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25 Dicembre 2020

Natale

Tempo di lettura: 3 minuti


Questo periodo natalizio di fine anno ci pone in una condizione cotraddittoria: se da un lato vale sempre la retorica festosa e coinvolgente che accompagna queste giornate con luminarie, addobbi, jingles, shopping troppo affollati e atmosfere inconfondibili, dall’altro ci costringe amaramente a confrontarci con una realtà che conduce a tutt’altri pensieri.
La voglia di abbandonarci alla festosità e leggerezza delle feste si scontra con il disincanto e tutto sembra stravolto, straniante, irreale. Strade deserte scintillanti di luci, serrande abbassate su vetrine popolate da ogni bendiddio, tristi tavolini spogli e sedie impilate davanti a locali che azzardano decorazioni natalizie che nessuno noterà.
E’ come calare il sipario pesante, severo, definitivo, sullo spettacolo movimentato, vivace, istrionico e colorato appena concluso, quando si ingenera quel senso di tristezza, rimpianto, voglia di continuare, e diventa difficile andarsene, riappropriarsi della propria vita e della propria realtà lontano dalle finzioni, dalle illusioni e dai diversivi delle scene.

Ma è comunque Natale, quella ricorrenza che si ripresenta puntuale ogni anno a bussare alle nostre porte, e merita l’accoglienza che le compete: un momento di raccoglimento con noi stessi e con coloro che ci è dato e permesso incontrare con una modalità o l’altra, grati che questa festa ci permetta una sospensione dagli affanni, le difficoltà e la fatica di vivere i nostri tempi. Siamo tutti piccole fiammiferaie, in questo momento, evocando la celebre fiaba di Hans Christian Andersen scritta nel 1848, che racconta  di una bambina che vendeva fiammiferi nella fredda notte di San Silvestro, tra i cumuli di neve delle strade di Copenhagen, per portare al patrigno qualche soldo ed evitare le botte. Nell’indifferenza dei passanti, la povera creatura decise di accendere i cerini per scaldarsi: nelle  fiammelle apparvero una stufa, una tavola imbandita, un albero di Natale e poi la sua nonna. Per prolungare quel senso di appagamento e felicità nel vedere l’anziana, la piccola fiammiferaia esaurì tutti i cerini. La ritrovarono senza vita accanto ai cerini bruciacchiati, vittima del gelo, degli stenti e di quei passanti indifferenti non disposti a sprecare nemmeno un penny in aiuto alla piccola.

Rischiamo anche noi il congelamento dei sentimenti, la perdita della speranza e delle nostre energie che stanno diventando ghiaccio, permettendo che le nostre esistenze raffreddino pericolosamente nella rassegnazione, vittime di un momento drammatico come questo, dove l’indifferenza e l’individualismo hanno gioco fin troppo facile. Non dobbiamo permettere che le nostre risorse vadano sprecate nelle fantasticherie, le sterili prese di posizione e le reazioni irrazionali, anziché agire per realizzarle; non sprechiamo i nostri cerini crogiolandoci nell’autocommiserazione e nell’isolamento esistenziale ma orientiamo e valorizziamo le nostre forze laddove sono accolte e valorizzate. Impegniamoci con fiducia – atteggiamento affatto facile – affinchè ristrettezze, sacrifici, precarietà, contraddizioni, incognite del presente si trasformino nel nostro momento significativo per arrivare a giorni più degni di essere vissuti, più forti e più umani. Entriamo nell’atmosfera del Natale e del Capodanno leggeri, spogliati della rabbia, l’acidità, la ciecità, l’intolleranza e l’indifferenza che ci pesano addosso, pur riconoscendo che è dura per tutti, consapevoli che tutti siamo chiamati ad assumerci la nostra parte di impegno e responsabilità  nel carosello di luci e ombre che ci avvolge. Allora sì, sarà davvero un Natale da citare e ricordare con emozione.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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