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Emergency ha festeggiato i suoi primi 20 anni e lo ha fatto nella laboriosa, ricca, luccicante e avanguardista Milano, città dove è nata. Si sono riuniti il pubblico, i volontari, i medici, gli infermieri e tutti coloro che si sono, in qualche modo, spesi per l’attività dell’associazione nei Paesi più difficili del pianeta. Paesi colpiti da guerre, miseria, malattie, disperazione, bisogno di aiuto. Perché dove la paura, la disperazione e i conflitti chiamano, Emergency risponde. Ora come allora.
Al Mediolanum Forum di Assago, sabato 13, in occasione dell’anniversario, si sono incontrate centinaia di persone, per ascoltare la storia di Emergency, i suoi programmi in Afghanistan, Repubblica Centrafricana e Iraq. Negli scenari più spaventosi, tristi e abbandonati del mondo. Il tutto si è concluso con un concerto al quale hanno partecipato Elisa, la Pfm, Cristiano De André, Fiorella Mannoia, Casa del Vento, Nada e Teresa Mannino. Insieme alla musica, si sono avvicendati e mescolati tanti ricordi, idee e riflessioni, in uno spirito di totale e continua opposizione alla guerra e alla sua logica di sopraffazione.
Cultura di pace, uguaglianza e rispetto dei diritti umani sono le linee conduttrici di questa associazione, nata nel 1994 per fornire assistenza alle vittime civili dei conflitti, menomate da ordigni bellici come le mine antiuomo, ma anche dalla malnutrizione e da mancanza di cure mediche, per addestrare personale locale a far fronte alle necessità mediche, chirurgiche e riabilitative più urgenti, nata per caso intorno a un tavolo di cucina, forse apparecchiata. Da allora Emergency ha costruito ospedali e centri sanitari (ma anche centri pediatrici, di riabilitazione e posti di primo soccorso) e ha combattuto affinché chiunque avesse diritto a essere curato.
Missione dopo missione, progetto dopo progetto, è aumentato il numero delle persone che hanno scelto di sostenere il suo lavoro, chi con donazioni, chi con il proprio tempo. Per non voltarsi mai di fronte alla sofferenza, per aiutare chiunque avesse bisogno, per tendere una mano a chi l’aveva persa, per dare una speranza a chi l’aveva vista annegare in un acquitrino scavato dalla guerra. E così gli anni hanno scritto questa bella storia, fatta di sacrifici, di coraggio, di amore per il prossimo, di uomini, di pionieri dell’essere l’altro. In più di 16 Paesi, aiutando oltre 6 milioni di persone.
Ricordo bene, nel 1994, quando, ai suoi inizi, Emergency ha lanciato la campagna contro le mine antiuomo, che ha poi portato l’Italia a metterle al bando. Da allora sono successe tante cose. Nel 2001, poco prima dell’inizio della guerra all’Afghanistan, l’associazione ha chiesto ai cittadini di esprimere il proprio ripudio della guerra con uno “straccio di pace”. Le adesioni sono state tante. Nel settembre 2002, ha lanciato la campagna “Fuori l’Italia dalla guerra” perché l’Italia non partecipasse alla guerra contro l’Iraq. Nel 2008, insieme ad alcuni paesi africani, ha elaborato il Manifesto per una medicina basata sui diritti umani per rivendicare una sanità basata sull’equità, sulla qualità e sulla responsabilità sociale.
Emergency è stata giuridicamente riconosciuta Onlus nel 1998 e Ong nel 1999. Dal 2006 Emergency è anche riconosciuta come Ong partner delle Nazioni unite – Dipartimento della pubblica informazione.
Rammentiamo che il suo fondatore, Gino Strada, è nato a Milano dove si è laureato in medicina, ramo chirurgia d’urgenza, ed è diventato chirurgo di guerra per scelta, prima lavorando con la Croce rossa internazionale e poi creando un’associazione a favore delle vittime delle guerre civili. Strada è stato, tra l’altro, iscritto nella lista dei possibili candidati al Nobel per la pace nel 2001. La figlia Cecilia, presidente dell’associazione, e sempre molto attiva e impegnata per la causa della stessa, ha recentemente diffuso una lettera su questi 20 anni, basata sulla bellissima intuizione di una scatola di ricordi.
Ve la riportiamo integralmente, perché merita una lettura.
Buon compleanno, coraggiosa Emergency, vero emblema della dignità umana.

Lettera di Cecilia Strada. Settembre 2014

Cari amici, Emergency compie vent’anni. Se questi vent’anni fossero una scatola, sarebbe piena di ricordi dei sedici Paesi in cui abbiamo portato aiuto. Dentro ci sarebbe una punta di lancia. Viene dal Ruanda: 1994, il primo intervento di Emergency. Siamo entrati nell’ospedale di Kigali, che era stato abbandonato, abbiamo riaperto il reparto di ostetricia, dove 2.500 donne hanno ricevuto assistenza e fatto nascere i loro bambini, e quello di chirurgia d’urgenza, curando 600 feriti di guerra. La punta di lancia l’abbiamo trovata entrando nell’ospedale abbandonato. Era vicino a un paziente: era stato ucciso nel proprio letto. Questa è la guerra. Poi l’abbiamo vista in tanti paesi: diverse le armi, diverso il colore della pelle, ma sempre tragicamente uguali le vittime civili. Dovrebbe essere una scatola molto grande, per poter contenere le migliaia di disegni che i nostri piccoli pazienti hanno colorato: magari stesi per terra nelle sale giochi degli ospedali, magari in giardino, il giorno delle dimissioni, per farci un regalo prima di tornare a casa. Sarebbe una scatola piena delle pulitissime divise del nostro personale, simbolo di lavoro, formazione, riscatto sociale. Insieme ai nostri professionisti internazionali, oggi più di 2.200 persone locali lavorano nelle strutture sanitarie di Emergency in sei Paesi. Un posto particolare nella scatola lo avrebbero le foto delle nostre colleghe: è un’altra cosa di cui possiamo andare fieri. Riusciamo a dare loro un’istruzione e a farle lavorare insieme agli uomini anche nei contesti più difficili per le donne. L’orgoglio e la determinazione con cui ogni giorno queste donne entrano in ospedale è uno dei successi di questi vent’anni. Nella scatola ci sarebbe anche una tempesta di sabbia del deserto sudanese, dove il Centro Salam di cardiochirurgia ripara cuori di adulti e bambini che altrimenti non avrebbero possibilità, ci sarebbe la giungla cambogiana dove abbiamo curato troppi feriti da mina, ci sarebbero le arance che crescono nel nostro poliambulatorio a Palermo, il sole della Sierra Leone che batte sul Centro chirurgico e pediatrico, ci sarebbero i metri di neve che le nostre ostetriche e infermiere attraversano, in mezzo a una montagna dove non ci sono strade, per dare un’opportunità di cura alle donne incinte e ai neonati che vivono lì. Se questi vent’anni fossero una scatola, sicuramente ci sarebbe dentro una maglietta con il logo rosso: una per tutte le magliette di Emergency che sono state indossate, regalate, consumate, comprate, vendute. In quelle magliette c’è un modo concreto per contribuire a curare persone, ma c’è anche un’idea che cammina: l’idea che i diritti umani debbano essere, semplicemente, garantiti a tutti. Che cosa metteremo dentro la scatola, nei prossimi vent’anni? Continueremo a riempirla, insieme, di medicina e diritti. Grazie: per i vent’anni passati, e per i prossimi che costruiremo.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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