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Per molto tempo si è pensato fosse la migliore soluzione per risolvere i mali del mondo, ma ora pare prevalere un preoccupante ripensamento. Si valutava fosse necessaria per creare una società globale in cui migliorare le condizioni di salute e il tenore di vita nel mondo. Si è sperato potesse cambiare il modo di pensare della gente e aiutare i poveri e gli emarginati del mondo, ma si è scoperto che spesso ha servito gli interessi dei paesi industrializzati. Certo il principio di base è che ci si debba concentrare sui temi per i quali un’azione collettiva possa essere desiderabile e dunque utile. L’ambiente andrebbe aiutato ponendo problemi a livello globale, invece pare che tutto ciò abbia portato instabilità. Tra i primi a segnalare qualche dubbio fu Stiglitz che nel suo libro “La globalizzazione e i suoi oppositori” (edizioni Einaudi) ha scritto come la globalizzazione abbia creato una società civile globale, ma ha comunque rilevato che per i poveri del mondo non funziona e pone problemi all’ambiente, creando instabilità a livello globale. Anche Bauman nella sua “Società individualizzata” (edizioni Mulino) ha sostenuto che la globalizzazione è il nuovo disordine (la svalutazione dell’ordine), perché la nuova gerarchia del potere vuole muoversi creando la flessibilità come scelta strategica. Ora il presidente degli Stati Uniti è Trump e queste parole mi sono tornate in mente. Cosa succederà?

Intanto Trump ha nominato Scott Pruitt alla guida dell’’EPA (Environmental Protection Agency). Pruitt è conosciuto come il negazionista del climate change e come procuratore dell’Oklahoma ha condotto battaglie contro l’aborto e contro i matrimoni tra omosessuali…

Pisapia a domanda risponde: Le fa paura Trump?Mi fa paura che non si impari niente dalla lezione americana, che è il trionfo di un messaggio reazionario e la vittoria della politica della rabbia. Dopo Brexit, dopo Trump, bisogna fare uno sforzo immenso perché chi crede nello stesso sistema di valori non si divida. Bisogna trovare la formula per costruire ponti. Mentre dappertutto – anche a casa nostra, anche all’interno della sinistra e del centrosinistra – si sono alzati i muri. Il mio è un appello quasi disperato: le forze della sinistra devono sentire il peso di una responsabilità storica come forse mai nei tempi recenti“.

Preoccupazioni che in questo giorni stanno crescendo. Le economie hanno avuto una crescita moderata e i tassi di inflazione sono stai contenuti in una apparente continuità. Ma è solo una attesa? O è un obiettivo raggiunto dalle banche centrali? Cosa succederà? La quotazione del petrolio intanto resta stabile e si prevede un rafforzamento del dollaro. Credo si debba immaginare per il futuro un grosso cambiamento del quadro economico mondiale. Non intendo certo propormi come un economista dilettante, ho però un grande terrore della instabilità politica generalizzata.

REF (la più importante società economica di ricerca) ha fatto il punto sulla congiuntura economica italiana dicendo: “L’Italia si appresta ad affrontare un nuovo delicato passaggio istituzionale. Nelle prossime settimane verrà definito il percorso che seguirà alla crisi di Governo apertasi dopo il referendum sulla riforma costituzionale. E’ importante una gestione ordinata della crisi, per prevenire da un lato tensioni sui mercati finanziari e dall’altro peggioramenti delle aspettative degli operatori, famiglie e imprese. L’economia italiana affronta questa nuova crisi politica al termine di un biennio di ripresa, anche se a ritmi di crescita relativamente moderati. E’ necessario che questa ripresa continui, senza incontrare nuovi ostacoli”.

La prima grande sconfitta la subirà l’ambiente. Esperti internazionali hanno rilevato che ci saranno 4,8 miliardi di posti di lavoro persi, e Trump vuole uscire dagli accordi di Parigi e vuole potenziare la Big Oil con la deregulation ambientale. La destra nazionalista della Casa Bianca (ma anche dell’Europa) vuole il protezionismo (che naturalmente creerà più povertà).

Buon anno a tutti noi.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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