Skip to main content

​È una sindrome dalla quale la Sinistra non riesce proprio a guarire. Chiamiamola miopia o autolesionismo. Ultima brillante prova: le primarie pd per il sindaco di Milano. Il candidato moderato Giuseppe Sala, forte dell’investitura di Renzi, ha ottenuto ieri il 42% dei consensi e la ‘nomination’, peraltro accompagnata da molte polemiche per il voto sospetto di una folta rappresentanza della comunità cinese, che a qualcuno ha rinnovato la memoria delle famigerate ‘truppe cammellate’.
Francesca Balzani e Pierfrancesco Majorino, i due principali antagonisti, hanno raccolto rispettivamente il 34 e il 23% dei voti. Fra loro sono emersi riferimenti ideali e politici affini, dai quali deriva una visione della città, dei rapporti fra le parti sociali, delle alleanze, delle priorità di intervento certamente alternativi a quelli di Sala. Eppure non hanno trovato – o non hanno cercato – il modo di coalizzarsi. Peccato. Perché insieme avrebbero potenzialmente conseguito un bel 57%, un risultato tale da lasciar presagire il successo, anche al netto di qualche defezione: poiché in politica si sa bene che il malpancismo è diffuso e uno più uno quasi mai fa due.

Balzani e Majorino potevano essere artefici di un progetto condiviso e delineare uno schieramento solido, capace di proporsi autorevolmente a sostegno del potenziale futuro sindaco della città. Potevano. Perché invece, naturalmente, ognuno è andato per conto suo.
Naturalmente, perché questa inclinazione a dividersi in mille rivoli pare ormai una connaturata peculiarità della Sinistra. E’ ormai congenita l’incapacità di stare insieme e unire le forze. E questo in palese e tragicomico contrasto con i rituali proclami di coesione che ogni volta vengono espressi, gli appelli all’unità sempre evocata ma mai seriamente perseguita con la necessaria tenacia. E’ un tratto – più propriamente ‘una deformazione’ – che caratterizza la Sinistra, italiana in particolare. Una mostruosità che partorisce sconfitte in serie.
Ci si divide un po’ su tutto, ma soprattutto si compie un errore strategico mortale: non si attribuisce ai temi il giusto indice di priorità, stabilendo con chiarezza e buon senso le questioni e i principi basilari, come tali intangibili perché connessi all’identità politica, e gli elementi di complemento sui quali si può anche dissentire senza per forza dover ogni volta prendere cappello. Si finisce perciò per accapigliarsi un po’ su tutto. Non è chiaro se ciò avvenga per un eccesso di puntiglio, peraltro ben corroborato dalla completa incapacità di mediare, arte invece necessaria a definire quei nobili compromessi che, non solo la politica ma anche la vita, impongono. Oppure se questa litigiosità sia frutto avvelenato di altre peggiori debolezze e sotto il fuoco covi la brace dell’ambizione, sicché il continuo beccarsi sarebbe conseguenza di impronunciabili smanie di affermazione personale, incontenibili e talvolta malcelate dalle affermazioni di principio. Forse c’entrano entrambe le cose. E, comunque sia, la Sinistra riesce sempre a perdere. E quasi sempre facendosi male da sola.

Milano è solo il più recente esempio, ciò che capita lì vale in tutto il Paese. C’è da temere che il medesimo destino attenda impietoso anche i tentativi attuali di aggregazione che in ordine sparso stanno portando avanti i vari Sergio Cofferati da una parte (con la sua ‘Cosmopolitica’), Pippo Civati da quell’altra (e il suo spagnoleggiante ‘Possibile’), e poi reduci di Sel, di Rifondazione e ancora altri insofferenti del Pd, parte dei quali hanno generato una pomposa ‘Sinistra italiana’ che s’è mezza sfasciata due giorni dopo la genesi. Insomma, il rischio è grande. E a dir di molti il destino è annunciato.
Questa drammatica ‘cupio dissolvi’ si manifesta sistematicamente da ormai trent’anni, rendendo la Sinistra tragicamente simile all’emblema dell’autolesionismo, quel Tafazzi, icona creata da Giacomo Poretti, che si prende irresistibilmente a bottigliate nelle zone sensibili per insopprimibile impulso.
Eppure l’Italia avrebbe davvero bisogno di una seria alternativa al Partito democratico di Renzi, di qualcuno che tenesse salde le bandiere dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Per quest’alternativa c’è lo spazio, proprio perché si è creato un vuoto di rappresentanza, ben testimoniato fra l’altro dal sempre crescente numero di cittadini che disertano le urne.
Ma oggi come oggi bisogna riconoscere che l’unica alternativa non moderata al Pd (sempre più simile al Partito ‘marmellata’ della nazione), pur con tutte le sue contraddizioni è il Movimento cinque stelle. La sua natura è ibrida, i riferimenti ideali talora incerti. Ma esprime quantomeno una evidente volontà di cambiamento della politica e dei suoi rituali. Delinea spesso condivisibili obiettivi di progresso. Compie scelte talora apprezzabili e indica candidati autorevoli per le cariche istituzionali. Recentemente è accaduto per la Rai e altri enti. Ma clamorosa fu la proposta (bocciata paradossalmente proprio dal Pd) di uno stimatissimo costituzionalista come Stefano Rodotà (già presidente del Pds, il papà del Pd) a Capo dello Stato. Ecco, quello fu e resta un passaggio particolarmente significativo ed emblematico.
Così, mentre nelle orecchie del popolo di Sinistra risuona ancora lo sgomento grido di Nanni Moretti (“D’Alema, dì qualcosa di sinistra”) tuttora inascoltato dagli attuali ‘dalemoni’, succede che qualcosa di sinistra ogni tanto lo dicano proprio i Cinquestelle, pure così invisi a un’ampia fetta di simpatizzanti della Sinistra per i quali, appunto per questo, restano – spregiativamente – null’altro che grillini. Il cui frinir però si ode.

tag:

Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it