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Bum! E mi ritrovo a terra con un dolore terribile alla gamba sinistra.

Mi trascino dove posso chiamare aiuto e immediatamente arrivano i soccorsi, compreso quello dell’amico medico che comincia a curarmi attraverso una serie mirata di medicine, dopo che si è esclusa la rottura di qualche osso.

Comincia allora a scandirsi una serie quasi interminabile di tempo passato di fronte alla tv a guardare ciò che attira le folle sempre più numerose degli italiani compresi tra i 10 e i 100 anni. Ovviamente escludendo ciò che manda in delirio i miei connazionali. Vale a dire il calcio di cui sono un vergine ignorante.

Nulla mi smuove dal fascino malefico di un popolarissimo programma del sabato dove si danza, ci si insulta, ci si struscia tra lezzo (penso io) di sudore e di piedi sporchi.
Qui dei figuri, accompagnati da sinuose maestre, di danza si sottopongono al giudizio di strani giudici capeggiati da una signora che, balbettando male le due lingue che conosce, tentano di dare un voto alle evoluzioni di ballerine quasi centenarie, di irascibili cantanti che si sposano à gogò, di parrucchieri vestiti di paillettes e di forzuti macho che palpeggiano con voluttà bocche, seni, sederi delle maestre di ballo.

Scoppiano liti furibonde tra membri della giuria e i danzatori,  che nascondono storie complicate e  private quale quella – dicono i rumors –  di una bella giurata che sembra la gemella di Romina Power ex moglie del cantante pugliese sempre incappellato e che viene aggredita nel suo mestiere di giornalista dalla feccia dei no vax,  che le mollano testate micidiali perché porta la mascherina.

La stessa ignoranza del significato delle parole usate in determinati periodi storici è presente. Una bravissima conduttrice televisiva dotata da un balcone senatoriale di notevole importanza usa farsi chiamare zia dai suoi ospiti che interpella con l’epiteto amore, ovviamente di zia.
Chi nella sua gioventù conobbe quelle case che la senatrice Merlin fece chiudere, ben sapeva che la tenutaria si faceva chiamare zia e che i suoi clienti erano amore di zia.

Non voglio assolutamente fare un paragone, ma dall’uso viene indotta una assurda comparazione procurata dal difetto della conoscenza storica delle espressioni linguistiche che può far incorrere in questi improbabilissimi paragoni comunque pericolosi se non se ne conosce la valenza.
Mi si può obiettare che tante espressioni nate in contesti diversi e con radicali differenze di significato passano poi correntemente a incidere sull’ambiente sociale. Caso emblematico il nome di una parte del corpo maschile che tutti conoscono e che nel tempo assume il significato di stupido.

Ma ovviamente qui non è il caso di addentrarci in sottili disquisizioni linguistiche: l’esempio basti.  Quel che non mi delude è un curioso spettacolo basato sulla conoscenza delle parole. Si chiama L’eredità (programma seguitissimo anche da intellettuali e accademici) Mi misuro spavaldamente per vedere se potessi avere probabilità di vincere; ma purtroppo cado sulle domande sportivehelas!

 Le letture, anche quelle leggere, per fortuna mi salvano dal precipizio della stupidità. E allora via alla lettura della splendida autobiografia di Josephine Baker scritta da Gaia de Beaumont che induce alla giusta commozione nel saperla sepolta al Pantheon assieme ai più illustri personaggi della storia francese. Lei negra, libertina ed eroina della Resistenza francese.
In contemporanea sul Venerdì di Repubblica, la storia di Ivo LiviL’italien che tutto il mondo conosce col nome di attore: Yves Montand. Io al Pantheon romano, quando accadrà. manderei Ornella Vanoni e Mina più che qualche scrittore investito da una fama effimera.

Pian piano comincio a camminare mentre la città è scossa dal destino della pecora Alana amorosamente ricercata, lei che si è spersa tra i campi, dal sindaco impegnatissimo a litigare con un celebre avvocato difensore di due sue ex consigliere.
Manda in delirio la possibilità di far cantare a Ferrara nientemeno che Springsteen ma non se ne conosce il cachet. E vai col tango…

Oggi però, ho seguito e parlato da remoto alla presentazione presso la Biblioteca Ariostea dello splendido  volume curato da Anna Dolfi delle poesie di Bassani che mi ha lenito gli effetti della caduta per cui orgogliosamente riporto una mail che l’ex sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani mi ha spedito:

Finalmente
dopo lungo, dolorante silenzio
ho rivisto quest’oggi
connesso per l’aere
il VENTURI
a zcorar ad Frara
a zcorar ad Zorz
che di Lui e di loro
non può farsi
SENZA

La traduzione per i non ferraresi è la seguente: Finalmente / dopo lungo, dolorante silenzio / ho rivisto quest’oggi / connesso in streaming / il VENTURI / a parlare di Ferrara / a parlare di Giorgio / che di Lui e di loro / non si può fare / SENZA.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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