Skip to main content

Vite di carta. Dove porta “Il libro della pioggia” di Martino Gozzi

Dove mi hai portata, Martino Gozzi. Indietro nel tempo, prima di tutto. Poi in giro dentro la mia maturità e soprattutto dentro la tua. Ho letto Il libro della pioggia, il tuo romanzo-memoir, in pochi giorni e l’ho maneggiato con cura, quasi potesse uscirne anche una sola parola e perdersi nell’aria. Sono così intense le tue parole.

il libro della pioggia martino gozziC’é un’aria gravida di pioggia in questi giorni: acqua che cade a tratti rabbiosa, poi sembra calmarsi e viene giù lenta e costante. Ha già portato l’alluvione nelle nostre terre e ora a me porta il tuo libro.

Per il momento mi è chiara questa analogia tra le pagine che hai scritto e il corso della mia vita che le ha incontrate. Me ne viene in mente un’altra: mi hai detto che questo libro dovevi scriverlo e io ho subito pensato che dovevo attraversarlo.

Il guado ora è avvenuto e devo ammettere che annaspo tra le tante osservazioni che vorrei fare, tra le categorie della narrativa in cui dovrei farlo stare per rassicurarmi come lettrice ormai navigata, ma eternamente scoperta e vulnerabile.

Mi dico ecco che si aggiunge alle mie letture di queste settimane un altro romanzo incentrato sulla storia personale e di famiglia, con uno spazio grande che in questo caso è dedicato alla “amicizia epica” con Simone, che da qualche anno non c’è più , e con gli altri storici compagni di infanzia e giovinezza.

Il terzo bel romanzo in cui l’io che narra ricostruisce le proprie radici e ne esce con un bell’aggiornamento sulla propria identità, nel senso di una pulizia interiore ritrovata.  Forse la più radicale dopo quella, donata, che si vive nell’infanzia.

Degli altri due letti nelle ultime settimane ho già scritto, mi limito a ricordarne i tratti bibliografici in nota.

Prendo altre parole dal risvolto di copertina: dopo “un’amicizia epica, la loro, tenuta insieme dalla musica e dalla giovinezza” riporto quelle che delineano Simone, il giovane uomo che “suona il basso mancino come Paul McCartney, ha una band, scrive musica.

Ha il dono di saper amare e farsi amare. Se ne va troppo presto” dopo una lunga malattia, rimanendo però per Martino “la pietra di paragone, il punto di riferimento, l’irrinunciabile metro rispetto a cui misurare col passo pacato della maturità le tappe di una vita: Ferrara, Torino, la scrittura, il matrimonio, la paternità, la musica, i cambiamenti”.

Il libro della pioggia Martino Gozzi
Martino Gozzi e amici. Poggio Renatico (FE), Festa di Emergency, maggio 2023

Eccoti Martino, ritrovato a una festa di Emergency organizzata qui vicino a casa mia due sabati fa. La locandina dell’evento porta il volto sorridente di Simone accanto al tuo nome, promette la presentazione de Il libro della pioggia e un accompagnamento musicale.

Siedo tra le ultime file di panche preparate davanti a un piccolo palco dove tu leggi alcune pagine del libro alternandoti al gruppo che suona e a Francesca che canta. Già, Francesca. Ho riconosciuto anche lei, un attimo dopo averti rivisto mentre già firmavi alcune copie del libro. Anche lei studentessa all’Ariosto e amica storica tua e di Simone. Ho appena incontrato sua madre, una cara collega di Scienze di ormai parecchi anni fa, e da lei ho saputo che per cantare qui oggi è venuta da Roma. 

Anche gli altri musicisti sono qui in quanto amici di Simone. Oggi lo ricordano insieme a suo padre, che si aggira come un leone emozionato dentro al Parco dove siamo ospitati e non trova posa, e a sua madre, della quale prima di leggere il tuo libro non sapevo nulla e che ora mi pare un gigante, altro che la signora aggraziata col grembiule da inserviente che ha riempito il buffet di ogni bendidio per il resto della serata.

Ti ho ritrovato coi capelli brizzolati e con la consueta magrezza. Ti ho ascoltato e ora ti ho letto. Tento di concentrare in queste poche righe che rimangono quanto è stato struggente averti di fronte nel presente e andare di continuo all’indietro nel tempo. Vorrei che mi vedessi mentre scrivo, ho accanto una copia degli altri romanzi che hai pubblicato, ci sono fogli pieni di appunti che ho scritto su di te tra il febbraio e il marzo del 2004. E poi i ritagli di giornale.

