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Mark Blyth è professore di Politica economica alla Watson institute per gli Studi internazionali, Brown University, e ha scritto diversi libri tra cui “Austerity: the history of a dangerous idea” in cui analizza gli effetti negativi che i tagli alla spesa hanno storicamente prodotto e stanno producendo in tempi recenti in diversi paesi europei come la Grecia. Di recente, l’ 11 marzo, ha tenuto una interessante audizione alla Commissione bilancio del senato degli Stati uniti, dove ha fatto delle affermazioni piuttosto forti soprattutto per noi europei dell’eurozona. Ha affermato: “The result [of austerity] in Europe has been plain to see – a massive contraction in economic activity, with those that cut the most seeing the steepest collapse in growth and, paradoxically, the biggest build-up in debts”. Cosa ha detto? Semplicemente che l’austerità ha creato un collasso della crescita e un aumento del debito.

Ci riesce difficile immaginare che la nostra Commissione bilancio possa essere disposta ad ascoltare un intervento del genere. Ma siamo in America, dove certe cose si possono dire liberamente, e persino Mario Monti si sentì libero di dire ad un importante network televisivo americano che in Italia “si stava distruggendo la domanda interna” perché potessero crearsi le condizioni per un miglioramento della bilancia dei pagamenti con l’estero, operazione non più possibile per l’Italia attraverso il cambio dopo l’adozione della moneta unica. Di certo in quei momenti tragici non avrebbe potuto dire le stesse cose a “Il Sole 24 Ore” o sul “Corriere della Sera”.

Ma il professor Blyth va ben oltre nel suo rapporto e si spinge ad affermare che la moneta non è altro che “bits of paper” (pezzi di carta) che vengono prodotti al bisogno e ben venga quando si crea debito pubblico. Già carta colorata e debito che gli Stati uniti sono ben felici di vendere alla Cina che ne detengono circa 1,4 trilioni di dollari e anche di pagarci sopra un interesse, per ringraziarli del fatto che in questo modo sostengono la loro economia. Quindi, sono ben felici di dare alla Cina altra carta colorata. In cambio gli Usa chiedono beni reali come televisori, computer e tanto altro con una utilità di sicuro maggiore della carta colorata. E il debito pubblico? Blyth dice che non è un gravoso problema per le future generazioni bensì un investimento oggi per migliorare il futuro dei nostri figli domani. E aggiunge: “Come avreste mai avuto il vostro splendente iPhone se non ci fossero stati gli investimenti statali nel protocollo Tcp/Ip, nella rete Gps e nel touch screen? Vogliamo parlare dei soldi investiti in Ricerca e sviluppo?” Quindi ben venga il debito pubblico perché non è altro che un investimento. Ripagarlo? Perché dovrebbe essere ripagato e a chi? Per gli Stati uniti significherebbe semplicemente stampare altra carta colorata, ma poi chi richiederebbe una cosa così folle! Immaginate che la Cina richieda indietro l’ammontare del debito americano acquistato. Succederebbe che si svaluterebbe di colpo e tac! La Cina si ritroverebbe con il 20, 30, 40 percento in meno del suo valore originario. Certo noi siamo in Italia, qui avere un debito è un problema. Non decidiamo noi se ripagarlo, se alimentarlo, se monetizzarlo. Lo decide la Germania attraverso la Bce. Quindi si, noi abbiamo un problema reale di debito pubblico. Ma è solo perché abbiamo deciso che lo sia.

Ma se negli Stati uniti sanno bene che il debito pubblico non è un problema perché possono emettere la loro moneta e loro lo hanno fatto attraverso le operazioni di quantitative easing dal 2008 (come del resto ha fatto l’Inghilterra) perché la nostra Bce non lo ha voluto fare allo stesso modo dal 2008 e decide di fare solo adesso nel 2015? Quanti disoccupati abbiamo creato dal 2008 ad oggi? E quante aziende sono chiuse che potevamo invece salvare? E quanti bambini e anziani in Grecia avrebbero potuto avere pasti regolari? Perché della semplice carta colorata deve regolare le nostre vite, decidere quante volte al giorno dobbiamo mangiare o se possiamo essere curati in un ospedale che abbia il giusto numero di letti e di medici?

La Bce oggi ha deciso di emettere nuova moneta attraverso il ‘quantitative easing’, ovvero sta stampando più moneta perché finalmente si è resa conto che serve farlo. Una operazione semplice, di buon senso per la quale abbiamo dovuto aspettare sette anni non perché prima non si potesse fare. Semplicemente la Bce e la nostra amata Europa della burocrazia indefinita e dei grandi interessi decide che l’interesse generale non è quello del bisogno, della necessità ma quello dei “pezzi di carta” che ha i suoi tempi e i suoi modi che in questo mondo dannosamente globalizzato non coincidono con i desideri dei cittadini che lo abitano.

Ma qui bisognerebbe ancora, purtroppo, fare un’operazione di lealtà nei confronti di questi cittadini. Bisognerebbe dirgli che c’è un’enorme differenza tra un’emissione monetaria (emettere) e un’immissione monetaria (immettere). La Bce sta emettendo moneta, è vero, ma non sta facendo in modo che questa moneta emessa venga immessa nel sistema. Una differenza non da poco perché la nuova moneta, sotto forma di bit elettronici perché oggi la moneta è solo contabilità e impulsi (o qualcuno pensa che dalla Bce escano camion di banconote?), viene data alle banche e le banche la useranno per comprare debito dagli Stati e quel debito continuerà ad essere per la finanza internazionale la base sulla quale costruire altri miliardi di derivati, inutili ai più (in particolare all’economia reale), che continueranno invece ad avere i loro problemi di disoccupazione e di mettere insieme il pranzo con la cena.

Il professor Blyth parla di ‘quantitative easing’ e di emissione monetaria al Senato americano, certo lo fa da americano, da possessore della moneta di riserva mondiale. Ma lo dice, dice che è così ed è questo il punto, che la moneta è “bits of paper” pezzi di carta, che se serve si stampa, che il pareggio di bilancio è una stortura nel sistema economico, che deprime l’economia, che il debito pubblico è un investimento per il futuro.

Afferma ancora “sembra intuitivo che non puoi spendere di più di quello che incassi, è chiaro che alla gente piace avere più soldi nel suo portafoglio piuttosto che meno soldi…argomenti intuitivi ma sbagliati… quando si crea un’analogia tra famiglie o imprese e stati e quando si dice che spendere è sempre sbagliato e risparmiare è sempre un bene”. Gli Stati non hanno entrate allo stesso modo di una famiglia e spendere per uno Stato è un bene perché diventa la ricchezza dei cittadini; una famiglia ha delle entrate che necessariamente devono venire da una fonte esterna.

Nell’Europa di oggi tutti si professano liberisti, ma lo sono in maniera meschina, per che decide significa solo privatizzare e dipendere dalla finanza internazionale. Svalutare e umiliare il lavoro dipendente e distruggere le piccole imprese per dare più spazio alle grandi. In Europa se solo accenni alla possibilità che il denaro si possa stampare ti urlano “Weimar!”, “Zimbawe!”, “inflazione!”. Ma se dici invece quantitative easing allora è tutta un’altra cosa, è in inglese e chissà cosa vorrà dire!

Quindi stampare si può, ma bisogna dirlo in inglese! Poi, fatto in questo modo, se sia benefico o meno per i cittadini è tutta un’altra storia che quasi nessuno racconta.

* Claudio Pisapia fa parte del Gruppo cittadini economia Ferrara

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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