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La natura geniale: exaptation e plasticità in un mondo che cambia

La natura geniale: ‘exaptation’ e plasticità in un mondo che cambia

Il genio della natura. Lezioni di vita dalla terra che cambia ( TCI, Arcipelago, 2025) è il titolo dell’ultimo saggio del  docente di letteratura inglese all’Università di Edimburgo, David Farrier. Il testo si impone come una meditazione profonda sulla capacità della Terra di adattarsi, trasformarsi e insegnare.

Farrier ci invita a leggere il paesaggio non come sfondo, ma come testo: una stratigrafia vivente di storie, memorie e possibilità. Al centro della sua riflessione si colloca il concetto di plasticità, intesa non solo come flessibilità biologica o ambientale, ma come exaptation — quel termine coniato dal biologo evolutivo Stephen Jay Gould per descrivere il passaggio di un carattere da una funzione originaria a una nuova, inattesa, non correlata (p.es. le piume degli uccelli).

È in questa logica di riuso creativo, di metamorfosi funzionale, che Farrier trova la chiave per comprendere il genio naturale: non come forza cieca, ma come intelligenza diffusa, capace di rispondere all’imprevisto con …creattività.

Come detto con il termine exaptation, ci si riferisce a una sorta di riciclo funzionale che la natura opera con sorprendente inventiva. Le ‘piume degli uccelli’ non nacquero per il volo, ma per la termoregolazione: solo in seguito furono “exaptate” (esattate?) per permettere agli uccelli di librarsi nell’aria.

Farrier riprende questo concetto e lo estende oltre la biologia, vedendolo all’opera nei paesaggi, nei fossili, nei materiali e persino nelle culture. La Terra stessa, nella sua lunga memoria geologica, mostra come la trasformazione non sia sempre lineare, ma spesso frutto di deviazioni, riusi, slittamenti di senso.

In questo modo, Il genio della natura ci invita a pensare l’evoluzione non come progresso, ma come una danza di possibilità, dove ciò che è stato può diventare altro, e ciò che sembra inutile può rivelarsi essenziale.

Nel pensiero di Farrier, la plasticità non è soltanto una proprietà dei materiali o degli organismi viventi, ma una vera e propria forma di intelligenza evolutiva. È la capacità di cambiare forma, funzione, significato. In un mondo che cambia — geologicamente, climaticamente, culturalmente — la plasticità diventa la condizione necessaria per la sopravvivenza e la coesistenza.

Farrier osserva che la Terra stessa è un organismo plastico: le rocce si piegano, i fossili si trasformano in narrazioni, i paesaggi si riscrivono sotto l’azione del tempo e dell’uomo. Questa metamorfosi continua non è segno di fragilità: la plasticità, come l’exaptation, ci dice  che il cambiamento non è una perdita, ma una possibilità, una nuova funzione, un nuovo significato.

In questo senso, il libro diventa anche una riflessione sul nostro modo di abitare il pianeta, invitandoci a una forma di co-evoluzione consapevole, dove l’adattamento non è passivo ma creativo.

Nel corso del libro, Farrier ci guida attraverso paesaggi che parlano, rocce che ricordano, fossili che suggeriscono possibilità. Ogni elemento naturale diventa una forma di scrittura, una memoria stratificata che ci insegna a pensare in termini di deep time — il tempo profondo della geologia (come non citare il grandioso poema Onirico geologico di Francesco Benozzo?), che supera di gran lunga la scala umana.

In questo tempo dilatato, la Terra non è solo un luogo da abitare, ma un interlocutore da ascoltare.

Farrier ci invita a leggere la natura come un archivio vivente, capace di mostrarci come affrontare l’incertezza, come convivere con l’instabilità, come trovare senso nel mutamento. Le lezioni della terra non sono dogmi, ma intuizioni: ci parlano di una coesistenza possibile, fondata sulla capacità di trasformare ciò che è stato in ciò che può ancora essere.

Le lezioni che la terra ci offre, dunque, non si limitano alla biologia o alla geologia ma si estendono alla nostra immaginazione, alla nostra capacità di pensare il futuro come spazio poetico. In questo senso, Il genio della natura dialoga profondamente con la letteratura, che da sempre è esercizio di metamorfosi e di exaptation simbolica.

Farrier cita Osip Mandel’štam, poeta della memoria e della resistenza, che scrive: «In che tempo verbale sceglieresti di vivere? Io voglio vivere nel tempo del ciò che dovrebbe essere». È una dichiarazione poetica e politica insieme, che ci invita a non rassegnarci al presente come destino, ma a immaginare un tempo verbale alternativo, dove il possibile non è escluso.

La poesia, come la natura, è plastica: prende forme inattese, riusa parole, trasforma il dolore in canto. E proprio come la terra che cambia, ci insegna che vivere è un atto di reinvenzione continua, una forma di ascolto profondo e di risposta creativa all’imprevisto.

In fondo, ciò che Farrier ci propone è una nuova grammatica dell’esistenza, fondata sulla capacità di trasformare il vincolo in risorsa, il passato in possibilità, il danno in forma. È una visione che trova un’eco potente nel libro Ecologia letteraria (Edizioni Ambiente, 2025) di Serenella Iovino, dove la letteratura è intesa come spazio di resistenza e di rigenerazione, capace di elaborare vere e proprie strategie di sopravvivenza.

E cosa è l’exaptation, se non l’unica strategia (vincente)? Una risposta creativa all’imprevisto, una deviazione che salva, una metamorfosi che inventa.

In un mondo che cambia, forse non ci resta che imparare dalla terra e dalla poesia: non a caso il libro della Iovino contiene la preziosa prefazione di Antonella Anedda, una delle voci poetiche contemporanee più autentica e originale.

Entrambe Terra e Poesia ci insegnano che vivere è un atto di reinvenzione, e che il tempo del “ciò che dovrebbe essere” — evocato da Mandel’štam — è il tempo nel quale la speranza che oggi ci appare essere il piumaggio che solamente ci riveste, domani potrebbe consentirci davvero di… volare.

Cover: Foto di <a href=”https://pixabay.com/it/users/kanenori-4749850/?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=7373484″>Kanenori</a> da <a href=”https://pixabay.com/it//?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=7373484″>Pixabay</a>

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Giuseppe Ferrara

Giuseppe Ferrara – Nato a Napoli. Cresciuto a Potenza fino alla maturità Classica presso il Liceo-Ginnasio Q.O. Flacco. Laureato in Fisica all’Università di Salerno. Dal 1990 vive e lavora a Ferrara, dove collabora a CDS Cultura . Autore di cinque raccolte poetiche; è presente in diverse antologie. In rete è possibile trovare e leggere alcune sue poesie e commenti su altri poeti e autori. Tiene un blog “Il Post delle fragole”: https://thestrawberrypost.blogspot.com/

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