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da MOSCA-La Russia può essere un viaggio sorprendente in città piene di fantasia e estro italiani. L’Italia non è solo di gran moda oggi, ma lo è sempre stata: corteggiata e amata, con passione e dedizione. Ci sono sue tracce un poco ovunque. Ripercorrerle e scoprile è entusiasmante. Eccone alcune.

Mosca la grande
Partiamo da Mosca, l’ingegnosa capitale multicolore e multiforme, dove tutto scorre. Basti pensare che le attuali mura e torri del Cremlino (che risale al 1147) furono costruite fra il 1485 e il 1495 dagli architetti italiani Marco Ruffo, Antonio Gilardi, Pietro Antonio Solario e Aloisio Carcano. L’ingegneria militare e la scienza erano, infatti, estremamente sviluppate nel nostro Paese durante l’epoca rinascimentale. Ecco perché l’invito dei maestri italiani in Russia da parte di Ivan III, noto come Ivan il Grande, Gran Principe di Mosca, considerato l’unificatore delle terre russe. Aristotele Fioravanti, che si ritiene nato a Bologna nel 1420, pare sia stato l’artefice di tutta l’architettura del Cremlino, con le cattedrali dell’Assunzione, dell’Annunciazione, dell’Arcangelo, dei Dodici Apostoli e la Chiesa della Deposizione della Sacra Veste. La cattedrale principale è quella dell’Assunzione, che domina tutte le altre costruzioni e che costituisce il centro architettonico dell’insieme. Fondata nel 1326, dopo un periodo di decadenza, la Chiesa fu ricostruita nel 1475 da Fioravanti. L’architetto tenne conto delle tradizioni locali e in particolare di quella delle cinque cupole, anche se, influenzato dal Rinascimento italiani, introdusse un ordine nella costruzione, con un ben calcolato senso delle proporzioni. A un italiano si deve anche la Cattedrale dell’Arcangelo (1505-1508), costruita dall’architetto e scultore Aloiso Lamberti da Montagnano. La lista si potrebbe facilmente allungare, per arrivare fino ad oggi. Ma lo spazio non sarebbe abbastanza.

Appunti da San Pietroburgo
Che dire invece di San Pietroburgo, la Venezia del Nord, come viene chiamata, con le sue 101 isole collegate da 365 ponti e i suoi canali che si affacciano sul golfo di Finlandia, la città russa dove maggiormente aleggia lo spirito della dinastia Romanov? Fondata da Pietro il Grande (Pietro I), nel 1703, a San Pietroburgo-Pietrogrado-Leningrado tutti i più importanti e fastosi edifici di una grande e maestosa epopea parlano italiano. Pietro il Grande e i suoi successori non esitarono a invitare in questa romantica città gli artisti e gli architetti italiani più noti dell’epoca.

Passeggiando per San Pietroburgo, incontriamo il Palazzo d’Inverno, il Palazzo d’Estate, la Piazza delle Arti e la Fortezza di Pietro e Paolo, tutti “Made in Italy”. Tanti altri edifici e parchi s’intrecciano sotto un cielo incantato. Bartolomeo Francesco Rastrelli costruì il Palazzo d’Inverno, edificio emblema della città, tra il 1754 e il 1762, per volere della figlia di Pietro il Grande. Carlo Rossi realizzò, nel 1816, la Piazza delle Arti, centro della vita culturale di San Pietroburgo per il numero di musei e sale da concerto. Prima, Domenico Trezzini era stato l’artefice della Fortezza di Pietro e Paolo, costruita nel 1703 per difendere la città dai possibili attacchi della flotta svedese, e del Giardino d’Estate, realizzato tra il 1704 e il 1712. Il giardino ospita piante rare e fiori da tutta la Russia, oltre a 72 statue eseguite su ordine dello stesso Pietro il Grande e a sculture raffiguranti eroi, artisti e poeti. Fontane, giochi d’acqua e labirinti fanno di questo giardino uno dei più belli del mondo, un gioiello. Sempre opera del Trezzini è il Monastero di Aleksander Nevsky, il valoroso condottiero che sbaragliò i cavalieri teutonici nel 1240. Il Monastero contiene sette chiese e tre cimiteri ed è circondato da ampie e possenti mura. A Trezzini si deve, inoltre, il piano regolatore della stessa città: la prima in Russia ad averne uno. Tanti gli artisti italiani, infine, in uno dei musei più grandi del mondo: lo splendido Ermitage. Le collezioni sono ospitate in cinque palazzi. Il più bello è il già citato Palazzo d’Inverno, nato come residenza imperiale, realizzato da Bartolomeo Rastrelli (1754-1762) su commissione della zarina Elisabetta. I locali furono ristrutturati e modificati nel Settecento da Giacomo Quarenghi (diventato il Teatro dell’Ermitage, 1783-1789) e, nella prima metà dell’Ottocento, da Carlo Rossi. Se fu Pietro il Grande a dare inizio al museo, mettendo insieme le prime collezioni, la vera ideatrice è stata l’altrettanto grande Caterina, dando l’impulso decisivo, convinta del legame fra il prestigio culturale e quello politico di un impero. Come darle torto. Nelle sale dell’Ermitage il Trecento italiano è rappresentato da Simone Martini, il Quattrocento da Sandro Botticelli, Filippo Lippi e dal Perugini; non mancano poi Leonardo, Raffaello, Caravaggio, Tiepolo, Giorgione, Michelangelo e Canova.

