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Ferrara bollente. La settimana scorsa la città estense è salita alla ribalta delle cronache nazionali, in quanto città più calda d’Italia con temperature percepite di 49 gradi. Un po’ di pioggia ha portato temporaneo sollievo, ma ora il record rischia di fare il bis: bastano alcuni giorni di cielo sereno e le temperature aumentano a dismisura con l’aria che si fa irrespirabile. Chi alle due del pomeriggio si trova ad attraversare una strada assolata della città è a rischio di svenimento, i benefici di un temporale si annullano nel giro di pochi giorni e il calore torrido è in continua risalita. Oltre ai fattori climatici stagionali, si aggiunge il contributo negativo di condizionatori che riversano ulteriori soffi roventi e di quegli autobus e automobili in moto perpetuo, che anche durante le soste buttano fuori smog, caldo, rumore.

Ma cosa si potrebbe fare?

Alberi e prati ferraresi rivelati dalla manifestazione InternoVerde

IL VERDE. Piante, alberi e prato sono gli unici produttori naturali di fresco nonché consumatori di anidride carbonica, ma anche abbattitori di benzene, polveri sottili e tutte quelle brutte cose che sappiamo purtroppo di stare respirando. Ogni albero – rivela una ricerca del Cnr di Bologna –  rinfresca come cinque climatizzatori in azione, senza peraltro consumare energia né generare altro calore. In questo senso sarebbe cruciale una cultura urbanistica mirata a favorire e valorizzare la diffusione delle piante in punti strategici della città. Qualche giorno fa Flavia Franceschini – guida turistica, artista e osservatrice attenta della città – segnalava un progetto dello studio Boeri per portare più verde sui tetti e intorno al Policlinico di Milano osservando con ironia: “Ecco, come a Cona! (dove tengono potati a forma di palla gli alberelli del parcheggio, paura che facciano troppa ombra?)”. In effetti andando all’ospedale cittadino trasferito nel paese di Cona, si può osservare la chioma di quegli alberi, potati come se fossero lampioni ornamentali anziché organismi viventi e ombreggianti. Lo stesso arboricolo rispetto serve alla cura del verde lungo le strade e nelle aree verdi della città. Alberi da fare crescere, curare, valorizzare.

Ciclabile di Rampari San Paolo all’incrocio con corso Isonzo a Ferrara

SMOG E POLVERI SOTTILI. Per quel che riguarda auto, corriere e bus fermi con il motore acceso, servirebbe la scelta della polizia municipale, di applicare quello che il codice in effetti prevede: sanzioni, o magari inizialmente una campagna di avvertimento, per automobilisti e guidatori di mezzi pubblici in sosta con il tubo di scappamento in azione. L’obbligo che i veicoli abbiano il motore spento durante la sosta è infatti previsto dal ‘Nuovo codice della strada’. Un ulteriore passo avanti di impatto più duraturo lo porterebbe un incentivo dei mezzi di trasporto elettrici con apposite scelte di politica amministrativa. Come cambierebbero frastuono e traffico nel centro storico, ad esempio, se pian piano si riservassero i permessi di transito e sosta a veicoli silenziosi e non inquinanti. Scooter porta-pizza, taxi, autobus e magari anche auto autorizzate non sarebbero più elementi molesti e puzzolenti, ma mezzi in armonia con l’atmosfera di una città che è antica e orgogliosa sostenitrice dell’uso delle biciclette. Un passaggio graduale che incoraggerebbe i cittadini e gli esercenti ad avere veicoli più compatibili con ambiente e persone, che comunque nel tempo compenserebbero anche i proprietari in termini di economia dei consumi.

Via Saraceno, a Ferrara, riasfaltata

QUANTO ASFALTO. La cultura del verde si sposa idealmente con la volontà di ridurre la copertura di asfalto e cemento. Ogni volta che ci sono strade da rimettere a posto o da mettere a nuovo, perché non cercare di farle preferibilmente in ghiaia, ciottoli, pietra che – oltre a essere esteticamente più belle – non trattengono il calore e lasciano assorbire l’acqua dal terreno, prolungando l’effetto rinfrescante delle piogge e favorendo un drenaggio naturale?

BIAGIO ROSSETTI DOCET. Ferrara è indicata da addetti ai lavori, architetti e storici come un modello urbano, grazie alla progettazione messa a punto oltre 500 anni fa da Biagio Rossetti. L’architetto rinascimentale ha progettato l’espansione della città, badando bene a riservare vere e proprie porzioni di campagna dentro le mura cittadine e poi parchi, giardini, orti, addirittura piccole porzioni di bosco come parte dell’urbanistica. Anche per questo Ferrara ha ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di ‘patrimonio dell’umanità’, come prima città moderna d’Europa: per il suo tracciato di strade basato sullo schema romano (il cardine che si incrocia ad angolo retto con il decumano) e poi per questa impostazione così lungimirante, dove le piante sono parte e completamento dell’urbanizzazione. Molto è stato distrutto, disboscato, edificato. Che bello che ci fosse una politica attenta a ricostruire quel verde, a valorizzare quanto è rimasto, a potenziarlo, incentivarlo in modo sistematico.

bosco-abbado
Area verde pubblica compresa fra il quartiere Barco e via Padova

Una volta, ad esempio, c’era il Barco che non era mica un quartiere così, di periferia, ma un Parco, perché “questo è il significato antico della parola Barco” – spiega Francesco Scafuri dell’ufficio Ricerche storiche del Comune – e questo ha avuto in mente Manfredi Patitucci, progettista di giardini, quando pian piano qualche anno fa ha avuto l’idea e la costanza di rimboscare una parte di quell’area. Insomma, questa strada di cura e ricostruzione verde potrebbe essere una celebrazione autentica di Biagio Rossetti, non in termini di rievocazione di figura vecchia e polverosa, ma come maestro illuminato a cui guardare, di cui far vivere la lezione più che mai attuale, dove il bello va a braccetto con ecologia, ambiente, amore per la natura e per l’umanità che ci sta in mezzo (e non solo per chi ha la fortuna di avere un bel giardino privato). Una città verde, bella e buona, più salubre e fresca. Una Ferrara da sogno, che sarebbe bello realizzare.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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