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Una finestra senza più imposte né intonaco, aperta su un muro pieno di calcinacci con davanti un orizzonte di mare e cespugli. È una foto grande, dà l’impressione di potersi affacciare e sentire l’aria del mondo inselvatichito là fuori. L’autrice è Silvia Camporesi e la fotografia è esposta nella home-gallery, casa-galleria di Maria Livia Brunelli su corso Ercole d’Este a Ferrara, insieme con un’altra dozzina di foto di luoghi abbandonati, struggenti e polverosi, evocativi come non mai.

“Finestra a Pianosa” di Silvia Camporesi alla Mlb gallery di Ferrara

Le immagini che fanno parte del suo grande ‘Atlante dei luoghi italiani in rovina’, ma inedite rispetto a quelle già pubblicate sul volume ‘Atlas Italiae’, edito nel 2015, in cui l’artista ha raccolto 112 foto di 70 posti abbandonati in tutta la Penisola. Stavolta, qui, c’è una serie di fotografie scattate sul territorio di Ferrara. “Un omaggio – dice l’artista – a Giorgio Bassani a cui pensavo di dedicare immagini sui luoghi ferraresi della sua vita. Ma quando ho visto quei posti non ho trovato ispirazione. I luoghi che ho scelto sono stati altri, abbandonati, che si riallacciano quindi alla sua sensibilità e attenzione per i luoghi da salvare che lui ha portato avanti per Italia Nostra”. Il repertorio che la Camporesi si è andata a cercare mette insieme diversi punti nevralgici dell’abbandono in terra ferrarese: l’ex manicomio infantile di Aguscello, la stazione ferroviaria chiusa di Bondeno, una villa che stanno per ristrutturare e l’ex Eridania di Codigoro. A impreziosire le foto è l’intervento manuale di colorazione. Le immagini scattate a Ferrara e dintorni – spiega l’autrice – sono state stampate in bianco e nero e poi colorate con pastelli solubili all’acqua. Un tocco in più di poesia evanescente sul tempo che trascorre.

Un’ulteriore coincidenza può rendere per qualcuno questa mostra ancora più interessante. L’esposizione si realizza in concomitanza con lo svolgimento di un concorso fotografico (FramE Contest) organizzato dall’associazione culturale ferrarese. Il concorso è cominciato all’inizio di quest’anno. Ogni mese viene inviato ai concorrenti il titolo del tema su cui concentrare il proprio obiettivo tra Ferrara e dintorni per partecipare e, da lì in poi, per un mese, si possono fare le foto per presentare la più riuscita entro il mese successivo. Ebbene: dal 20 aprile le foto del concorso FramE insieme con l’associazione Riaperture saranno dedicate proprio a ‘Luoghi dell’abbandono’.  Ad arrivarci in questo modo, alla mostra di Silvia Camporesi alla Mlb gallery, attenzione e sensibilità si amplificano. Come trovare l’anello di una catena dopo che hai passato tutto il tempo prima a cercarlo. Quello scintillio ti incanta perché ormai ci hai pensato, guardato e te lo sei prefigurato tante volte e ora, finalmente, lo trovi, lo vedi, ce l’hai davanti.

Nei lavori di Silvia Camporesi esposti alla Mlb gallery c’è quella combinazione che rende i ruderi degni di nota, quel particolare che fa sì che siano più attraenti di qualunque loro equivalente intatto e integro. La pittura romantica ottocentesca è un repertorio esemplare di combinazioni struggenti e la poetica del disfacimento ha radici lontane [vedi il saggio sull’arte delle rovine]. L’abbandono non basta. Gli elementi che rendono davvero riuscita questa forma di rappresentazione sono il contrasto tra la pietra e ciò che palpita, la parte inanimata e l’anima, il confronto tra il manufatto che si sgretola e il seme che germoglia, il marmo monumentale che si credeva inattaccabile e che invece offre il fianco al rametto esile, così vulnerabile eppure implacabile nella sua capacità di ricavarsi spazi vitali. La rovina è ciò che il tempo fa crollare e distrugge, ma anche ciò che al tempo resiste e sopravvive: lo spazio fisico inquadrato nell’attimo che scorre. La rovina è gloria fallita, fasti decaduti, ricchezza diventata povertà. Ma ti fa prefigurare la magnificenza cancellata, splendore dietro la polvere, lussi sepolti sotto il caos.

Silvia Camporesi – foto dell’ex stazione di Bondeno con buffet in stile a cura di Silvia Brunelli (foto Giorgia Mazzotti)

Le finestre possono essere punti strategici dei luoghi abbandonati, la cornice dove il degrado si affaccia sulla vita, che sia finestrino di un treno in disuso o l’apertura di una casa abbandonata in riva al mare. Anche il contrasto tra la pietra e la testimonianza umana dà quel fremito di nostalgia, ricordo, malinconia. La bottiglia con l’etichetta polverosa di un vino rimasto lì con vasi e altre bottiglie a testimoniare il trascorrere del tempo e a fissare un momento rimasto immobile eppure così mutato, la banalità quotidiana che diventa reperto, che suggerisce un senso di catastrofe, di tempo svanito, di persone che se ne sono andate all’improvviso.

‘Luoghi dell’abbandono’ è il tema su cui  si sono messi alla prova i fotografi del concorso ferrarese e il repertorio di oltre un centinaio di immagini che saranno pubblicate a partire dal giorno di proclamazione dei vincitori (20 aprile 2017) in poi sulla pagina Facebook di FramE Contest.

‘Atlas Italiae: Tabula Ferrarense cento anni dopo Giorgio Bassani’ di Silvia Camporesi è alla Maria Livia Brunelli home gallery, corso Ercole I d’Este 3, Ferrara. Dall’8 aprile all’8 ottobre 2017 la galleria è aperta sabato e domenica ore 15-19 (altri giorni e dall’1 luglio al 30 agosto solo su prenotazione al cell. 346 7953757, mlb@marialiviabrunelli.com). L’ingresso e le visite guidate sono gratuite.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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