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Sui saldi faremo bilanci più avanti. Dagli Usa, dove la prova dei saldi è anticipata al Black Friday, il giorno seguente al Ringraziamento, arrivano notizie simili, anzi sembra che i centri commerciali siano in crisi. Come sempre, guardare fuori casa ci fa capire che quello che accade a Ferrara, in via San Romano, in via Bersaglieri del Po, al Castello, non è un fenomeno locale. I primi dati nazionali segnalano performance diversificate: migliori nei centri urbani rispetto alle periferie e migliori nelle città turistiche. Si conferma il rapporto tra consumo e consumo del tempo, anzi per lo più solo di questo ci accontentiamo quando le risorse scarseggiano. Si conferma la straordinaria fonte di ricchezza che può derivare per il nostro Paese dal turismo.
Le gallerie dei centri commerciali restano affollate: le persone le attraversano con i carrelli della spesa e danno occhiate annoiate ai negozi. Le giovani coppie investono nell’acquisto di gettoni per le giostre dei bambini. Ma altro che cattedrali del Consumo, come Ritzer aveva definito, agli esordi gli Shopping Mall, luoghi in cui l’incanto delle merci ci lasciava in religiosa ammirazione, come di fronte ad uno spettacolo di grandezza sovraumana. Le merci, e soprattutto i centri commerciali non sono più una novità, il format standardizzato che da Rovigo a Ferrara, a Parma, sembrava la geniale scoperta di economie di scala a partire dalla progettazione, propone merci seriali, tutte uguali, dello stesso colore e dello stesso informe tessuto, una patetica parodia della moda.
La questione del consumo non può essere ricondotta alla dimensione economica. La crisi ha inciso non solo sulle tasche, ma inducendo un cambiamento di valori. Il lusso ha perso smalto, anche per coloro che possono permetterselo, e si è affermata una certa sobrietà. In tempi di preoccupazione e di incertezza. il lusso diventa sinonimo di futilità.
Ma non tutti i consumi sono compressi: aumentano i “beni relazionali”, in primo luogo le tecnologie della comunicazione, e tutte le spese che hanno a che fare con la convivialità. La convivialità sostiene il successo di una nuova tipologia di negozi: quelli che propongono articoli per l’arredo della tavola e per il cucinare. Questo Natale ha visto l’esplosione di pirottine, stampi per impiattare, formine per i finger food, posate e stoviglie per le più svariate destinazioni, segna posto e altri ammenicoli. Si sa che i periodi di difficoltà economica sono segnati dalla ricerca di piccole gratificazioni: è il ‘lipstick effect’ segnalato dagli economisti fin dalla crisi americana del 1929.
Così oggi cerchiamo di rendere confortevole il luogo in cui ci rifugiamo, più o meno smarriti. La casa è il bene rifugio, non certo in termini di investimento economico, ma come luogo caldo, dove condividere cene con amici, dove esibire le proprie prodezze in cucina. E chi non ne ha da vendere, con tutte le trasmissioni di cucina!
Bisognerà capire che i consumi riflettono i baricentri della vita e che, quindi, hanno a che fare con le persone prima che con il mercato. D’altra parte i sentimenti dei consumatori dovrebbero interessare le istituzioni pubbliche e le associazioni di categoria (ma qualche corso per dire che la merce deve avere un’anima, proprio no?). Tutta la distribuzione è in una crisi profonda, di cui vi è ancora un troppo vago sentore, se pensiamo che basti un po’ più di liquidità! Gli sconti ci sono tutto l’anno, negli outlet e non solo, il commercio online si diffonde con straordinaria rapidità e perché non dovrebbe essere così se cresce la capacità di accesso delle persone e l’uso dei mobile; e cresce l’efficienza delle catene online che consegnano prodotti personalizzati in pochissimi giorni. Affidare le speranze alla ripresina, è davvero miope.

Maura Franchi – Laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi e Social Media Marketing. Studia i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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