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Paese fortunato l’Italia, mentre il nuovo presidente del consiglio presenta il programma del suo governo al senato senza mai citare la scuola e l’istruzione, Ernesto Galli della Loggia, che ha a cuore le sorti del nostro sistema formativo, dalle pagine del Corriere della Sera fornisce in dieci punti la sua ricetta al nuovo inquilino di viale Trastevere.
La ricetta della “predella” per elevare di qualche centimetro agli occhi della classe e dell’opinione pubblica lo “status” dell’insegnante. Divisa e alzata in piedi all’ingresso del docente in aula ed altre amenità a cui il nostro intellettuale italico ci ha assuefatti, ci manca solo il saggio ginnico a fine anno.
È sorprendente come sia facile sopperire ai ritardi del nostro sistema scolastico, Galli della Loggia ce l’avesse detto prima avremmo evitato di collocarci per anni agli ultimi posti delle classifiche Ocse Pisa.
Non serve fare dell’ironia, perché la “predella”, oggetto d’arredo d’altri tempi, sta a dimostrare la sensibilità che il nostro Ernesto Galli della Loggia nutre per l’apprendimento e il suo spazio, per l’ambiente di apprendimento, quell’ambiente dell’apprendimento che oggi è al centro delle più avanzate ricerche in campo didattico e relazionale.
Mentre le migliori scuole nel mondo, dallo stato di Washington alla Danimarca, da Rhode Island ad Amsterdam, personalizzano i percorsi di apprendimento, investendo sull’autonomia e la responsabilizzazione degli studenti, rivoluzionano gli ambienti di apprendimento abbattendo i muri delle aule e delle classi, la ricetta del nostro editorialista del Corriere della Sera va contro corrente, con un vezzo tutto italico, quando si parla di scuola, di riproporre l’usato garantito, il ritorno al passato.
È ora di piantarla con mettere in primo piano lo studente, al rogo la dannata pedagogia da don Milani alla Montessori e Dewey, da Freinet a Malaguzzi, ritorniamo piuttosto alla gerarchia, sì, perché la cattedra e la sua collocazione sulla predella sono l’emblema di una relazione di tipo gerarchico. Di uno spazio piramidale, pensato in funzione dell’ascolto, dell’ordine, dell’ubbidienza e della disciplina, con i banchi allineati rivolti verso la cattedra, polo dell’attenzione e dei riti di classe: lezione, compiti, interrogazione. Una organizzazione funzionale ad una società di tipo gerarchico-militare nella burocrazia e nel lavoro, che forse Ernesto Galli della Loggia non si è accorto che non c’è più e che non è magari che a continuare a vagheggiarla poi ritorna.
È probabile che ad Ernesto Galli della Loggia sia sfuggita la lettura delle “Indicazioni Nazionali” che da tempo sono legge per le scuole del nostro paese dove sta scritto: “Il ‘fare scuola’ oggi significa mettere in relazione la complessità di modi radicalmente nuovi di apprendimento (…) La scuola si deve costruire come luogo accogliente, coinvolgendo in questo compito gli studenti stessi. (…) L’organizzazione degli spazi e dei tempi diventa elemento di qualità pedagogica dell’ambiente educativo e pertanto deve essere oggetto di esplicita progettazione e verifica. (…) L’acquisizione dei saperi richiede un uso flessibile degli spazi, a partire dalla stessa aula scolastica, ma anche la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza…”
Ma la forza prorompente del suo pensiero sta nell’aver compreso che basta indossare una divisa, battere i tacchi e mettere gerarchicamente in cattedra gli insegnanti, togliersi dai piedi genitori e famiglie, che si apprende di più, che si impara meglio e che si formano le nuove generazioni. Come dire l’ignoranza al potere, senza neppure bisogno di rendere conto a nessuno.
Viene il dubbio che al populismo si accompagni l’intenzione di avere un popolo ubbidiente, disciplinato e incolto. Un film che abbiamo già visto e che mai ci saremmo aspettati che qualcuno pensasse di rispolverare dalla cineteca della storia.
È vero che l’ignoranza non sa di essere ignorante, per cui nessuno dirà mai che questa nostra scuola per funzionare davvero avrebbe urgente necessità di colmare il deficit di preparazione e di cultura di tanta parte dei suoi docenti, di recuperare i ritardi sul cosa apprendere e sul come si dovrebbe studiare dentro e fuori dalle nostre aule, ma questo, ahimè, non lo troveremo mai scritto, perché l’ignoranza, in quanto tale, non lo potrà mai scrivere.
Oltretutto l’ignoranza è anche cieca, perché basterebbe guardarsi attorno, in giro per il mondo, per incominciare a imparare cosa e come è necessario cambiare le nostre pratiche d’aula.
Questo non c’è nella ricetta di Galli della Loggia, il quale è cosi intriso di aperture e nuovi orizzonti, di Europa e di cultura mitteleuropea da invitare il titolare del Miur a non consentire agli studenti e alle studentesse delle scuole italiane di varcare i confini nazionali, in nome di quanto è bello e istruttivo il “locale”.
I nostri giovani non hanno bisogno di viaggiare per farsi una cultura, sono più che sufficienti i confini del proprio pensiero e di casa propria, tanto, in virtù delle buone idee del Galli della Loggia e del governo che si prospetta, non saranno mai cittadini né del loro paese né del mondo e, dunque, molto meglio Busto Arsizio di Berlino.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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