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Considera l’aragosta, scriveva David Foster Wallace. Considera il suo punto di vista. Considera come si sente quando viene additata da un americano medio alla sagra dell’aragosta del Maine, e scopre che quel dito è la miccia che innesca sua morte. Che avverrà con patimento e lentezza, tra il cambio di colore causato dal calore estremo, e la codardia di un cuoco che esce dalla cucina isolando le sue urla con un coperchio.
Considera che può avercela non solo con il genere umano, ma con categorie ben precise: con il cuoco, con l’americano del Maine, con Obama, con i clienti del ristorante che serve menù a base di pesce e crostacei. Puoi capirla, quella specie di ragno marino. Puoi provare compassione, puoi diventare vegetariano o animalista convinto, puoi unirti a Greenpeace.

Considera persone di dubbio, se non imbarazzante, se non moralmente sbagliato, credo personale. Considera che possano pensarla in modo differente da te e che possano avere prodotto qualcosa di intelligente, provocatorio, profetico. Qualcosa di bello e di giusto, nonostante la tragedia che questo termine, insieme al suo fratello giuda, si porta dietro – “Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo: ti aspetterò laggiù”, scrive Jalaluddin Rumi, nel tredicesimo secolo.
Considera che Walter Disney è stato membro della massoneria, che Martin Heidegger fu antisemita, che Salvador Dalì è stato simpatizzante franchista, che Luis Férdinand Céline ne ha pensate un po’ di tutti i colori. E nega – se puoi – che Disney è stato genialmente visionario nel mettere in piedi una industria del sogno tirando un paese fuori dalla guerra; che Heidegger ha ispirato la filosofia del Novecento; che Dalì è stato un gigante dell’arte, simbolo di unicità; che Céline ha scritto assoluti capolavori letterari.
Considera che hanno prodotto, materialmente e intellettualmente, cose fuori dall’ordinario, che facevano il loro mestiere degnamente, che facevano cultura. Che resterà.

Considera persone armate che uccidono giornalisti, fumettisti, satiristi, durante una riunione di redazione. Persone che ignorano le più elementari basi dell’essere libero di esprimersi. Dove esprimersi significa parlare, scrivere, disegnare. Indurre le persone a pensare. Dare strumenti. Prendere il mondo tra le mani e saperne ridere. Non il riso della scuola elementare, ma quello della satura ianx. Non il riso di scherno, ma la sorpresa del bambino che ti mostra il re nudo, finalmente.
Anche quella è un’arma, come si può pensare il contrario? Ma è l’arma del poeta e della ragione, della fantasia e del coraggio. E una guerra, o una battaglia, o una discordia, dacchè mondo è mondo si combatte ad armi pari. Fucili contro matite, urla contro risa, questo non è giocare ad armi pari.

Considera che, nonostante i roghi nazisti dei libri, il libro esiste ancora. Di carta, digitale. In tutte le lingue del mondo.
Considera che i pompieri di Fahrenheit 451, alla fine, non l’hanno avuta vinta. Che qualcuno gli è sfuggito, e gli sfuggirà sempre.

…E di affidarli al boia fu un piacere del tutto mio,
non conoscendo affatto la statura di Dio.
(Un giudice, F. De André)

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Giorgia Pizzirani


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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