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di Monica Farnetti  e Francesca Mellone

I bibliotecari sanno che i libri respirano e danno respiro, così come lo sa chi la biblioteca frequenta. E se è vero, come affermava un’immensa scrittrice del nostro Novecento, che “la libertà è un respiro”, se ne deduce allora che saremo persone tanto più libere quanto più numerosi saranno i libri che ci circondano.

Forse, le persone in sit-in davanti alla Biblioteca Luppi di Porotto, alla Rodari e alla Tebaldi di Ferrara è questo che temono: il venir meno di tale respiro, vasto come l’universo che la biblioteca, ogni biblioteca, ambisce a rappresentare.

Trattandosi di biblioteche decentrate, sarà peraltro opportuno ricordare che per definizione esse si rivolgono a un pubblico composto in gran parte di ragazze e ragazzi che frequentano la scuola dell’obbligo, fornendo loro al medesimo tempo un supporto didattico e un’occasione di incontro: che è scambio di parola, di pensiero, di esperienza e di progettualità, nonché fruizione di un luogo dove poter studiare. E non può certo definirsi edificante rendere partecipi quegli stessi adolescenti della chiusura della loro, e non soltanto di una, biblioteca.

Il decentramento bibliotecario risale alla metà degli anni Settanta, quando per suo tramite si ottemperava all’esigenza di un riequilibrio culturale nel territorio: rappresenta, pertanto, un preciso modello. Il quale di certo può essere, come ogni altro, sottoposto a riformulazione, purché un eventuale nuovo assetto renda obsoleto il precedente e sia migliorativo rispetto ad esso, maturando da un dialogo con la città e in particolare con coloro che in biblioteca svolgono, con provata competenza, il proprio lavoro di intermediazione fra custodia dei documenti e loro fruizione.

In presenza di un’accresciuta complessità sociale, tale riformulazione dovrebbe semmai mirare al rafforzamento del sistema e di ogni singola biblioteca – come è avvenuto con la progettazione della Bassani, che ha sostituito una ridotta struttura precedente, e come sarebbe stato auspicabile accadesse per la Rodari tramite il suo trasferimento alle Corti di Medoro -, non a indebolire il sistema stesso sancendo la cessazione di alcune sue componenti.

Quanti comunicano il loro disappunto per il venir meno di questo servizio chiedono, a chi governa, una garanzia di “cittadinanza” intesa nella sua interezza, vale a dire aperta a diverse e molteplici istanze. Le biblioteche sono infatti oggetto di necessità e di desiderio, e rappresentano una irrinunciabile riserva di senso, per una parte cospicua di popolazione che domanda di essere ascoltata al pari di chi apprezza le mostre mercato, le auto d’epoca, i musicisti di strada o i costumi del Palio. Tanto più che ogni manifestazione di cultura, ivi comprese le esposizioni d’arte, i concerti e la programmazione teatrale, sarebbe lettera morta senza le risorse, documentarie e formative, garantite dalle biblioteche e dai libri.

Come sappiamo, in ogni biblioteca si raccoglie tutta la storia e si riflette tutta la mappa della città che la ospita e del mondo che la attornia, cosicché frequentare le biblioteche finisce per significare l’avventura nevralgica del disorientarsi e del ritrovarsi. E in una duplice articolazione almeno: nel tempo, perché le biblioteche sono luoghi di convergenza della memoria che condensano, dell’avvenire che riservano e del presente in cui vivono. E nello spazio – spazio abitato – perché per loro statuto sono capaci di addestrare a quella I.D.I.C. (Infinita Diversità in Infinite Combinazioni) che noi esseri umani, oggi più che mai in preda all’ansia e alla solitudine, invidiamo agli eroi di Star Trek.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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