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Il giardino, opera viva, regno del possibile e del paradosso, ha sempre un direttore che dirige l’orchestra, il giardiniere, colui che ascolta, guarda e al momento opportuno, sceglie cosa fare e cosa disfare. Il giardino per definizione è un luogo artificiale e ha bisogno di avere dei punti fermi nella sua struttura di base: ingressi, confini, percorsi, punti di interesse, ma questa impostazione rigida non gli impedisce di essere anche elastico, accogliente e adattabile, nomade suo malgrado. Un giardino può diventare un luogo incolto per scelta, ma un incolto è solo uno spazio abbandonato in cui la Natura riprende il suo lavoro. Affidare il proprio pezzetto di terra al caso può essere una scelta di principio, ma tante volte è la scelta di quei giardinieri che, stanchi di consultare montagne di cataloghi e di fare il giro dei vivai, decidono di fermarsi per vedere cosa succede.
A volte capita che il vento sia un alleato prezioso, soprattutto quando un giardino si trova in una zona ricca di flora selvatica e può succedere che la composizione di rose da catalogo con fiori di campo, diventi un quadro pieno di grazia e di poesia. Questo è quello che vorrei fare nel mio giardino, perché mi piace l’idea che qualcosa possa crescere in modo equilibrato senza troppi controlli da parte mia. In verità nel mio giardino, se si esclude il tappeto di margherite e pisaletto, quello che è cresciuto in modo casuale, non è arrivato poeticamente sulle ali di un fresco venticello primaverile, ma dentro prosaiche sportine di plastica. Chi coltiva erbacee perenni o rampicanti, prima o poi sarà costretto a buttarle o a distribuirle. In questo modo, e senza nessun tipo di programmazione, il mio giardino si è arricchito di tante varietà interessanti, come la deliziosa Lychinis coronaria con le sue rosette di foglie grigie e pelose; l’allegra Centranthus ruber (foto); la scultorea Euphorbia caracias; tutte piante rigogliose che ormai fanno parte del mio paesaggio e che sono arrivate brutte, mezze secche, spesso aggrumate in zolle di terra, proprio dentro alle sportine- regalo delle mie amiche.
Cosa sono le perenni? sono le generiche piante da fiore con il fusto non legnoso. Queste, al contrario delle piante annuali che ogni anno completano il loro ciclo di vita, se trovano un luogo di loro gusto, ricominciano a vegetare ogni anno allargandosi alla base. Durante l’inverno la maggior parte di loro sparisce o lascia in terra una base fatta di steli secchi e di foglie morte. Quando una pianta perenne ha qualche anno di vita, tende ad allargare questa base e per mantenere in forza la pianta è necessario dividerla con un coltello affilato. Questi pezzi di materiale vegetale, daranno vita a nuove piante e così facendo, si riempiono aiuole, bordi, vasi e prima o poi si finisce per mettere queste cose informi dentro ad una sportina e portarla ad amici con spazi ancora colonizzabili. Mettere in terra queste “cose vegetali” mi è sempre piaciuto, perché sono molto più semplici da coltivare rispetto alle semine o alle talee, e così ho potuto riempire il mio giardino di presenze tanto gradevoli quanto infestanti. Con le perenni non ci sono problemi, lo spazio c’è e ho ancora molti amici su cui contare, il problema si è creato con i rampicanti. Tutte le piante che si possono trasportare a pezzi, infilate senza complimenti in una sporta di plastica, hanno una costante: sono robustissime. Le piante rampicanti lo sono in modo particolare, quindi, prima di accettare una sportina con un omaggio del genere, dovrebbe essere obbligatorio fare un esame onesto delle proprie capacità di essere drastici nel tenerle sotto controllo. Le rampicanti come i glicini, le viti americane, le edere, le bignonie, i falsi gelsomini, i caprifogli, sono piante fortissime e hanno tutte la stessa capacità di crescere e riprodursi con estrema facilità, in pochi anni creano pergole spontanee, grovigli di vegetazione, masse verdi di grandi proporzioni. Le ho sempre accolte, piantate e ammassate, pensando di poterle controllare, ma la pigrizia, la mancanza di tempo e il mal di schiena, hanno molto indebolito le mie capacità e adesso mi ritrovo con angoli di boscaglia molto arruffati, che non sempre mi piacciono, ma che alla fine conservo, perché sono piene di insetti e qualche nido di uccellini, così il giardino cresce e si mantiene pieno di vita.

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Giovanna Mattioli

È un architetto ferrarese che ama i giardini in tutte le loro forme e materiali: li progetta, li racconta, li insegna, e soprattutto, ne coltiva uno da vent’anni. Coltiva anche altre passioni: la sua famiglia, la cucina, i gatti, l’origami e tutto quello che si può fare con la carta. Da un anno condivide, con Chiara Sgarbi e Roberto Manuzzi, l’avventurosa fondazione dell’associazione culturale “Rose Sélavy”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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