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(Pubblicato il 13 gennaio 2016)

E se fosse la volta buona? I grandi del mondo cominciano a parlare seriamente di ambiente. Lo scorso anno papa Francesco ci ha dato una bella lezione a difesa dell’ambiente. Cito dal suo recente appello: “Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti” e poi, per essere ancora più diretto ha scritto “la previsione dell’impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito”.

Il dibattito tra i grandi del mondo c’è stato con l’accordo sul clima dei delegati dei 195 Paesi più la Ue che a Parigi hanno partecipato alla XXI conferenza internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici. Una data importante il 13 dicembre 2015; Cop21, accordo sul clima. Riscaldamento, emissioni, finanziamenti: i punti principali dell’intesa.
L’articolo 2 dell’accordo fissa l’obiettivo di restare “ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali”, con l’impegno a “portare avanti sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 gradi”. L’articolo 3 prevede che i Paesi “puntino a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il più presto possibile”, e proseguano “rapide riduzioni dopo quel momento” per arrivare a “un equilibrio tra le emissioni da attività umane e le rimozioni di gas serra nella seconda metà di questo secolo”.
Gli esperti del Worldwatch ci avevano avvisato identificando nove “confini” naturali che oggi tendiamo ad oltrepassare e che sarà invece necessario rispettare se non vogliamo che il pianeta esaurisca le sue risorse: cambiamenti climatici, perdita della biodiversità, il ciclo dell’azoto e del fosforo, l’ozono stratosferico, acidificazione degli oceani, uso dell’acqua dolce e quello della terra coltivabile, il carico di aereosol emessi in atmosfera e l’inquinamento chimico.
A fine anno anche il nostro presidente Mattarella ne ha parlato. Nel suo discorso di fine anno ha infatti ha affrontato i temi dell’ambiente, dell’inquinamento, del clima e delle risorse naturali. Ci ha ricordato lo smog nelle aree metropolitane, i cambiamenti climatici, i temi dell’energia, dei rifiuti e dello spreco, dell’acqua, del trasporto pubblico locale. Si è trattato di una importante novità. Credo sia stato il primo Presidente ad affrontare così direttamente le tematiche ambientali. Non a caso il presidente si è soffermato sui temi già cari al pontefice: la difesa della natura, lo spreco di cibo, l’acqua. Ha però voluto anche intervenire sui temi di attualità; ha parlato di raccolta differenziata, di spreco dell’acqua, di cibo, di energia. Il presidente ha chiesto un “impegno sempre maggiore” delle istituzioni nazionali e locali, uno stimolo ad azioni concrete di governo.

Non rimane allora che attendere qualche vera normativa da parte del Governo. Per ora si vedono segnali contrastanti tra proroghe e orientamenti verso il libero mercato. I Beni Comuni sono preoccupati. E’ sempre papa Francesco a ricordarcelo nel suo appello affermando che “L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. La difesa della casa comune deve, quindi, andare al di là delle contrapposizioni ideologiche, deve prevalere sempre il bene comune.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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