Nei dintorni della città si trova il sontuoso Villaggio degli Zar. Il grandioso palazzo di Caterina, che vi troneggia, fu realizzato ancora da Bartolomeo Rastrelli che si ispirò, per gli interni, alla Casa d’Oro di Nerone, ritrovata dagli archeologi a Roma nel 1776. Alla costruzione del complesso contribuirono anche altri architetti italiani: Antonio Rinaldi, Luigi Rusca e Silvio Danini. Nel parco si trovano la Colonna di Cesme, opera di Rinaldi, e il padiglione dove la zarina riceveva gli ospiti, opera di Rastrelli, tutti delicatamente immersi in mughetti, lillà e fiori di ogni tipo che profumano l’aria. Tutto parla d’Italia, qui. Bellezza nella bellezza.

Passaggio (obbligato) per la letteratura
Gran parte della letteratura russa su San Pietroburgo poi ospita il Bel Paese.
Gogol, per esempio, colpisce per i suoi riferimenti all’Italia nei “Racconti di San Pietroburgo”, in particolare, nel racconto intitolato “La Prospettiva Nevskij”, l’arteria principale della città, da molti scrittori definita come una finestra sull’Europa: lunga più di quattro chilometri, con 190 palazzi rigorosamente allineati, 8 musei e negozi sfavillanti. Qui si respira “un profumo di passeggiata”, dove s’incontrano persone di ogni tipo, con una completa metamorfosi a seconda delle ore della giornata: dai funzionari, ai sarti, agli artisti. E proprio questi ultimi, semplici e discreti, “non assomigliano per nulla agli artisti italiani, fieri e ardenti come l’Italia e il suo cielo”. Quegli artisti che, tuttavia, “portano in essi un vero talento e sui quali sarebbe sufficiente il passaggio di un soffio d’Italia per sviluppare liberamente, largamente e brillantemente quel talento”. Oppure nel racconto “Il ritratto”, accanto al giovane pittore Tchartkov sono citati Raffaello, Tiziano e Leonardo da Vinci. Per farsi un’idea del protagonista una signora, che aveva percorso tutte le gallerie d’arte italiane, gli domanda se mai avesse effettuato un viaggio in Italia, quasi a volergli indicare che un pittore che si rispetti deve aver studiato i nostri artisti e averne tratto ispirazione. Si paragona una bella opera d’arte a un Correggio, si parla di Raffaello e di Michelangelo. Si racconta di un pittore, amico di Tchartkov, che un bel giorno aveva abbandonato tutto per precipitarsi “verso il Paese in cui sotto un cielo senza nuvole matura il grandioso germe dell’arte, quella superba Roma il cui solo nome fa battere violentemente il cuore dell’artista”. Battiti del cuore, incontrollati. Passione. L’Italia è anche e soprattutto questo. Da ricordare, ovunque siamo e qualunque cosa facciamo.

Immagini di Simonetta Sandri. Clicca per ingrandire

Ermitage San Pietroburgo
Il palazzo-museo Ermitage a San Pietroburgo
Ermitage San Pietroburgo
Un interno dell’Ermitage
Ermitage San Pietroburgo
Un interno dell’Ermitage
Mosca Cremlino
Il Cremlino a Mosca
Mosca Chiese Cremlino
Le cupole delle chiese del Cremlino a Mosca
Mosca Chiese Cremlino
Una delle chiese del Cremlino progettate da italiani
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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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