Skip to main content

Ma dove ci siamo infilati? C’è sgomento, rabbia, sfiducia, sospetto; una fila di interrogativi che cercano disperatamente una risposta plausibile che non c’è. Siamo arrivati al parossismo, che non è una bella posizione. Manca chiarezza, manca un faro, una bussola, un timone che convinca che quello che stiamo facendo è giusto, condivisibile, intelligente e onesto. Non è più sufficiente quel ‘politically correct’ che metteva tutte le coscienze a posto, dava quelle garanzie pseudo-morali che occorrevano, fino poco tempo fa, a sentirsi bene, brava gente, buoni esponenti di un’umanità più fortunata, cittadini retti e esseri umani solidalmente presenti. No, non basta più. La solidarietà vera nasce spontanea perché deve essere sentita nel profondo e può nascere solo se una collettività ci crede, si regolamenta, prevede conseguenze, anticipa bisogni, provvedimenti, necessità e risorse reali. E soprattutto se i responsabili di una collettività hanno la necessaria ed equilibrata visione del problema e dell’impatto su sensibilità, sentimenti e sentori diversi che ne complicano o ne rallentano la risoluzione. Non è facile né scontato dire di sì a un’accoglienza totale incondizionata di un’ondata di immigrazione di cui non si sa nulla, come non è semplice negare accoglienza e ospitalità a esseri umani che arrivano nel nostro Paese in condizioni di ‘ecce homo’. Si sta chiedendo una consapevolezza, una fiducia, una predisposizione che a volte stride con i problemi che stiamo vivendo al nostro interno e rischiano di farci implodere. Non è così che ci si appresta a ricevere gente che lascia i propri Paesi devastati dalla guerra, privi di prospettiva e pianificazione sensata, rovinati da dittature deposte da giochi internazionali e lasciati al caso, ombre di società allo sbando. E rimangono sospetti e oscurità su chi ha ‘diritto’ ad un’ospitalità dovuta e chi, invece, rappresenta un ‘pericolo’ clandestino. Legittimo, se si pensa che siamo in stato di allerta, ma non totalmente giustificabile moralmente. Si stanno creando dinamiche di convivenza che si prestano a qualunque interpretazione e i mass media sguazzano implacabili in questo mare mosso cavalcando onde e sfruttando venti per vendere ciò che più è spendibile. Demagogia e populismo mediatico da incantatori di serpenti fomentano un malumore ormai al limite e tengono in mano una grande rappresentanza dell’opinione pubblica diffidente, scettica, impaurita, arrabbiata, spesso rancorosa che manca ormai di una visione dei problemi che lasci spiragli a sana reattività e positività. Occorre informazione onesta per creare opinione onesta, serve un dibattito che sia realmente costruttivo e non il ring al quale siamo ormai abituati per quel quotidiano assistere allo screditamento ingiurioso reciproco per appartenenza a correnti di pensiero ed opinione differenti. Una mediazione difficile, utopica per molti, ma percorribile nei termini di rispetto dell’essere umano in condizioni di disperato bisogno. Un principio che superi le bieche strumentalizzazioni molto facili da assecondare e che garantisca allo stesso tempo il cittadino che chiede solo di essere tutelato e ascoltato. Responsabilità nazionali e transnazionali, coordinamento e corrette relazioni tra governi, proporzionalità nella condivisione dell’emergenza, riconoscimento e autentico sostegno a coloro, come l’Italia, che affrontano in prima linea questa guerra tra poveri senza soluzione di continuità, ecco le grandi sfide che ci attendono nell’immediato futuro e che chiedono urgentemente risposte concrete e non vaghe giustificazioni.

tag:

Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it