Sotto le volte all’angolo tra via del Fossato e piazza Ariostea, all’uscita da scuola.
Arrivano persone alla guida di sontuosi fuoristrada a prendere i loro bambini.
E’ una scuola religiosa paritaria, ma ci sono anche persone semplici in attesa.
Un nonno porge la mano alla sua nipotina di nome Martina. Lui è sulla settantina e indossa un parrucchino color rame.
In auto due fidanzati si tengono la mano. Dall’altra parte della strada un vecchio cammina curvo sulla schiena, si appoggia al bastone e porta gli occhiali da sole.

La città ha un’aria primaverile e vivo l’inverno più caldo che ricordi da quando sono lontano da casa. Lunghe giornate di pioggia hanno ingrossato le vene di questo palmo di pianura alluvionale e il Reno, il Panaro, arterie meridionali vicine al Grande Fiume, minacciano di scuotere la vita cittadina. Si ribellano contro il dominio dell’uomo sulla natura.
Vago verso via Montebello senza meta e non posso fare a meno di notare le numerose case in vendita, l’onda lunga della crisi imperante che attanaglia, non cessa di scoraggiare. Ricordo anni fa un capo di governo e un ministro dell’economia negare risolutamente la circostanza, dicevano che non si era ottimisti, e ad oggi poco o nulla è stato fatto a riguardo. Come al solito a distanza la Storia, implacabile, dirà quel che è stato.
Sono nell’addizione erculea, quella parte della città che alla fine del ’400 venne costruita con princìpi razionali da Biagio Rossetti e che fece parlare di Ferrara come della prima città moderna d’Europa.

Scorgo via delle Vigne e so dove andare. L’ingresso del cimitero ebraico è inconfondibile e mi porta dritto all’incipit de Il Giardino dei Finzi-Contini. Nel libro di Bassani l’io narrante si trova alla necropoli etrusca di Cerveteri e pensa di rimando a questo luogo sacro e dolente. Un flash-back e una profonda analogia. Fino all’incrocio con corso Porta Mare non sapevo che ci sarei arrivato. Ancora incredulo rispetto alla catastrofe che rammenta, scatto una foto per non pensare.
Il mondo è anche una storia di cimiteri, la necropoli etrusca di Cerveteri, il cimitero ebraico di Ferrara, quello composto e sobrio dei caduti americani nello sbarco di Salerno, il cimitero dei soldati tedeschi a Costermano.
Penso al mite cimitero di provincia del mio paese, sull’appennino campano, dove all’ingresso è scritto in latino “Ti sia lieve la terra”:
“È una frase esemplare che i vivi possono dire ai morti. E forse c’è una frase che i morti possono dire ai vivi. Forse è per ascoltarla che entro nel cimitero, è una frase che non può avere parole, è un qualcosa che ti entra dentro senza la furia che hanno i vivi”, scrive a riguardo il poeta della mia terra Franco Arminio.
Le leggi razziali rappresentano l’inchiostro indelebile per una delle pagine più vili dell’umanità: la perdita della dignità umana che Gesù aveva esteso a tutti gli uomini. E’ stato un nuovo peccato originale.
La porta che ho davanti scava dentro, continuamente rammenta, monumento di cemento a perenne ricordo del nostro fallimento: monito sordo e angoscioso, di fronte a Via Montebello, in Via delle Vigne. Meglio cambiare strada.

Davanti al Torrione di San Giovanni, sulle mura molte persone corrono senza una meta.
” Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna (…) come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada“, scrive il sociologo Franco Cassano.
Osservo e non smette di sorprendermi la realtà ansiogena che abbiamo edificato intorno a noi. I bambini e gli anziani accuditi dagli sconosciuti. Il sabato all’iper a fare la spesa. Il debito pubblico e l’inquinamento ambientale. L’esportazione della libertà e il prodotto interno lordo. Non ultimo lo spread e le agenzie di rating.
Nel Torrione invece si diffonde sempre una bella luce. Rivedo la sua suggestiva sala circolare, le travi di legno reggono il cielo del tempio cittadino della musica jazz. L’unica vera libertà esportata dagli States forse è proprio il jazz, con le sue sterminate varianti, le improvvisazioni, la mescolanza.

Qualcosa finalmente suona delle note positive sul pentagramma della mia giornata, lo spartito della tromba di Miles Davis domina in maggiore, e non resta che ripartire, imitare i passanti sulle mura cittadine, iniziando di nuovo a camminare, lentamente, con in mente questi versi dell’autore de “Il pensiero meridiano”:
– Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada (…), un accordo tra mente e mondo -.
Sandro Abruzzese
Caro lettore
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.
Periscopio è proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.
Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto.
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante. Buona navigazione a tutti.
Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.
Francesco Monini
direttore responsabile
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it