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Luciano Curreri, nato a Torino nel 1966 e vissuto per molti anni nei dintorni di Ferrara, lavora all’estero, insegna lingua e letteratura italiana all’università di Liège, eppure, quando scrive di Quartiere, la parlata ferrarese sintetizza ancora un pensiero che in altro modo non potrebbe essere detto.
Quartiere non è un quartiere (Amos edizioni, 2013) è un racconto di una terra vicino a Portomaggiore e della sua gente, di una famiglia e di una donna, la nonna Dolenes, che hanno accompagnato Luciano Curreri nella sua crescita. Tutto è ricordo, ma è anche presenza di chi non c’è più, gancio con un passato che non si abbandona.

Il racconto inizia con un volo in deltaplano da cui Curreri vuole guardare il suo paesaggio, quello che da bambino vedeva attraverso una zanzariera. Dall’alto è diverso, ci vuole più coraggio, ma si abbracciano molte più cose.
Curreri, perché il volo e non un altro modo per riattraversare quelle terre?
“Avevo bisogno di riprendere il contatto con un contesto che non era più il mio, il volo è stato come delegare un alter ego che potesse distaccarsi e aiutarmi a ritrovare i luoghi dove ero stato, animati da persone che li rendevano concreti”.
I luoghi sono legati, appunto, alle persone, in particolare alla nonna Dolenes che, nel racconto, è insieme saggezza popolare, focolare, grande maestra, una donna per cui, lei scrive, la religione vera era la vita.
“Mia nonna mi ha insegnato che in ciascuna difficoltà c’è sempre un’opportunità vitale, è una visione del mondo dinamica, proiettata in avanti. Ho ricevuto questa eredità di pensiero trasmessa da una donna che non ebbe una vita facile. Per lei che aveva perso il marito da giovane e non si era mai risposata, un inciampo era cosa da nulla. Riuscì a compiere la sua missione di educazione della figlia e del nipote, io. La religione vera, per lei, era la vita e il suo lavoro era la migliore preghiera che conoscesse. Il volo che ho fatto, quindi, è stato un viaggio per rivedere il territorio dove sono cresciuto e dove non sono riuscito a riportare mia nonna per un suo ultimo viaggio nel 2004, prima che morisse”.
Il racconto è un ricordo del passato che, però, dialoga con un io del presente. In che rapporto sono?
“La memoria, purtroppo, oggi è di plastica e a breve termine. Nel racconto ho tentato di agganciarmi con la memoria a un ricordo vivo e sincero, a una parte di vita vissuta in mezzo a quelle persone. È un ricordo attivo, un omaggio a un mondo che non c’è più in alcune sue componenti, una società fatta di identità non scalfita, di rispetto, di slanci. Oggi sono cambiate tante cose, tutto è illuminato, non c’è più il buio, non c’è più il silenzio”.
Lei parla, a un certo punto, di libertà del lettore. In cosa il lettore è libero?
“Mi sono chiesto se sia meglio un lettore sedotto e affascinato o un lettore libero. Preferisco che l’approccio sia libero, chi legge deve essere libero di riconoscersi in un persorso universale, libero di ricordare a sua volta, libero di leggere Quartiere per frammenti, smontandolo come crede”.
Com’è finito quel volo?
“Mi sono un po’ sporto e sono precipitato giù… a sbiciclettare, a saltare i fossi, con la Dolenes”.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
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