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Platone non aveva ancora assistito ad un concerto di Tommy Emmanuel quando scrisse che “la musica è la medicina dell’anima” perché “dà ali alla mente, slancio all’immaginazione, fascino alla tristezza, impulso alla gioia, vita a tutte le cose”, in pratica riesce a dare “un’anima all’universo”.

Il filosofo ateniese aveva capito molto bene il potere che ha la musica sugli esseri umani; la stessa cosa l’ha capita ed assimilata il talentuoso chitarrista australiano Tommy Emmanuel che porta nei suoi concerti la gioia, la passione e l’esuberanza in ogni nota di ogni canzone che ogni sera suona.

Tommy Emmanuel

Il 29 marzo scorso sono stato al Teatro Duse di Bologna ad un suo concerto, e devo confermare che è difficile non essere felici ai suoi concerti. Assistere ad un suo live è qualcosa di piacevole, corroborante, energetico, terapeutico, magico.

Tommy Emmanuel, definito più volte miglior chitarrista acustico al mondo forse non abbastanza conosciuto quanto meriterebbe, dal punto di vista musicale, ha una tecnica incredibile, soprattutto nel fingerpicking (cioè nel suonare senza plettro), nell’eseguire ritmi sul corpo della chitarra e nel suonare diverse parti contemporaneamente.

Ascoltandolo ci si accorge che, accarezzando le corde della sua chitarra, riesce a sfiorare anche quelle dell’anima perché non gli basta suonarla ma la fa diventare uno strumento da percuotere con le mani, una bacchetta con cui far emettere suoni singolari: lui stesso sa diventare un tutt’uno con la chitarra.
Quando suona, riesce ad appassionare musicisti professionisti, a coinvolgere esperti ascoltatori e ad entusiasmare ascoltatori comuni.
Dal punto di vista scenico, è di un’empatia contagiosa quindi è un comunicatore formidabile e di conseguenza un intrattenitore fantastico.

Tommy suona diversi generi: dal jazz al rock, dal blues al bluegrass; arrangia diverse canzoni famose in maniera incantevole tanto da renderle originali.
Ha una produzione discografica di tutto rispetto: finora ha inciso 31 album in studio, 8 album dal vivo e 6 di raccolte.

A Bologna ha stupito il pubblico suonando brani suoi (da ricordare le versioni di Angelina, dedicata alla sua seconda figlia e Mombasa, sempre allegra), alcuni tributi (ai Beatles e a Jeff Beck, con una versione intensa di Cause we’ve ended as lovers), alcuni standard (bellissima Blue Moon), un omaggio al suo maestro Chet Atkins con Windy and warm.

Si è esibito dopo (e insieme a) Mike Dawes, altro virtuoso musicista inglese di 33 anni, molto promettente, già definito miglior chitarrista acustico nel 2017 e nel 2018, noto per la composizione, l’arrangiamento e l’esecuzione di più parti contemporaneamente su un unico strumento. Simpaticissimo e coinvolgente, ha eseguito diversi brani fra i quali una bellissima versione di  Somebody that I used to know , dedicata ai fidanzati mai più visti.

Mike Dawes

Nella parte finale, lui e Tommy Emmanuel hanno eseguito un bel blues di John Mayall (con un coinvolgimento canoro molto emozionante dell’intero pubblico), una versione stupenda di Field of Golds di Sting ed un’altra strepitosa di Smell like teen spirit dei Nirvana.

Tommy, una volta, ha dichiarato: “Quando ero un bambino, volevo essere nel mondo dello spettacolo. Ora, voglio solo essere nel business della felicità. Io suono musica e il pubblico è felice”. E visto che la felicità è come una torta da condividere, suggerisco ai lettori di ascoltare questi due meravigliosi artisti nei concerti e nei dischi.

Il cambiamento di umore è garantito, in meglio.

La foto di copertina e quelle nel testo sono di Mauro Presini

 

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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