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Di Andrea Poli

A volte vorrei essere un giornalista di Report per quella loro capacità di “scovare” carte, cartelle e quant’altro, sia nella Rete che nei documenti svolazzanti. Purtroppo, accontentandomi, digito soltanto su Google questa parola chiave: “piano di riapertura delle biblioteche di Ferrara”. Dopo circa un mese ritrovo ancora le classiche otto ore disinfestanti per la restituzione e il prestito.
Chissà perché mi immaginavo che si fosse pensato e scritto sul web un piano(forte) programmatico che comprendesse varie fasi: la prima di otto ore, poi l’apertura delle altre strutture, poi man mano l’allargamento degli altri servizi bibliotecari.
Ero proprio stupidamente convinto che ci fossero date e punti fermi, ma la prima info sul web riguarda la Biblioteca Ariostea, poi seguono tutte le altre con informazioni poco limpide, ‘senza pietà’ per l’utente che desidera sapere gli orari o se il pianoforte ha ricominciato a suonare.
Se si avevano problemi prima nel districarsi tra le varie aperture giornaliere e settimanali, ora essere i funamboli del tempo diventa una necessità. Entrando nella Home Page del Servizio inizia la Jumanji degli orari. Se vuoi andare all’Ariostea ti vesti da sabato italiano, ma attenzione perché in un’altra Biblioteca va bene anche il mercoledì del lavoratore pendolare. Se hai fretta, il martedì è aperto lo Spid (che si scrive Speed) o se ti piace la movida del giovedì puoi scegliere tra varie strutture.
Digitando la stessa ricerca a Bologna il risultato cambia completamente: Le biblioteche sono aperte negli stessi orari pre-zombie, ma ovviamente con le stesse modalità pandemiche: prenotazione, prestiti, rientri. Non è che Bologna è meglio di Ferrara, ma è mai possibile che il karma degli orari delle biblioteche ferraresi, sia una prerogativa anche durante il mondo a rovescio? Ma l’uniformità o la semplificazione è così difficile? Faccio un appello all’Assessore alla Cultura, non dico per fare la rivoluzione, ma per allinearsi con gli standard generali del momento, quindi aprire come prima (se più di prima, ti amerò) conservando d’accordo maschere, gel e dopobarba, nonché la distanza di due metri (usando il Bluetooth che li misura come gli pare), ma almeno evitare lo slalom orario.
E poi parliamoci chiaro: le discoteche sì e le biblioteche no? Le biblioteche non possono aprire all’utenza e le discoteche si possono mascherare da veicoli di cultura? Ma quando mai! Se il problema sono gli spazi aperti, mi risulta che l’Ariostea, la Bassani, la Luppi di Porotto abbiano punti verdi anche importanti. Questa può essere un’opportunità che riguarda non solo i pianoforti bibliotecari, ma in generale tutte le strutture e i fermenti culturali della città, che possono essere “ripristinati” e alimentati nuovamente, creando anche una sorta di “avanguardia” o punto di riferimento nazionale, sul come e sul perché puntare tutto, né sul nero, né sul rosso, ma sulla formazione intellettuale come modo sempre antico, ma sempre attuale, per cambiare l’etica del mondo.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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