Per La Resistenza o il senso di un luogo
Caro Direttore,
Le scrivo in merito alla recente delibera dell’amministrazione comunale atta a revocare la concessione all’associazione ANCeSCAO degli spazi di Via Resistenza 32-34 di cui il CPS La Resistenza è parte.
Marco Belli
Vorrei innanzitutto spiegare qual è la recente storia di questo luogo.
Ricordo chiaramente i giorni che precedettero la ‘riapertura’ del Centro Sociale La Resistenza, eravamo in pochi, meno di dieci persone, alcuni di noi avevano fondato una casa editrice da qualche anno, altri avevano esperienze di militanza politica, alcuni avevano meno di trent’anni, altri erano vicini ai quaranta.
Era l’aprile del 2011, tutti eccitati dall’idea di inaugurare una nuova stagione per quel luogo incastonato nel centro di Ferrara, in uno dei quartieri più ricchi della nostra città. Avevamo parlato con i soci anziani dell’ANCeSCAO che ci avevano accolti come una linfa generatrice, la voglia di ripensare un centro anziani in un modo diverso, uno spazio di dialogo tra generazioni.
Una grande arca di pensionati, lavoratori, studenti e bambini che voleva essere un esempio nell’affrontare il grande mare della società parcellizzata dove vecchi e giovani non parlano più tra di loro. Avevamo voglia di impegnare quotidianamente il nostro corpo per dare una casa al margine, alla cultura indipendente, un luogo accogliente che garantisse ai suoi soci prezzi bassi, ma soprattutto la tranquillità nel potere esprimere se stessi senza giudizio.
Decidemmo di organizzare la Festa del 25 aprile in via Resistenza, durante la guerra a pochi metri dallo stabile che ci ospitava era ubicata la sede del CLN ferrarese.
Il nostro primo evento fu un successo. Vennero centinaia di ferraresi a mangiare, seduti attorno a lunghi tavoli di legno, vecchi e bambini celebravano fianco a fianco la fine del Nazifascismo.
Da quel giorno ce ne sono stati tanti di pranzi della Liberazione alla “Resi”, sempre pieni di antifascisti di tutte le età.
Sentimmo forte la vicinanza e il sostegno di tutti, la cosa ci spinse a offrire una programmazione settimanale ricca e diversificata per accogliere ogni stimolo dall’esterno, dai concerti alle presentazioni di libri, dai dibattiti pubblici ai corsi di yoga e di danza, dalle tombole ai laboratori per bambini.
Tante le collaborazioni: con l’Università, con tante associazioni del tessuto sociale ferrarese, ultima quella con una piccola libreria indipendente del centro, La Pazienza.
Non fu facile tenere assieme tutti, molti anziani se ne andarono, ma altri restarono perché convinti del nostro progetto, tra l’altro sempre portato come esempio di laboratorio sociale virtuoso dall’ANCeSCAO provinciale. Ricordo della fatica di quei primi mesi, tante cose da fare e da organizzare, tornavo dal lavoro e poi mi fiondavo alla “Resi” per fare il mio turno al bar.
Eravamo in debito di ossigeno tutti, l’estate a fare lunghi lavori per mettere in sicurezza lo stabile. Ma a giugno arrivarono un gruppo di studenti universitari che avevano partecipato al nostro pranzo del 25 aprile e ci chiesero se potevano entrare nel comitato di gestione per darci una mano, erano quelli del Laboratorio Sancho Panza.
Molti venivano da fuori, avevano una voglia matta di darsi da fare per cambiare le cose e dare a Ferrara un motore politico-culturale alternativo. Fu amore a prima vista, avemmo tutti chiara la sensazione di avere le spalle coperte, se non ce l’avessimo più fatta noi per motivi anagrafici o per diverse scelte di vita ci sarebbe stato qualcuno a prendere il nostro posto.
In questi dodici anni è sempre stato così. Alcuni di noi hanno già visto crescere i propri figli tra le mura del centro sociale perché La Resistenza è un luogo dove si sono stratificate nel tempo esperienze generazionali diverse.
Tutti gli spazi vivi sono così. Oggi, infatti, non è più quella del 2011, è cambiato il mondo e la generazione che la sta animando, fatta di nuove intelligenze e sensibilità, porta avanti battaglie differenti dalle nostre.
Mi piacerebbe che mia figlia, se lo vorrà, continuasse a far vivere questo luogo, che impegnasse se stessa per renderlo ancora una volta diverso.

La Resistenza è da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente ogni giorno, ha una lunga storia perché è sempre diventata, come dicevo, qualcos’altro, grazie a delle radici forti che sono quelle del desiderio di aggregarsi, di esporsi e di ricercare la propria indipendenza di vita e di pensiero. Forse è uno spazio più proiettato nel futuro di tanti altri, tornare a incontrarsi col corpo è l’unico modo per dare una possibilità al mondo.
Il Comune di Ferrara ha deciso di cancellare questa ricerca di nuove possibilità, alla Resistenza anche quest’anno è stata già organizzata una grande offerta culturale dal comitato di gestione, dai soci e da altre realtà esterne ferraresi e non. Non facciamo cultura con grossi budget, ma solo con la nostra fatica e passione per dare proposte alternative al mainstream milionario. Il palinsesto proposto nella stagione 2022/2023 è di assoluta rilevanza per nomi e contenuti, l’ironia è che alcune delle attività del centro sono state finanziate e patrocinate dal Comune. La Resistenza ha bisogno di essere messa in sicurezza e che vengano sanate alcune irregolarità, di questo ne siamo consapevoli. Ma chiedo con forza al Sindaco Alan Fabbri e alla Giunta, che ne sarà dell’esperienza di centinaia di soci, ferraresi e non, che con il loro impegno ultradecennale hanno dato un senso a questo luogo?
Marco Belli, socio ANCeSCAO e volontario del Centro Sociale La Resistenza
Cover: Maria Lodi del centro sociale La Resistenza (foto Stefania Andreotti, gennaio 2015 )
Marco Belli
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Caro lettore
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
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