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Città come Trieste e Udine da qualche tempo hanno deciso di presentarsi al mondo come città della conoscenza. Per Trieste, al primo posto in Europa tra le città della conoscenza, pare quasi scontato: da sempre crocevia della Mitteleuropa, con una forte vocazione scientifica che alimenta flussi di studenti, docenti, ricercatori, un’intensa mobilità legata, appunto, alla conoscenza.
Udine, invece, costituisce una novità in positivo. Dal 3 al 5 luglio nel capoluogo friulano ha avuto luogo “Conoscenza in Festa”. L’iniziativa è dell’Università di Udine, in particolare del suo rettore, con il patrocinio del MIUR e la collaborazione di numerosi partner.
Forse da noi si è ancora convinti che si fa festa con cappelletti, salama e Buskers, non certo con la “conoscenza” che oltre tutto può essere indigesta. Perché far festa con la conoscenza? Per chi facesse fatica a comprenderlo è sufficiente aprire la pagina web dedicata all’iniziativa. Si scoprirà che la conoscenza oggi è al centro dell’agenda del paese, che merita di essere festeggiata come un buon amico al quale si deve tutto, che festeggiare la conoscenza rinnova il desiderio sia di apprendere sia di insegnare, in chi l’avesse perduto per strada, e soprattutto che rende tutti migliori a vantaggio della vita comune. Dietro c’è l’idea rivoluzionaria dell’apprendimento che lascia i luoghi istituzionalmente deputati per divenire apprendimento ovunque e sempre: apprendimento di strada, potremmo dire, come i musicisti e i maestri, un apprendimento che non è una condanna, ma un piacere. Un messaggio, dunque, chiaro per tutti, studenti, insegnanti, educatori, cittadini e amministratori.

Se il bel paese è pieno di fiere dove si mangia, a partire dall’Expo, Udine ha scelto di invitare ogni anno tutti gli Italiani a far festa per le sue piazze e strade, cibandosi di conoscenza con conferenze interattive, dibattiti, installazioni artistiche, esperienze sensoriali e case history di nuove metodologie, con il banco dei saperi e il loro riciclo. Tra le vie di Udine si va a perdere ogni confine tra imparare e insegnare. Del resto è nella storia di questa città abbattere i confini.
Ma non solo Udine dimostra come si possa nei fatti essere città smart, a partire dalla conoscenza e da chi la produce. Anche Todi si propone come città della conoscenza, con un’idea vincente di alleanza tra scuole e amministrazione comunale. “Le Scuole di Todi per una Città della conoscenza: proposte e prospettive”: questo è il piano strategico, nato da un documento elaborato dalla rete delle istituzioni scolastiche della cittadina umbra, in collaborazione con l’amministrazione comunale, per migliorare il sistema scolastico e renderlo più aderente alle necessità della società della conoscenza e alle sfide del futuro. Un “patto per la scuola”, che impegna tutti i soggetti istituzionali, scuole, enti, associazioni e servizi della città ad affrontare insieme le sfide del presente e del futuro. Non tanto e solo per gestire trasporti, mense e edilizia scolastica, ma soprattutto con l’obiettivo di restituire centralità alla questione formativa, come investire e valorizzare il capitale umano costituito dagli studenti, piccoli o grandi che siano. Come rendere efficiente il sistema formativo dal punto di vista della conoscenza. Come dare vita a una rete per la qualità dell’apprendimento, a un coordinamento didattico e organizzativo per migliorare il servizio scolastico offerto a tutti i cittadini. Fare rete, mettere a sistema le risorse del territorio è la cifra che caratterizza questo “patto per la scuola”, un patto che assume come metodo strategico quello della partecipazione e del coinvolgimento attivo delle istituzioni scolastiche e culturali, degli attori sociali della città per il raggiungimento di obiettivi condivisi.

C’è da chiedersi perché a Ferrara nulla si muova. Perché ci si culli nel solito tran tran. Perché non si riesca a organizzare un festival dell’apprendimento, quasi che lo sforzo di quanti sono impegnati nello studio e nella conoscenza, a partire dalle nostre ragazze e dai nostri ragazzi, non meritasse la gratitudine di tutta la città, non meritasse il riconoscimento e la gioia di essere festeggiato insieme.
Avevamo riposto fiducia nelle parole dell’assessore alla pubblica istruzione (si veda qui l’intervista che ci rilasciò l’anno scorso), ma evidentemente non solo quelle dell’Inferno, anche le strade degli assessori sono lastricate di buone intenzioni. C’è da dire che neppure l’Ufficio scolastico territoriale e le Istituzioni scolastiche con i loro dirigenti, qui da noi, pare che brillino per idee, per spirito di iniziativa, per capacità propositiva. Pare che non sentano, di fronte ai grandi cambiamenti che ci stanno attorno, la necessità, oltre che l’urgenza, di avviare una stagione nuova di dialogo, di collaborazione, di alleanza tra le scuole, i loro studenti e la città intera. Una stagione del fare insieme, che restituisca centralità alle ragazze e ai ragazzi impegnati a studiare, a quello che fanno a scuola e perché e per chi lo fanno, che faccia sentire la città partecipe della scuola dei suoi ragazzi e i suoi ragazzi partecipi della città. È impossibile?
Tra le righe della “Buona scuola”, ora per tutti legge n.107, a noi pare che ci sia questa volontà di aprire la scuola alla città e la città alla scuola, almeno nelle intenzioni. Ci sarà qualcuno in grado di raccoglierla?

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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