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Testi da nutrica di daìta martinez, LietoColle edizioni 2019

del borgo  s’addormenta
l’obliquo pendio la fonte
bianca  silente  assente l’
errore dal cielo  raccolto
lucido sinonimo  la casa
sottilissima   una  stanza
attesa  ha candore  tra le
dita nude di bimba lieve
e solitaria promessa   un
giorno tra le scapole e il
segno antico  di viddana
nenia  assittata   supra ‘u
ciatu di la chiazza  grapi
‘a cascia  di li sô cianchi
stanchi  alla dolcezza di
un bacio  più baci anche
il dondolio nel sonno fa
pudico il viso  arrossato
quasi tondo quasi  mela

*

strada   d’albicocco
dalle mani  s’odora
il silenzio del treno

;

ancora una  carezza
e un passo sulla via
le mani  pianissimo
sfiorarsi dal  sorriso
rosa   bianca bianca

;

un silenzio solo
due malinconie
non sai  angelo
del fiore che giù
si fa improvviso

*

in qualche silenzio
siamo stati bravi a
imbrattarci di anni
e nascevo un poco
custodisci le more

;

capitami di   ciliegia
negando o irrequieta
sintassi  una guancia

;

mammole piccine    un attraverso
l’araba antesi del porto giallo  sia
cerchio  più perfetto   il cerchiato
vuoto all’imbrunire dal tetto cede
santa teresa l’ombra al viso della
stanza sacra  un silenzio  o senza

*

s’è appena accesa l’alba nella stanza del fornaio
pochi spicci e uno sbuffo caldo ai sogni lievitati
nel taciturno avanzare delle tapparelle schiuse a
piedi è uno sbuffo la vicinanza dai vicoli antichi
la piccola vergine nell’ovale della piazza spinge
materna la filigrana della gonna arrossata in una
culla di cartone salta prima la zampetta del gatto
partigiano e il tuorlo del sole arriccia la fronte ai
gradini della chiesa una cartolina lasciata andare
d’altri lievi movimenti una fessura accovacciata
tra rintocchi di mani sciupate a legno nudo sugli
annali dei banchetti insorta catenina la pazienza
dei vecchi innaffia d’acqua di colonia il tabacco
di una guerra e il ricamo del fazzoletto assettato
sul taschino di cent’anni nascosto ancora dentro
il bacio di un amore nel buongiorno del mattino

*

una parola   basterebbe  una parola  rotta  anche  solo quella  una parola  da svitare e vomitare dall’inizio della pentola a bollire ai capelli raccolti sulla guancia a pezzetti di quegli anni che proprio non  mi  riesce  imbastire su questa carezza  soffiata adesso che non ha volume la pioggia e le bancarelle del mercato e quella terrazza che ritorna e che non voglio tornare  una parola  a smontare la gabbia di carne e umori e i panni stesi che non s’asciugano mai e stracciano l’immobile alternarsi della spinta dentro dico  non puoi vederla tu ( da lontano ) la spinta e a me non riesce nominarla quella parola conficcata nella zona buia della pancia eppure così chiara da poterla gridare mentre si fa precipizio l’angolo dalle scarpe in questo cielo che si apre e possente brucia nell’intimo crepuscolo della mano  una parola  ne basterebbe una di rame o lana o roba vecchia da cercare tra cianfrusaglie di ognicchè la mattina di piazza marina con l’albero dalla chioma grande e le calze sfilate acqua dopo acqua per contrastare e raschiare a sera quel livido annodato con forza dall’orco che non era di racconto capitato nel bosco ma è di qui il segno apostrofato a calci che non vedi perché non puoi vedere gli squarci strozzati nell’accesso a  una parola  che nuota di fame dietro il cancello quando mi domandi dove ho lasciato la tenerezza e rimane disordine muto alle caviglie

*

la donna  coi pantaloni
rossi  odora di paste di
mandorla si è  sciupata
il cuore ai lattarini una
domenica ferita di luce

I testi pubblicati in questa rubrica sono stati autorizzati dall’autrice che ringraziamo.

Daìta Martinez, palermitana, ha pubblicato con LietoColle (dietro l’una), 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”, e nel 2013 la bottega di via alloro.
Vincitrice – sezione dialetto – del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi, è stata finalista, per l’inedito in dialetto, della 44° edizione del Premio Internazionale di Poesia Città
di Marineo. Inserita nell’Almanacco di poesia italiana al femminile “Secolo Donna 2018”, edizioni Macabor, nel 2019 ha pubblicato la finestra dei mirtilli, suite poetica scritta a quattro mani con il poeta comisano Fernando Lena, Edizioni Salarchi Immagini, il rumore del latte, Spazio Cultura Edizioni, e nutrica, LietoColle, 2019. È vincitrice del Premio Macabor 2019 – sezione raccolta inedita di poesia – con pubblicazione, ‘a varca di zagara in dialetto siciliano. È presente in Anni di Poesia di Elio Grasso, puntoacapo Editrice, 2020. È stata finalista – sezione raccolta inedita – della 34° edizione del Premio Lorenzo Montano. Nel 2021 ha pubblicato Liturgia dell’acqua, Anterem Edizioni, e Le madri, raccolta di haiku accompagnati dalle acqueforti di Vincenzo Piazza, Edizioni dell’Angelo.
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia/PeriscopioPer leggere i numeri precedenti clicca [Qui]

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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