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E quando arriva la notte e resto sola con me

La testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché

Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà
La vita può allontanarci l’amore continuerà…

Lo stomaco ha resistito anche se non vuol mangiare
Ma c’è il dolore che sale che sale e fa male…

Le abbiamo ascoltate e cantate, queste parole. E quel “dolore che sale”, l’abbiamo sentito tutti. Eppure ‘La notte’ l’ha scritta solo lui, Giuseppe Anastasi, classe 1976, autore, musicista, editore e insegnante.
E forse non tutti sanno che la versione portoghese de ‘La notte’ – ‘A noite’ di Tiê – ha più di 53 milioni di visualizzazioni. Digitare per credere.
Quel brano presentato sottovoce a Sanremo nel 2012 da un’Arisa introspettiva e profondissima è oggi un successo internazionale, tradotto anche in spagnolo dal gruppo messicano Sandoval (“La noche”).
“Questa canzone è nata da una notte di sofferenza: non stavo bene, emotivamente parlando – osserva l’autore -. Erano più o meno le tre di notte: ho preso la chitarra e in venti minuti ho scritto il testo e la musica del brano. Sono stati venti minuti di catarsi”.

Ma questa è solo una delle canzoni di Anastasi, che quest’anno ha partecipato al suo sesto Sanremo. E due li ha vinti, con ‘Sincerità’ (2009) e ‘Controvento’ (2014), mentre ‘La notte’, cinque anni fa, ha sfiorato la vittoria.
All’ultimo Sanremo l’autore ha scritto ‘Insieme’ per Valeria Farinacci, un brano prodotto con la moglie, la cantante Carla Quadraccia (“Carlotta”) e ha collaborato al “Diario degli errori” con Cheope e Federica Abbate, interpretato da Michele Bravi.

“Volevo fare il calciatore”, sorride Giuseppe Anastasi. E invece è diventato uno degli autori di testi più famosi in Italia, oltre ad essere docente al Cet (Centro Europeo Tuscolano), la scuola fondata da Mogol in Umbria per valorizzare nuovi professionisti della musica Pop.
In ogni caso, Giuseppe è un “fuoriclasse”.

Battuta sempre pronta, ironico e a volte pungente, ma un attimo dopo tenerissimo con il suo piccolo Vittorio, due anni.

Giuseppe Anastasi è una persona autentica: diretto, caparbio, orgoglioso di essere siciliano. Riflessivo e preoccupato per il presente e il futuro del nostro paese, Giuseppe insegna la critica e l’autocritica, ricordando agli allievi il suo ‘segreto’: “Non ho mai smesso di credere in me stesso”. Lo incontriamo al termine del 42° corso per autori al Cet, dove docenti e studenti si danno del “tu”.

Qual è il primo pensiero quando ti alzi al mattino?
Il caffè.

E l’ultimo pensiero prima di dormire?
Preparare la moka del caffè (sghignazza).

Quando hai iniziato a scrivere?
Mia nonna mi ha trasmesso l’amore per la lettura. La scrittura è stata la naturale conseguenza. Fin da piccolo ho iniziato a scrivere racconti e poesie.

Quali sono i tuoi autori preferiti?
Voltaire, Diderot, Neruda, ma anche Gianni Rodari e Stefano Benni.

Che cosa significa per te scrivere?
Significa evitare lo psicologo. È una sorta di terapia. Quando scrivo tiro fuori una parte di me che non credevo di avere, con un approccio più cardiaco. Io di base sono un razionalista, ma le canzoni fanno uscire la mia parte sognatrice e poetica, la parte migliore di me.

Quando hai scritto la tua prima canzone?
Avevo sedici anni. Si chiamava Billy Joe, era dedicata a un cow-boy.

A chi l’hai fatta ascoltare?
Prima di tutto agli amici. All’inizio avevo molto pudore nel far sentire qualcosa di mio. Con l’incoraggiamento di mio padre e dalla mia famiglia ho continuato a dedicarmi alla musica e alle parole e sono arrivato qui al Cet, nel 1999.
Avevo 22 anni, mi sono trovato benissimo con Mogol e con la didattica di questa scuola. E questo posto straordinario mi ha cambiato la vita.Mi sono trasferito a Roma, per diversi anni ho lavoravo in un negozio per animali per mantenermi e intanto continuavo a scrivere canzoni. E a suonare nei locali. La gavetta è stata fondamentale.

