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di Silvia Poletti

A vederlo si direbbe uno dei tanti furgoni a noleggio che ci sono in circolazione. Ma se ti capita di aggirarlo, invece della scritta “Amico Blu” che ti aspetteresti, ti sorprende un più sobrio e quasi impersonale “Centro di Solidarietà-Carità”. E la cosa curiosa è che una volta che lo hai notato (da quanti anni, magari, senza farci caso?) continui a vederlo sempre, preferibilmente nei tardi pomeriggi della fine del mese, nella canicola come tra i nebbioni.
“Molti ci scambiano per la Caritas – racconta divertito Massimo Travasoni, che del Centro è vice-presidente”, invece anche la Caritas, come un centinaio di altri enti caritativi e di assistenza del nostro territorio, si rivolge a lui per ricevere gli alimenti con cui far funzionare la mensa cittadina e assistere le famiglie.
Questa è una storia che merita di essere raccontata. Uno, perché è quasi sconosciuta ai più. Due, perché ribalta il tradizionale rapporto tra pubblico e privato (ma questo non è così infrequente nel Terzo Settore e si chiama “sussidiarietà”), laddove un’associazione gestita da volontari diventa un soggetto insostituibile, organizzato, capace di offrire servizi anche alla rete territoriale dei servizi sociali.
E tre perché, tra le righe, dimostra che il “come” può essere più importante del “quanto”.
La giornata di Travasoni, di professione bancario, inizia molto presto; se va bene pochi minuti prima dell’apertura della filiale, ma a volte anche alle cinque e mezza di mattina, quando c’è il furgone da caricare per il pomeriggio. Chiuso l’ufficio inizia “il giro”, che si sa quando inizia ma non si sa quando finisce. Via Bologna, Barco, via Oroboni sono i quartieri più battuti; il copione è lo stesso: campanello, consegna del pacco alimentare, due chiacchiere, come va, come stanno i figli, cosa c’è di nuovo. Ma le scene sono tutte diverse: “alcuni ti accolgono in garage, altri non ti fanno entrare in casa per timore che i vicini vedano, ma con altri il rapporto si approfondisce, nascono amicizie che durano anni, si sviluppano reti di aiuto che coinvolgono altre famiglie”.
Un po’ come tornare alle origini, a quel 1997 in cui Travasoni iniziò a seguire una famiglia in difficoltà nel Basso Ferrarese. “A loro ho portato i primi scatoloni di cibo, forniti dal Banco Alimentare di Imola. Poi il passaparola ha fatto il resto e due anni dopo abbiamo fondato, con gli amici di Comunione e Liberazione di Ferrara, il Centro di Solidarietà-Carità. Che, in convenzione con il Banco, distribuiva cibo alle persone in difficoltà e anche agli enti di assistenza, in base al principio dell’aiutare chi aiuta.
E se nel 1999 gli enti erano 30 e le persone raggiunte 3.000, oggi gli enti sono un centinaio e le persone 17mila in totale. Ecco perché l’organizzazione dev’essere ferrea, benché su base completamente volontaria. Nei magazzini – due al Mercato Ortofrutticolo di Ferrara e uno a Comacchio – avviene il confezionamento dei pacchi per le famiglie e la distribuzione agli enti. Il resto si gioca sul rapporto individuale e sull’assunzione di responsabilità: “Al chi ci segnala altre persone in difficoltà chiediamo di farsene carico consegnando loro i pacchi – spiega Travasoni – . Questo ha permesso alla rete di allargarsi, ma sulla base di rapporti di fiducia”. Entrare in casa, scambiare due chiacchiere, chiedere aiuto: sono questi i detonatori più comuni dell’amicizia, e può capitare – e capita – che il cibo diventi anche il pretesto per incontrarsi, per avere qualcosa da aspettare.
“E sai qual è il paradosso? Che entrare così profondamente nella vita delle persone ti dà disagio, perché non puoi rispondere a tutti i bisogni che vedi. Ma allo stesso tempo ti regala una gioia, proprio una letizia… che ti dice per cosa siamo fatti, com’è fatto il cuore dell’uomo. Ci muove l’incontro con il cristianesimo, che ci insegna ad avere lo stesso sguardo di misericordia sull’uomo che ha avuto Cristo. Ci educa, letteralmente, perché ci dà un criterio con cui stare di fronte a tutto”.
Gli alimenti distribuiti dal Centro di solidarietà carità di Ferrara provengono dal Banco alimentare, dalla Comunità europea (tramite il programma Agea, che però terminerà alla fine di quest’anno, sottraendo almeno il 30-40% delle risorse alimentari disponibili), da aziende locali (a Ferrara: Due valli, Mazzoni, Coldiretti, Conserve Italia e alcune aziende agricole) e dalla Colletta alimentare, in programma per sabato 30 novembre in tutti i supermercati di città e provincia.

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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