Una volta mia Martino GozziIncomincio dagli articoli usciti su La Nuova Ferrara. Il primo è del 21 febbraio 2004 e riporta la presentazione dell’opera prima “del giovane autore ferrarese Martino Gozzi”, il romanzo Una volta Mia appena edito da peQquod.

Siamo alla libreria Feltrinelli (dico “siamo” perché nelle due foto che accompagnano l’articolo di Andrea Tebaldi compaio anch’io seduta in prima fila), c’è tanta gente a sentire un autore così giovane, uscito da pochi anni dal nostro Liceo.

In procinto di tornarci come ospite del Progetto Galeotto fu il libro, il primo in assoluto. Ho qui accanto l’altro articolo del 14 marzo su noi docenti fondatori del Galeotto e la locandina con gli incontri del primo anno scolastico, il 2003-2004, in cui abbiamo incominciato l’attività.

Attività bellissima, che compie i suoi primi vent’anni. Dopo di te, che verrai il 16 marzo, avremo a cadenza quindicinale Guido Barbujani, Eraldo Baldini, Diego Marani, Paolo Maurensig, Carmine Abate.

Tu sei stato il nostro numero uno. Quante domande abbiamo preparato insieme ai ragazzi per conversare sul tuo romanzo, quante correzioni ho apportato ai miei appunti. Che spazio dobbiamo dare al suo passato di studente del Liceo? Gli chiediamo di parlarci del Quaderno dell’Ariosto n.16, quello che raccoglie le sue lettere dagli USA nell’anno in cui ha studiato all’estero?

Ho davanti a me anche quello. Nero, da una parte con le tue lettere inviate ai compagni della IV T e alla prof di Italiano, dall’altra con le loro risposte.

Leggo in esergo che avete titolato il Quaderno Warehouse. Lettere dagli States, in quanto ‘Warehouse’ significa magazzino e solo tu potevi concludere che l’America “in fondo non è che un enorme magazzino”.

Mi chiedo se anche la vita, di cui parli nell’ultimo romanzo con sapiente curvatura antropologica, possa essere definita così. Quanti viaggi, quante esperienze di lavoro hai accumulato, fino a dirigere la Scuola Holden a Torino. Quanta vicinanza mi sento restituire dalle tue pagine. Le muse che ci hanno dato consistenza, la Scrittura, la Lettura, la Letteratura. Nel tuo caso anche la Musica.

Di sicuro imparo da te, ora così adulto e così carico di vissuto, a riconfigurare ciò che penso sia la scrittura.

Qualcosa che “aiuta a sentirsi meno soli”, come ho segnato a pagina 100, anche se “non è il luogo della serenità…il luogo dei cliché, delle frasi fatte” (e sono andata indietro alla pagina 88). “Può avere un potere terapeutico”, come sostieni nella prima parte del libro. Fino a qui concordo, ho presente la forza che mi ha dato fin dall’adolescenza. Lo scarto dalla vita ripetitiva di paese (il mio a pochi chilometri dal tuo, Sant’Agostino).

Ma proseguo e dico una compagna di vita, soprattutto dopo il dolore che ti hanno dato la scomparsa di Simone e la sua lunga sofferenza. Una compagna fidata per entrambi, dopo che il disincanto ci ha presi. Dopo l’aver compreso – finalmente – che non possiamo avere il controllo su tutto, né alcuna forma di immunità rispetto ai colpi della Tyche.

Verso la fine del libro, quando Simone non c’è più, l’atto di scrivere può apparirti “futile”, e tuttavia mi aspetto che tu dica altro, che mi aiuti a riconoscermi nelle parole della versione più aggiornata del tuo pensiero. Eccole: “A volte nelle storie è possibile trovare un senso – intravedere una luce, qualcosa”.

“Proprio ciò che ci risulta tanto difficile nella nostra routine quotidiana. E questo vale per le storie che leggiamo così come per quelle che scriviamo, dico, o tentiamo di scrivere. A patto che siamo disposti a perderci”.

Nota bibliografica:

  • Maria Grazia Calandrone, Dove non mi hai portata, Einaudi, 2022
  • Anne Berest, La cartolina, Edizioni E/O, 2022
  • Martino Gozzi, Il libro della pioggia, Bompiani, 2023
  • Martino Gozzi, Una volta mia, peQuod, 2004

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

tag:

Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

Comments (2)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it