Poi hai scritto una canzone per Francesco Baccini, e partecipato a diversi concorsi. Quindi sei stato chiamato come assistente al corso per autori al Cet: lì hai conosciuto Arisa ed è iniziata la vostra collaborazione artistica. Fino a ‘Sincerità’.
Ho scritto una canzone che mi convinceva, io e Rosalba (Arisa) ci abbiamo creduto e abbiamo fatto di tutto per iscriverci a Sanremo. ‘Sincerità’ è stato il brano d’esordio di Arisa: ha superato tutte le selezioni al Festival di Sanremo 2009 e ha vinto la sezione Giovani, oltre al premio della critica ‘Mia Martini’.

Un successo incredibile: ‘Sincerità’ è stata in vetta alle classifica italiana dei singoli per sei settimane consecutive. Tra le tante canzoni che hai scritto, di cui più di trenta per Arisa, ce n’è una alla quale sei affezionato in modo particolare?
Amo profondamente ‘Pace’. Venivo da un periodo difficile della mia vita e questa canzone mi è venuta incontro.

Quali persone ti hanno insegnato di più nella vita?
Le mie due nonne. Le nonne possiedono una saggezza profonda di vita e io le ho sempre ascoltate. La famiglia per me è sempre stata importante.
Al maestro Mogol poi devo tutto: da lui ho imparato molto sia a livello artistico sia a livello umano.

Come ti definiresti?
Testardo, buono, onesto.

Che cosa vorresti insegnare a tuo figlio?
Le tre stesse caratteristiche: la tenacia, la bontà, l’onestà. Ma sarà sempre poco rispetto a quello che lui potrà capire.Di sicuro gli posso insegnare la geografia.

Dopo Sanremo, quali sono i progetti futuri?
A breve uscirà il nuovo film di Ambra Angiolini con una canzone alla quale ho collaborato.
Intanto sto lavorando ad un mio progetto cantautorale: ho scritto alcune canzoni molto personali ed intime che vorrei cantare con la mia voce.

Tutti tuoi sogni finora si sono realizzati?
Sì. Ne manca solo uno.

Sono curiosa
Il sogno degli alieni. Un’invasione che sogno almeno una volta la settimana. La scoperta di 7 nuovi pianeti nell’universo mi conforta.

Un sogno notturno ricorrente quindi… ma come sono questi alieni: minacciosi o amici?
Dipende. Talvolta è un sogno pacificante, altre volte inquietante. Ma sogno che arrivano sulla Terra. E li voglio vedere.

Cosa vorresti fosse ricordato di te?
Vorrei che dicessero di me: “Era una brava persona. Un bravo insegnante”.

Hai un contratto con Universal, collaborazioni con grandi artisti, ma in effetti hai scelto di continuare ad essere un docente al Cet e in giro per Italia, con seminari e workshop. Che cosa ti piace dell’insegnamento?
Mi piace il contatto con le persone, c’è sempre qualcosa da imparare da ciascuno.
Ogni persona ha un suo modo di vedere la vita e la vita mi interessa.

E la conferma arriva in aula: il maestro Anastasi (anche se non vuole essere chiamato “maestro”) si commuove quando Gianni Basilio, uno degli allievi, a sorpresa, gli dedica una canzone scritta per lui negli ultimi giorni del corso (di cui riportiamo alcuni versi).
Parole spontanee, vere, racchiuse nel titolo ‘Grazie’:

“Prima di arrivare qua
Non capivo troppe cose
Non andavo oltre
Non vedevo il mio orizzonte Che mi hai saputo mostrare Come un fratello maggiore Che io non ho mai avuto (…)

E mi hai spiegato che
Per rinascere tocca morire (…) Voglio solo dirti grazie
per tutto il tuo coraggio (…)

E ricordo quelle sere
Noi sul prato ad ascoltare Come in uno spogliatoio
Il mister al centro di ogni guaio Prima dell’ultima gara
Incitavi la tua squadra …”

Giuseppe ascolta attento la canzone, alza gli occhi lucidi e sussurra, con voce sincera: “Ragazzi, per me questo vale più di Sanremo”.

Giuseppe Anastasi
Giuseppe Anastasi e Mogol
Valeria Farinacci, Carla Quadraccia e Giuseppe Anastasi
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Eleonora Rossi


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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