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A pochi giorni dalla morte di Rossana Rossanda si possono scrivere tantissime riflessioni sulla sua vita personale, sulla storia della sinistra europea,  sui grandi successi degli anni sessanta e settanta o sulle  grandi sconfitte degli anni ottanta, sulle delusioni degli anni seguiti al crollo del muro, sul comunismo reale e su quello ideale, sulla storia dei litigi fra intellettuali di sinistra e di destra in Italia e cosi via.
Ma in fondo, chi si ne frega per un vecchio album di famiglia della Sinistra Italiana di una volta?  

Ma per me, piccolo fratello del movimento del ‘68 in Germania,  gli scritti e gli interventi politici e d’arte della Rossanda sono stati per lunghi decenni interessanti e stimolanti, sebbene non abbia sempre condiviso tutte la sue spesso feroci difese del comunismo, inteso come progetto per salvare l’uomo e risolvere tutti i problemi della terra.
Noi tedeschi abbiamo sulle spalle un comunismo reale molto diverso dal comunismo ideale professato in Italia da tanti intellettuali e politici di sinistra. 

Ma, nonostante alcune posizioni diverse sulla politica italiana ed internazionale, si poteva imparare molto da Rossana Rossanda.
Personalmente mi ha sempre impressionato la sua capacità di pensare insieme la “storia grande” (dei partiti, dei movimenti di massa, dello Stato) e la “storia piccola”, quella personale e spesso drammatica e molto dolorosa di ognuno di noi. Non si fa politica, non si scrivono interventi solo per la salvezza degli altri, per ideali astratti, per salvare la terra (ecc.) ma si va in battaglia politica anche per se stessi; un tema che la Rossanda riprendeva in un saggio non per caso titolato “Anche per me”.  

Per questo il suo libro “Il viaggio inutile” in ricordo di un viaggio attraverso la Spagna alla fine del Franchismo resta per me un capolavoro in grado di combinare riflessioni politiche (naturalmente a quel tempo sviluppato con grande amicizia e solidarietà per la sinistra spagnola ancora in clandestinità) e riflessioni personali pensate accanto ad un compagno ed amico che stava morendo proprio in quei tempi.   

Secondo me la Rossanda ha anticipato in quel breve libro di una viaggio inutile la fine della Sinistra tradizionale non solo in Italia ma anche in tutta l’Europa. Si può ricordare in questo contesto anche un altro documento della Rossanda, molto significato per la sua spesso dolorosa capacità di autoriflessione e, insieme di autocritica:  è lo scambio di lettere con il suo vecchio compagno ed amico Pietro Ingrao anni dopo il viaggio in Spagna.
Scriveva: “Siamo concludendo la nostra vita con una sconfitta sia personale sia di politico. E più grave ancora finiamo la vita in una grande solitudine.” 

Ricordo quel libro e quello scambio di lettere di Rossana Rossanda perchè, in fondo, apprezzo la confessione di una depressa  Compagna di Ferro  sulla fine di un ‘Progetto Rosso’.  Non lo cito come la testimonianza di una ‘vecchia comunista’ che deve accettare che ‘il capitalismo ha vinto la storia’ . Al contrario, mi lascia molto triste quella autocritica, quell’ammissione di non aver trovato durante una lunga vita di battaglie un alternativa umana e sociale ad un capitalismo sempre più aggressivo,  prepotente e distruttivo verso la natura e verso i poveri ma anche verso la democrazia. 

Trovare un alternativa contro tutto questo sarebbe necessario ed urgente non solo per gli altri, non solo per gli oppressi della terra come hanno cantato vecchi compagni e compagne,  ma, parafrasando il titolo di quel vecchio saggio di Rossana, “anche per me“.

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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