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Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.”
(Ennio Flaiano)

SCRIVENDO

Guarda più da vicino la parola.
Lei non ti riconcilia con il mondo,
è un ponte raso al suolo,
una bestiola ferma sulla riva,
tigre di carta che non serve
a traghettare l’anima sull’altra.
Scrivendo a capo chino,
ti credi inoffensivo ma sta lì,
nelle tue mani, la furia
che devasta e sparge sale
sulle pagine a rischio di estinzione
che brucerai per fedeltà al segreto.
Parola in nerofumo d’olocausto,
azione a specchio col grido e il singhiozzo.
Solo il suo corpo dilaniato vive
come altra linfa vive nella cenere.

 

INCOSCIENZA

Fuoco incrociato a letto sul cuscino,
esclamazioni opposte nella mente.
Tutto si fa più piccolo a quest’ora,
gli uccelli muti ai trespoli,
il cielo illune che si rannicchia
nell’orma del boato.
Pieghi la schiena e chiudi le tue ali
sotto una pioggia di pietrisco
ma gli occhi indugiano nelle pozzanghere
al macero di brevi arcobaleni.
Sorride all’inaudito
il tuo respiro corto.
Non sente le sirene né gli aerei,
non vede la cortina
che ci cancella il volto.

 

ETERNI RITORNI

Mi legge dentro il bosco ammutolito,
strappa dagli occhi pagine di nebbia.
Cado in ginocchio e bevo
il languore di un cervo
che si allontana verso la torbiera.
Quello era il luogo dove ti sfidavo
all’amore del rischio; lì lasciammo
che avvizzissero al sole
ranocchie e salamandre. Lì, nel punto
in cui disobbedienza e furia
non ci insegnarono a spogliarci,
disperdo oggi con la tua leggerezza
le ceneri assetate del mio corpo.

 

CHIARALUCE

A nostra volta muti dalla nascita
delle domande ultime, scambiamo
l’impronta che precede
per l’unico sentiero ed orizzonte.
La verità che claudica e s’ingolfa
nessuno l’accompagna al suo destino,
lei che evapora dal giorno alla notte,
lei che resta confitta nella carne.

Dove un mattino fu raccolta
tra le costellazioni di rugiada
che imperlano le spighe,
come diserta ora
la parola
quella vertigine di chiaraluce,
come deraglia
lontano dal suo cuore.

 

MIGRANTI

Scheggia dai denti a sciabola,
una falesia in bilico
su un mare di mercurio e argento vivo:
questa la loro terra
che trovano incagliata fra le ossa.

La medicina è un viaggio
dove ingannare il tempo
contandosi le costole incrinate.

Resti di polveriera riporta la risacca,
figli della diaspora
che ovunque voli inseguono
lo sfarfallio radiato
dal luogo dell’addio.

(Testi tratti dalla raccolta inedita “La linfa della cenere“)

Francesco Papallo (1987, Napoli). Alcuni componimenti poetici sono stati pubblicati nella rivista di Elio Pecora “Poeti e Poesia”, nella rivista “La clessidra” all’interno di una rassegna dedicata ai poeti campani, e in altre riviste tra cui “Atelier”, “Inverso”, “Kairos”, “Mosse di Seppia”, sul blog “ItaliaMagazine” curato da Antonietta Gnerre, su “Transiti poetici” di Giuseppe Vetromile, su “Poetrydream” e nell’antologia “L’assedio della poesia 2020” curati da Antonio Spagnuolo. Selezionato tra i finalisti della IV edizione del Premio Poesia a Napoli. Alcuni suoi articoli e racconti brevi sono apparsi sul “Manifesto” e sul “Mattino”.

LO SCAFFALE POETICO

Segnalazioni editoriali interne (o contigue) al mondo della poesia.

  • Rossana Jemma, La strada verso il canto, RP Libri, 2023
  • Daniela Stasi, Il respiro del lombrico, Il Convivio Editore, 2023
  • Monica Buffagni, Piume di ghiaccio. Dell’amore e di altri accidenti, Kanaga Editore, 2019
  • Leonardo Sinisgalli, Dimenticatoio, Mondadori, 1978 

Cover: immagine di Stefan Keller

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio.
Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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