anzi sono decisamente terrorizzata…
Tu sei l’unico che può starmi accanto adesso, sei sempre stato con me anche quando eri lontano…poi però dall’anno scorso più nulla. Adesso ho capito…allora ti sono venuta a cercare
Ma io non sapevo …scusami.. però non riesco ad accompagnarti…e poi cosa mi fai dire! Non voglio farlo, non lo farei mai!-

Mentre Elena parlava Edoardo non era riuscito a guardarla negli occhi.La ascoltava facendo ben attenzione a non incrociarne lo sguardo.
La vita ancora una volta aveva rovesciato i suoi progetti.
Dall’addio di Elena era nato il suo successo come scrittore e adesso dalla sua richiesta, una domanda di aiuto di Elena
Mentre rifletteva sull’assurdità della situazione che si era venuta a creare si sentì come portato fuori da quel suo bisogno ossessivo di porre una fine a tutto ciò che lo aveva perseguitato negli ultimi tempi fino a fargli perdere ogni interesse per la vita.
– Non c ‘è tempo da perdere Elena…- alla fine disse Edoardo- lasciami due giorni…devo sistemare tutto ancora una volta…ancora una volta mi cambi la vita… mi servono due giorni ..solo questo-

Quindi si avvicinò ad Elena e, come aveva sempre fatto con lei, le passò dolcemente una mano aperta sulla fronte diverse volte come per mandarle via i pensieri e le preoccupazioni.

Elena a quel gesto dimenticato ma così familiare alzò il suo viso e gli sorrise.

– Non scappo più…rimango qui con te…come ho sempre fatto…faremo questa cosa insieme…non sei sola Elena e, anche se me lo ero dimenticato, non lo sono neppure io

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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